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Non paghi l’Iva a causa della crisi? Per la Cassazione può non essere reato

A stabilirlo una sentenza della Cassazione, che ha preso in esame il caso di un amministratore di una società che non aveva versato l’Iva: “”Le indicazioni concrete sul momento di crisi economica in cui versa il contribuente e la conseguente dimostrazione che il mancato pagamento sia dipeso realmente dall’impossibilità incolpevole di effettuarlo possono escludere il reato di omesso versamento Iva”.
A cura di D. F.
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"Le indicazioni concrete sul momento di crisi economica in cui versa il contribuente e la conseguente dimostrazione che il mancato pagamento sia dipeso realmente dall'impossibilità incolpevole di effettuarlo possono escludere il reato di omesso versamento Iva". E' quanto, secondo il Sole 24 Ore, emerge dalla sentenza 2614/2014 della Cassazione, depositata ieri. Secondo i giudici della corte suprema, infatti, le condizioni di crisi economica possono scongiurare il reato penale. La Cassazione si è pronunciata su una vicenda piuttosto comune negli ultimi tempi: la storia dell'amministratore di una società, denunciato per non aver versato l'Iva entro la data di scadenza per un importo superiore a 50mila euro. L'uomo, messo alle strette, si è giustificato spiegando che la crisi economica l'aveva costretto ad evadere.

In tribunale, tuttavia, è stato condannato sia in primo grado che in appello. Come riporta Il Sole 24 Ore: "I giudici di merito, a fronte dell’eccezione mossa dall’imputato sull’impossibilità di far fronte ai versamenti e quindi di assenza dell’elemento soggettivo, rilevavano che la difficoltà di pagare non aveva alcun pregio: il soggetto passivo dell’imposta ha solo l’obbligo di versare l’Iva che, di conseguenza, era stata utilizzata per fini diversi. Nel ricorso per Cassazione la difesa riproponeva la mancanza dell’elemento soggettivo del reato e, più in particolare, l’assenza del fine di evadere le imposte, trattandosi di società che svolgeva attività ben definite ma purtroppo in un momento di crisi economica. La Corte, pur respingendo il ricorso, ha effettuato un’attenta disamina della pronuncia delle Sezioni unite penali sul punto (sent. 37424/2013), giungendo a conclusioni che appaiono interessanti. In quest’ultima sentenza, partendo dal presupposto che l’Iva viene riscossa una volta emessa la fattura (il che in realtà non è sempre vero) e sussiste quindi un obbligo di “accantonamento” da parte del contribuente per eseguire il successivo versamento, aveva ritenuto integrato il reato anche in presenza di crisi di liquidità. Di conseguenza, sia parte della dottrina sia della giurisprudenza ha escluso qualsivoglia causa di esclusione del reato anche in presenza di crisi di liquidità dell’imprenditore".

Il quotidiano finanziario spiega tuttavia che, malgrado la rigorosa interpretazione, le Sezioni Unite "sembravano offrire una minima apertura al contribuente che dimostri, oltre alla citata crisi di liquidità anche che l’omesso versamento non fosse dipeso da scelta dell’imprenditore (circostanza per nulla semplice)". La Cassazione sembra appoggiare questa interpretazione. I giudici hanno ritenuto che la spiegazione riguardante la crisi economica fosse stata generica, priva di indicazioni specifiche, ma che se questi elementi fossero stati provati con esattezza il contribuente non avrebbe risposto dell’illecito penale contestato.

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