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Omicidio a Gemona

Alessandro Venier vittima dell’alleanza fra madre e compagna: nessuna delle due lo avrebbe ucciso senza l’altra

Nel brutale omicidio di Alessandro Venier non è possibile escludere l’ipotesi di un caso di folie à deux, una follia cioè condivisa da due soggetti, il tipico caso in cui la patologia dell’una alimenta la patologia dell’altra.
A cura di Margherita Carlini
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È un sistema indubbiamente patologico quello all’interno del quale sarebbe stato premeditato e posto in essere l’omicidio, con conseguente occultamento di cadavere, di Alessandro Venier.

Alessandro, 35 anni e una condanna che sarebbe diventata esecutiva a breve e che lo avrebbe portato a decidere di andarsene in Colombia con la compagna Mailyn Castro Monsalvo e la loro bambina di pochi mesi. Decidendo pertanto di allontanarsi dal suo Paese d’origine e da sua madre Lorena Venier, che oggi è l’unica a riferire le modalità e i tempi con i quali avrebbe brutalmente ucciso e depezzato il corpo di suo figlio con la complicità della compagna, che però si è avvalsa della facoltà di non rispondere sia di fronte al PM che alla Giudice.

Lorena Venier ricollegherebbe il movente di tale decisione a un contesto di maltrattamenti, vessazioni e minacce agite da Alessandro ai danni delle due donne. Un clima di terrore che avrebbe impedito a entrambe di tutelarsi legalmente, arrivando a pensare all’eliminazione fisica di Alessandro come unica soluzione possibile.

Lorena racconta che l’unica volta che avrebbe provato a denunciare suo figlio, lui l’avrebbe colpita con un forte pugno alla schiena e avrebbe minacciato sempre più frequentemente la sua compagna anche di morte. “Ti porto in Colombia e ti annego nel fiume, tanto laggiù non ti cerca nessuno” avrebbe affermato l'uomo.

Determinante nella ricostruzione di questa dinamica maltrattante, potrebbero essere i contenuti dei colloqui che Mailyn aveva con gli operatori del Centro di Salute Mentale da cui sarebbe stata seguita per una depressione post partum.

Oggi Lorena riferisce che Mailiyn le chiedeva di ucciderlo da mesi, da quando sarebbe nata la bambina.

Così le due donne avrebbero strutturato un piano per compiere l’omicidio e occultare i resti del corpo in montagna, dopo averlo tenuto in un bidone pieno di calce per farlo decomporre.

La calce acquistata on line, le richieste di aiuto di Mailyn pervenute mesi prima, ma anche l’insulina iniettata ad Alessandro, in possesso di Lorena già da cinque anni, da quando cioè la stessa, aveva maturato l’intenzione di uccidersi, prelevando alcune fiale sul luogo di lavoro per portarle a casa e usarle contro se stessa.

Un’ideazione autolesiva indicatrice di una profonda vulnerabilità e correlata all’elevato rischio di etero aggressività che nessuno aveva colto o a cui nessuno, nemmeno nell’ambiente lavorativo della donna (infermiera), nessuno aveva dato il giusto peso. Un pensiero di farsi del male che oggi appare come uno degli elementi caratterizzante quel contesto in cui Alessandro è stato ucciso. Un sistema familiare patologico su più livelli, quelli psicologico e relazionale in primis, che ha fatto da cornice e forse non solo, alla genesi di questo delitto.

Lorena Venier che da anni vuole farla finita, che non sarebbe stata supportata da nessuno ma anzi forse, vessata e maltrattata. L’incontro con Mailyn che per Lorena diventa la figlia femmina che non ha mai avuto, il desiderio di protezione, le richieste di aiuto.

L’omicidio di Alessandro Venier

Non è possibile escludere l’ipotesi di un caso di folie à deux, una follia cioè condivisa da due soggetti, il tipico caso in cui la patologia dell’una alimenta la patologia dell’altra.

Per quanto rara e di difficile diagnosi, questa psicosi condivisa viene riscontrata più frequentemente nelle donne e in soggetti che appartengono alla stessa famiglia o che comunque vivono a stretto contatto, stabilendo così un profondo legame relazionale. Un ruolo fondamentale è svolto dal contesto in cui il rapporto tra i due soggetti si instaura e si alimenta ed è inoltre possibile rilevare tratti tipici del disturbo dipendente di personalità.

All’interno della coppia è possibile individuare sempre un cosiddetto soggetto induttore, che condiziona l’altro nel pensiero e nelle azioni, imponendo al soggetto sottomesso (solitamente una persona più giovane e passiva) il proprio sistema delirante.

Una dinamica di condizionamento patologico che rende possibile che due soggetti insieme commettano ciò che nessuno dei due autonomamente avrebbe trovato il coraggio di fare.

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Sono Psicologa Clinica, Psicoterapeuta e Criminologa Forense. Esperta di Psicologia Giuridica, Investigativa e Criminale. Esperta in violenza di genere, valutazione del rischio di recidiva e di escalation dei comportamenti maltrattanti e persecutori e di strutturazione di piani di protezione. Formatrice a livello nazionale.
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