Chiamare vipera la suocera non è reato

Insultare la suocera e darle della vipera non è reato. Lo ha stabilito una sentenza della Corte di Cassazione che ha assolto un uomo siciliano di 45 anni che, durante una lite in casa, aveva definito la madre della moglie una vipera, ribadendo tre volte il “concetto”. I giudici della Suprema Corte hanno così ribaltato le prime due sentenze che avevano condannato il genero siciliano per ingiuria. Il Tribunale di Nicosia in provincia di Enna aveva stabilito che le parole dell'uomo erano state offensive e per questo lo aveva condannato anche al risarcimento dei danni morali. Durante l'ultimo grado di giudizio, però, la difesa ha sottolineato che la parola vipera era stata pronunciata dopo "un'aspra discussione, in un contesto litigioso ed ostile" e "comunque non era indirizzata all'interessata, ma agli agenti intervenuti al fine di descrivere la scena". In effetti l'uomo aveva definito la suocera come "una vipera" solo agli agenti quando questi erano intervenuti a sedare il clima di litigiosità familiare. Il 45enne aveva spiegato che la donna era scesa nel suo appartamento "come una vipera, come una vipera, come una vipera!" dopo averlo sentito litigare con la moglie.
La Corte di Cassazione ha ritenuto valide queste obiezioni spigando che "Se è vero che il reato di ingiuria si perfeziona per il solo fatto che l’offesa al decoro o all’onore della persona avvenga alla sua presenza, è altrettanto vero che non integrano la condotta di ingiuria le espressioni che si risolvano in dichiarazioni di insofferenza rispetto all’azione del soggetto nei cui confronti sono dirette e sono prive di contenuto offensivo nei riguardi dell’altrui onore e decoro, persino se formulate con terminologia scomposta e ineducata".