Da infermiere a imprenditore agricolo in Cile, la storia di Francesco: “In Italia ero sfruttato e sottopagato”

"Mi sono licenziato nel 2010, lavoravo come infermiere, laureato magistrale con 110 e lode, ma ero sottopagato e trattato come un numero. Sono emigrato in Cile, dove sono riuscito a diventare un imprenditore agricolo".
A parlare a Fanpage.it è Francesco, 70 anni, un connazionale che diversi anni fa ha deciso di cambiare vita all'estero e ci ha scritto per raccontare la sua storia.
In un primo momento intenzionato a continuare il lavoro da infermiere in Cile, ha scelto un settore completamente diverso, anche grazie agli aiuti a fondo perduto del governo locale.
"La procedura è stata davvero semplice, è bastato presentare un foglio con il progetto e dopo tre mesi sono arrivati questi contributi", ci ha spiegato. "Abbiamo sfruttato tutto per costruire, impiantare e comprare i macchinari. Stiamo ancora crescendo, oggi siamo sui 130 ettari".

Con la sua azienda Francesco oggi dà lavoro a circa 10 dipendenti e produce nocciole per un'azienda italiana, leader nel mondiale nel settore dolciario, che a sua volta ha investito nel Paese. "In Italia prima di diventare infermiere lavoravo nella ristorazione, avevo già un'impronta imprenditoriale e anche la passione per l'agricoltura", ricorda il 70enne.
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Francesco ha lavorato 10 anni come infermiere, "ma tutto lo studio mi sembrava davvero buttato al vento, non era valorizzato in Italia e mi sembra che le cose stiano anche peggiorando", osserva.

E aggiunge: "Prendevo uno stipendio che in 10 anni non è mai cresciuto, con un'inflazione e un costo della vita che invece continuavano a salire. In 15 giorni mi rimaneva in mano poco o niente, una follia. Adesso guadagno 20 volte più di quello che prendevo da infermiere".
Francesco ci racconta che in Italia torna spesso ma che non sente la mancanza del nostro Paese: "Trascorro 3-4 mesi l'anno, evito di fare in Cile quelli invernali. Mi sposto tra Roma e Fuerteventura. Torno perché ho legami ma l'Italia è un Paese bello da turista, quando si vive e si fa attività all'estero".

Per il 70enne il Cile è invece un Paese dove chi ha voglia di creare un'attività può con il tempo raggiungere ottimi traguardi: "Conosco una ragazza che dalla Toscana è arrivata in Cile con il marito e con i figli. – ci racconta – Oggi, dopo 6 anni, ha 7 ristoranti, ha iniziato quasi per gioco e ora ha un'attività molto importante".
"In Italia invece con la burocrazia come avrebbe fatto? Io nel settore della ristorazione ci ho lavorato e ho smesso proprio a causa della burocrazia", aggiunge. "Ho preso la laurea da infermiere quando ho chiuso la mia attività, era un lavoro che mi è sempre piaciuto. Credevo che fosse un mondo sano, ma mi sbagliavo".
"Il lavoro mi piaceva davvero, tant'è che pensavo di farlo qui in Cile, dove gli infermieri sono anche ben pagati rispetto al costo della vita. In Italia invece vivevo con quattro soldi e sono stato trattato come un numero, non c'era meritocrazia – ricorda – Ho pensato proprio: ‘Questo Paese non mi merita‘".