Allarme Ocse: “In Italia un adulto su 4 riesce a leggere solo frasi brevi”

Con l'istruzione obbligatoria di massa ormai gli analfabeti, cioè coloro che non sono in grado neppure di leggere il proprio nome, in Italia non esistono quasi più, eppure esiste ancora una larga fetta di popolazione che è rimasta ancora alle conoscenze di base e riesce a leggere solo singole parole o frasi semplici. È l'allarme lanciato dall'Ocse nel suo ultimo studio realizzato nell'ambito del programma Piaac per la valutazione delle competenze degli adulti, pubblicato nei giorni scorsi. Secondo il report "Adults skills in Focus" di marzo, infatti nel nostro Paese circa un adulto su quattro si trova i queste condizioni. In sostanza nella fascia di età presa in considerazione, cioè quella tra i 16 e i 65 anni, il 28 per cento riesce solo a leggere frasi brevi e non comprende testi più ampi come un libro.
Un dato molto preoccupante soprattutto se confrontato con quello degli altri Paesi membri dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo e che partecipano alle rilevazioni. Secondo i dati, riferiti al 2013, infatti solo la Spagna è messa peggio di noi tra i 24 Paesi che aderiscono al programma Ocse-Piaac, mentre gli altri Paesi restano tutti al di sotto del 20%. Rimanere in questa condizione di semi analfabetismo per lungo tempo è molto pericoloso sia perché si rischia l'esclusione da qualsiasi attività sociale ma anche da qualsiasi possibilità di miglioramento economico e lavorativo. Ovviamente le fasce più colpite sono soprattutto i più anziani, reduci da un'educazione scolastica carente, ma anche gli immigrati di prima generazione, che spesso arrivano nel nostro Paese già adulti e non riescono a recuperare dal punto di vista dell'istruzione.
"Nonostante i miglioramenti dei livelli di istruzione dei più giovani registrati negli ultimi anni, l'Italia è in fondo alla classifica per quel che riguarda le competenze di lettura degli adulti, che comprendono il riconoscimento e la comprensione di una parola scritta, di una frase e di un periodo più complesso" ha spiegato Francesca Borgonovi, analista Ocse nel team Piaac, aggiungendo: "Ovviamente le performance dipendono dal titolo di studio posseduto ma anche dai bassi tassi di partecipazione all'università e alla formazione professionale, un fenomeno evidente non solo in Italia, ma anche a livello mondiale". In effetti "una volta completato l'obbligo di istruzione sia i singoli che le imprese investono poco in formazione continua e, dunque, con il passare del tempo si assiste a un vero e proprio degrado delle competenze" ha concluso la ricercatrice.