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“Non una di meno”: domani a Roma in piazza contro la violenza sulle donne

Il corteo – che da piazza Esedra sfilerà fino a piazza San Giovanni – è promosso da Non una di meno, una folta rete di comitati e associazioni. “Non siamo disposte a perdere nessun’altra donna per la violenza di un uomo o per l’obiezione di coscienza o per qualsiasi altra forma di violenza”, spiegano le organizzatrici.
A cura di Claudia Torrisi
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Domani a Roma le donne scenderanno in piazza a Roma per una manifestazione nazionale per dire basta alla violenza di genere. Il corteo – che da piazza Esedra sfilerà fino a piazza San Giovanni – è promosso da Non una di meno, una folta rete di comitati e associazioni (IoDecido, D.i.Re – Donne in rete contro la violenza, Udi – Unione donne in Italia) sulla scia del "Ni una menos" partito dalle donne argentine e diffuso in varie parti del mondo. Il punto fondamentale è uno: riconoscere la violenza maschile sulle donne non come un fatto privato né come emergenza, ma come fenomeno strutturale della società.

La libertà delle donne è sempre più sotto attacco, qualsiasi scelta è continuamente giudicata e ostacolata. All’aumento delle morti non corrisponde una presa di coscienza delle istituzioni e della società che anzi continua a colpevolizzarci. I media continuano a veicolare un immaginario femminile stereotipato: vittimismo e spettacolo, neanche una narrazione coerente con le vite reali delle donne. La politica ci strumentalizza senza che ci sia una concreta volontà di contrastare il problema: si riduce tutto a dibattiti spettacolari e trovate pubblicitarie. Non c’è nessun piano programmatico adeguato. La formazione nelle scuole e nelle università sulle tematiche di genere è ignorata o fortemente ostacolata, solo qualche brandello accidentale di formazione è previsto per il personale socio-sanitario, le forze dell’ordine e la magistratura. Dai commissariati alle aule dei tribunali subiamo l’umiliazione di essere continuamente messe in discussione e di non essere credute, burocrazia e tempi d’attesa ci fanno pentire di aver denunciato, spesso ci uccidono.

Nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne – che si celebra oggi – l'Italia fa ancora i conti con un bilancio drammatico: oltre cento donne ogni anno vengono uccise da uomini, per la maggior parte tra le mura di casa; quasi sette milioni (dice l'Istat) coloro che vengono aggredite, picchiate, aggredite, perseguitate; 3 milioni e 466 mila coloro che hanno subito nel corso della propria vita stalking e comportamenti persecutori. Quasi otto vittime su dieci, però, non si sono rivolte a nessuna istituzione per cercare aiuto.

"Non siamo disposte a perdere nessun'altra donna per la violenza di un uomo o per l'obiezione di coscienza o per qualsiasi altra forma di violenza", ha spiegato Tatiana Montella della Rete "Io decido", una delle promotrici della manifestazione. "In Italia – ha aggiunto – inizia a prendere forma un movimento femminista, che parte dal basso e che vuole far emergere la voce delle donne. Questo accadrà sabato e senza bandiere di partito, istituzioni o sindacati".

La manifestazione di domani non è un punto di arrivo, ma l'inizio di un percorso: lo scopo è la scrittura di un "Piano antiviolenza nazionale femminista", la cui lavorazione inizierà già con le assemblee previste il 27 novembre. Un piano che dovrebbe portare alla revisione di quello adottato dal governo nel 2015. Come si legge nell'appello di lancio della manifestazione:

Di fronte a questo scenario tutte siamo consapevoli che gli strumenti a disposizione del piano straordinario contro la violenza del governo, da subito criticato dalle femministe e dalle attiviste dei centri antiviolenza, si sono rivelati alla prova dei fatti troppo spesso disattesi e inefficaci se non proprio nocivi. In più parti del paese e da diversi gruppi di donne emerge da tempo la necessità di dar vita ad un cambiamento sostanziale di cui essere protagoniste e che si misuri sui diversi aspetti della violenza di genere per prevenirla e trovare vie d’uscita concrete.
È giunto il momento di essere unite ed ambiziose e di mettere insieme tutte le nostre intelligenze e competenze.

Secondo Titti Carrano di Dire-Donne in rete contro la violenza, "c'è un pericolo che incombe su di noi: l'istituzionalizzazione e la standardizzazione degli interventi: nel piano antiviolenza proposto dalle istituzioni i centri antiviolenza creati dalle donne sono equiparati al servizio pubblico, ciò significa neutralizzare la violenza. Vogliamo avviare un grande percorso per costruire dal basso un piano che non sia straordinario è che risponda effettivamente ai bisogni".

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