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Pokemon GO: la caccia ai mostriciattoli arriva nei musei. Ma alcuni dicono di no

Il gioco rilasciato qualche settimana fa da Nintendo sta spopolando. Per le strade, nelle case, e nei locali; ora, anche nei musei. E c’è chi la sfrutta come pubblicità, e chi, invece, proprio non è d’accordo.
A cura di Federica D'Alfonso
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#PokemonGo @svegliamuseo (Twitter)
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"Gotta Catch’em All": acchiapparli tutti, ad ogni costo, ovunque si trovino. La febbre di Pokemon GO ha contagiato in pochissimo tempo i fan di tutto il mondo, divenendo un fenomeno senza precedenti. La "realtà aumentata" del gioco, che qualcuno inizia già a definire "realtà peggiorata", ha scatenato episodi di vero e proprio disordine pubblico in giro per il mondo: dagli Stati Uniti all’Italia stessa, sono non pochi i casi di persone che, completamente catapultate nel mondo virtuale, badano poco a quello che accade attorno a loro, causando gravi incidenti. Ci sono addirittura banche, come la russa Sberbank, che ha iniziato a proporre assicurazioni gratuite agli utenti del gioco più famoso del momento. Ma la caccia continua, e gli ultimi protagonisti della febbre da Pokemon sono i musei: fra episodi spiacevoli, e trovate pubblicitarie, i luoghi di cultura sono gli ultimi a sollevare una serie d’interrogativi circa i limiti, stavolta reali, che questo fenomeno dovrebbe avere.

Vietato l’ingresso…ai Pokemon

Il gioco, realizzato dalla Nintendo in collaborazione con Google street view, permette di fare quello che chiunque sia stato adolescente alla fine degli anni ’90 sognava di fare: catturare i Pokemon. Grazie semplicemente all'ausilio del GPS, è possibile scovare i piccoli mostriciattoli negli angoli più impensati delle città: non solo nelle strade, ma anche nei locali e nei luoghi pubblici. E ovviamente, anche nei musei.

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Le opinioni a riguardo si dividono: secondo alcuni la Poke-mania potrebbe, se utilizzata correttamente, divenire uno strumento capace di attirare un pubblico completamente diverso e nuovo, coinvolgendolo praticamente a costo zero. Ma molti altri pensano che tali fenomeni vadano vietati, ed esclusi dal perimetro delle istituzioni culturali. Troppa rigidità forse, in questa posizione, ma gli avvenimenti degli ultimi giorni rendono comprensibili, e giustificate, alcune preoccupazioni.

Dure polemiche sono giunte dal museo dell’Olocausto di Washington. Il direttore, Andrew Hollinger, ha lanciato un appello per chiedere la rimozione del museo dal gioco, in seguito ad uno spiacevole episodio: il 12 luglio Koffing, un pokemon che ha il potere di emettere gas velenosi, è stato segnalato nell’Auditorium del Museo, dove vengono ricordati gli ebrei salvati dalle camere a gas. Una triste e poco appropriata coincidenza virtuale, che ha però dato il la per una serie di dubbi sui limiti che il gioco dovrebbe avere. Al Museo di Washington si sono aggiunti il Cimitero Militare di Arlington, e nel museo del Gulag di Mosca. In quest’ultimo caso Nikolay Nikiforov, ministro delle Comunicazioni, ha portato una motivazione un po’ estrema per richiedere il divieto assoluto del gioco nel suo Paese: che sia stato creato con la partecipazione dei servizi segreti americani.

“Gotta Visit’em All!”

(@museodel900 su Twitter)
(@museodel900 su Twitter)

Molti musei come il Moma di New York o il Crystal Bridges Museum of American Art hanno invece già iniziato a sfruttare a loro favore i migliaia di "visitatori" entrati per catturare i mostriciattoli ("Gotta Visit’em All" è il nuovo slogan che invade in queste ore gli account Twitter dei musei americani); e anche in Italia si inizia ad intuire il potenziale immenso di questa nuova mania dilagante fra i più giovani. Il Museo del 900 di Milano, ma anche il Teatro Massimo di Palermo, hanno diffuso le immagini delle suggestive sale invase da Snorlax e Rattatà. Il Ministero dei Beni culturali ha addirittura postato su Twitter l’arrivo dei Pikachu e compagni al museo degli Uffizi di Firenze. Il fenomeno fa sorridere il direttore Eike Schmidt, che con ironia ha commentato: "Stavolta volta siamo infestati dai Pokemon e non dalle zecche. Un’infestazione puramente virtuale. Meno male…".

(@Mibact su Twitter)
(@Mibact su Twitter)

Ma il rischio ora è quello di vedere i musei invasi anche da un’altra specie, ben più curiosa: quella del "cacciatore di Pokemon". Quanto questa trovata pubblicitaria gioverà all'effettiva valorizzazione della cultura? O piuttosto, non c’è il rischio, per fortuna ancora lontano, che la caccia folle ai Pokemon finisca per creare soltanto caos e, chissà, nei casi più estremi, porti al danneggiamento delle opere d’arte? Alle possibilità reali del mondo virtuale, ormai, non c’è fine.

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