1.153 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Vasto, condannato e licenziato per aver rubato alle Poste viene reintegrato dal tribunale

La sentenza è stata emanata dal giudice del lavoro del tribunale di Chieti. “La società disponeva sin dal 2012 di tutti i dati sufficienti per procedere a una contestazione disciplinare. L’attesa della sentenza di condanna, quindi, non si giustifica e la contestazione formale è irrimediabilmente tardiva”, si legge nel testo che impone il reintegro.
A cura di Charlotte Matteini
1.153 CONDIVISIONI
Immagine

Pizzicato a rubare 15.000 euro dalla cassaforte dell'ufficio postale di Vasto in cui lavorava, a distanza di 5 anni dal fatto P.R., 58 anni, è stato reintegrato dal giudice e Poste Italiane è stata condannata a pagare un anno di stipendi arretrati e le spese legali. La sentenza emanata dal giudice del tribunale del lavoro di Chieti sta comprensibilmente scatenando un'accesa polemica, ma a quanto pare la decisione ha – purtroppo – un fondamento. In sostanza, il cinquantottenne nel corso dell'estate del 2012 riuscì a sottrarre 14.500 euro dalla cassaforte dell'ufficio postale e il furto venne scoperto grazie ad alcune intercettazioni ambientali e telefoniche risalenti a quel periodo. L'uomo, sentendosi il fiato sul collo, valutò se restituire il bottino e a quel punto gli inquirenti capirono che era stato effettivamente lui a sottrarre quei soldi. Finito a processo per appropriazione indebita, il cinquantottenne nell'agosto scorso è stato condannato in primo grado a un anno e nove mesi di carcere, pena sospesa, dal tribunale di Vasto ed è stato definitivamente licenziato da Poste Italiane.

E proprio qui sta l'inghippo che ha portato al reintegro dell'uomo e alla condanna dell'azienda. In sostanza, un paio di mesi dopo il furto, nell'ottobre 2012, la direzione trasferì il cinquantottenne a Chieti. Scattate poi le misure cautelari disposte dal giudice delle indagini preliminari, il dipendente venne sospeso dal lavoro, ma il 12 maggio del 2014 ottenne su istanza dei suoi avvocati – che da mesi inviavano decreti ingiuntivi per recuperare gli stipendi secondo loro dovuti – un primo reintegro formale. Solo con la sentenza di condanna penale in primo grado, il 22 agosto dello scorso anno, Poste fa scattare il licenziamento, subito impugnato dai legali dell'uomo. Paradossalmente, il giudice del lavoro ha accolto il ricorso contro il provvedimento di Poste sostenendo che l'uomo deve essere reintegrato e indennizzato perché licenziato troppo tardi. Secondo il giudice del Lavoro del tribunale di Chieti, Ilaria Pozzo, Poste Italiane anziché trasferirlo, sospenderlo e attendere la fine del processo di primo grado, avrebbe dovuto licenziarlo in tronco, subito.
 
"La società disponeva sin dal 2012 di tutti i dati sufficienti per procedere a una contestazione disciplinare. L'attesa della sentenza di condanna, quindi, non si giustifica e la contestazione formale è irrimediabilmente tardiva", si legge nella sentenza. Insomma, essendo intervenuto troppo tardi il licenziamento, nonostante la presenza di prove certe, lo stesso deve essere invalidato e il dipendente reintegrato, anche se condannato per appropriazione indebita.

"Il giudice ha applicato un principio di civiltà, perché il fatto deve essere contestato tempestivamente al lavoratore altrimenti si annulla il diritto alla difesa. Basta pensare alla difficoltà di cercare testimoni su fatti vecchi un quinquennio. Non è la sentenza a essere assurda, sono loro ad aver agito in modo sbagliato", ha dichiarato l'avvocato Di Risio a un quotidiano locale.

1.153 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views