Concorso Polizia, escluso perché si era “fatto una canna” da ragazzo, fa ricorso e viene riammesso

Un singolo episodio adolescenziale, ammesso spontaneamente e mai suffragato da riscontri clinici, è stato sufficiente per escludere un candidato palermitano dal concorso per 4.617 Allievi Agenti della Polizia di Stato. Una decisione che il Tar del Lazio ha ora sospeso, accogliendo il ricorso presentato con l’assistenza dello studio legale Leone – Fell & C.
Il giovane aveva indicato nel questionario anamnestico un isolato consumo di cannabis risalente all’adolescenza. Nessun altro elemento, tuttavia, era emerso durante gli accertamenti psicofisici: gli esami tossicologici, i colloqui sanitari e le valutazioni psicopatologiche avevano restituito un quadro pienamente compatibile con il servizio di polizia. Nonostante ciò, la Commissione aveva dichiarato l’inidoneità del candidato, fondando l’esclusione esclusivamente su quella dichiarazione.
Una scelta ritenuta sproporzionata dai giudici amministrativi, che hanno ravvisato l’assenza totale di riscontri oggettivi sull’uso di sostanze e un evidente difetto di istruttoria. Secondo il Tar, non è stata adeguatamente considerata né la negatività degli esiti clinici né il profilo psicopatologico favorevole emerso dagli accertamenti.
Nell’ordinanza, il Tribunale ha chiarito che l’esclusione non può essere disposta “solo sulla presunta dichiarazione resa […] senza che l’accadimento trovi riscontro in alcun altro atto con efficacia certificativa”. Accogliendo le argomentazioni difensive degli avvocati Francesco Leone, Simona Fell e Raimonda Riolo, il Collegio ha quindi sospeso l’efficacia del provvedimento impugnato, consentendo al candidato di proseguire nelle fasi successive della selezione.
“Continueremo a tutelare chi subisce esclusioni ingiuste nei concorsi delle Forze dell’Ordine. Questo caso – dichiarano i legali – dimostra quanto sia pericoloso affidarsi a valutazioni approssimative o prive di riscontri oggettivi. Un singolo episodio remoto, mai confermato clinicamente, non può determinare il futuro professionale di un candidato. Il nostro impegno resta quello di garantire che le procedure concorsuali siano fondate su accertamenti seri, trasparenti e rispettosi dei diritti di chi partecipa”.