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Covid 19

Galli (Sacco): “In Lombardia già costretti a scegliere tra pazienti da curare”

“Spesso la scelta è tra l’80enne e il 70enne, o meglio, la scelta è tra chi ha una condizione tale da avere maggiori margini di recupero e chi non ce l’ha. È il discorso tipico di determinate situazioni belliche, sul ferito che può farcela, rispetto a quello che invece ha meno probabilità. Questa è una situazione che non avremmo mai voluto avere e che, in questo momento, si sta proponendo”: così il primario infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli.
A cura di Annalisa Girardi
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"Temo che, in alcune delle realtà lombarde, questo momento sia già arrivato. Temo che, in alcune situazioni, i miei colleghi siano costretti a fare delle scelte": sono le parole, pesantissime, del professor Massimo Galli, primario infettivologo dell'Ospedale Sacco di Milano oggi ospite al programma Unomattina in onda su Rai Uno. Commentando l'emergenza che ha costretto il nostro Paese a diventare un'unica zona rossa, Galli ha affermato: "Non credo ci sia sistema sanitario al mondo che potesse avere una preparazione reale per un problema di questa scala. In alcuni ospedali lombardi siamo nella condizione, purtroppo, di dover operare delle scelte. Questo è quello che traspare dalle situazioni di ogni giorno".

Galli ha sottolineato si tratta di una situazione che non avrebbe mai voluto vedere, ma che si rende necessaria in un contesto emergenziale  quando si è di fronte a un paziente che ha margini di recupero e uno che non ne ha: "Spesso la scelta è tra l'80enne e il 70enne, o meglio, la scelta è tra chi ha una condizione tale da avere maggiori margini di recupero e chi non ce l'ha. Ripeto: è una scelta che, almeno per quanto mi costa, da me e da noi non è ancora imposta. Ci sono state altre situazioni in cui l'emergenza poteva porre la necessità di dire ‘tu sì, tu no', nell'immediato. È il discorso tipico di determinate situazioni belliche, sul ferito che può farcela, rispetto a quello che invece ha meno probabilità. Questa è una situazione che non avremmo mai voluto avere e che, in questo momento, si sta proponendo", ha precisato il primario.

E ancora: "Io sono sì in un ospedale di prima linea, ma in una condizione di addestramento che avviene da parecchio tempo. Eravamo uno dei due centri di riferimento italiani per questo tipo di emergenze, per cui avevamo anche tutta una serie di programmi, di protocolli da applicare previsti per situazioni di questo genere, non certo con una scala di questo tipo. Questa è una scala che supera ogni previsione, che in precedenza è stata fatta. Forse, c'è un solo Paese al mondo che si è preparato a qualsiasi genere di catastrofe, che credo sia Israele".

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