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Coronavirus, l’allarme dei farmacisti: “Noi al banco senza protezioni: altissimo rischio contagio”

“Da noi mediamente 200 accessi al giorno di persone con sintomi influenzali e molto spaventate” è l’allerta lanciata da Giovanni Zorgno, membro del comitato centrale del Fofi (Federazione Ordini dei farmacisti italiani). “Non abbiamo neanche le protezioni adatte: addirittura ho dovuto richiedere alla mia regione (Liguria) che fossimo inseriti tra i sanitari a rischio, per avere delle mascherine, che non abbiamo”.
A cura di Peter Dangelo
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“I farmacisti rischiano di essere i nuovi untori del Coronavirus, la possibilità che un farmacista si infetti è altissima”, queste le parole di Giovanni Zorgno, membro del comitato centrale del Fofi (Federazione Ordini dei farmacisti italiani). “Noi non abbiamo nessun tipo di ordinanza protettiva, addirittura ho dovuto richiedere alla mia regione (Liguria) che fossimo inseriti tra i sanitari a rischio, per avere delle mascherine, che non abbiamo”.

La situazione è incandescente, si chiudono le scuole, si tappano alcune falle, si dettano protocolli di comportamento tra la popolazione, ma si sta tralasciando quella zona di confine “Attenzione, il rischio che un farmacista si infetti è concreto: non abbiamo una grandissima distanza dal cliente, perché c'è solo un banco e per quanto possiamo mantenere le distanze non è mai sufficiente”. Le farmacie sono sempre aperte, in una di medie dimensioni ci sono almeno 200 accessi al giorno. Eppure, mentre i medici di base, in questo momento, sono molto cautelati – giustamente – ed utilizzano il triage telefonico, i farmacisti sono gli unici sanitari senza un protocollo che imponga maschere filtranti. Dalla Lombardia alla Sicilia, sono esposti h24 a possibili contatti con cittadini potenzialmente infetti.

D'altronde la farmacia, già in situazione normale, è un presidio territoriale, un avamposto sanitario, un po' una via di mezzo tra il Pronto Soccorso e il medico di base. In questi giorni particolarmente delicati, il cittadino viene istruito in modo chiaro e sa per certo che al pronto soccorso non si può andare, e comunque, qualora si andasse sono allestite tende per il pre-triage in sicurezza. Sa che si deve chiamare il 1500 o il 118 in presenza di sintomi importanti. Mentre, per i farmacisti? Niente. Non ci sono ordinanze, norme o decreti che impongano l'uso di dispositivi per la protezione. Non ci sono dubbi, “In farmacia, in questi giorni, siamo travolti da persone spaventate, capita spesso che molte abbiano sintomatologie febbrili, con tosse, bronchiti in corso e non solo. Qui qui entrano tutti, senza appuntamento”.

La farmacista di Roma, che preferisce non essere citata, aggiunge che “I medici, per tutelarsi, ci stanno lasciando le ricette in farmacia, quindi i pazienti vengono direttamente da noi e non mettono piede negli studi medici”. C'è davvero il potenziale rischio che da luogo di salute si possa trasformare in luogo di contagio. Chi deve fornire questi presidi non è chiaro, i soggetti in ballo sono tre: Stato centrale, Regioni, Protezione Civile. Per ora, nulla si è mosso. La situazione è critica, “Non abbiamo mascherine per noi, non abbiamo indicazioni, e ovviamente abbiamo bisogno di mascherine efficaci, quelle filtranti, non le monouso che non fermano il virus”. Per concludere, Giovanni Zorgno impone alle istituzioni una riflessione “Attenzione, oltre che rischiare di non essere di aiuto, rischiamo di essere dannosi, pensate al caso della parafarmacia di Laigueglia, adesso tutti i dipendenti sono in quarantena, il rischio è che le farmacie chiudano”.

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