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Napoli, si suicida in strada il fratello di Bruno Contrada

Alle 13 di domenica 6 aprile Romano Contrada, fratello dell’ex capo del Sisde, si spara un colpo di pistola in bocca. Infermo da tempo per un’invalidità totale, aveva un biglietto in tasca su cui era scritto: “Sono stanco di vivere, non resisto più”.
A cura di A. P.
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Si consuma a Napoli un suicidio che, a guardare l'identità della vittima, non pare semplicemente un fatto tragico di cronaca. Alle 13 di domenica 6 aprile infatti, su via della Liberazione a Bagnoli, a ridosso dell'ingresso di quello che era il quartier generale della Nato, Romano Contrada, di anni 78, si è tolto la vita con un colpo di pistola in bocca. Non si tratta solo di un caso di rara omonimia: Contrada è proprio il fratello di quel Bruno ex capo del Sisde, coinvolto nei fatti di Via D'Amelio dove, a luglio del 1992, venne ucciso Paolo Borsellino. Contrada aveva sempre sostenuto di essere persona molto vicina alla vittima, per poi essere smentito dalla famiglia Borsellino stessa ed è stato al centro delle indagini della procura di Palermo anche per l'attentato a Giovanni Falcone.

L'uomo era un ex dipendente della Sip, aveva un'invalidità totale a causa di una grave malattia da diversi anni e l'atto del suicidio si è consumato in una manciata di secondi, in presenza di tantissimi testimoni tra automobilisti e semplici passanti, che con un atto fulmineo hanno visto l'uomo tirare fuori una pistola, infilarsela in bocca e fare fuoco. In tasca aveva un biglietto, sul quale c'era scritto: "Sono stanco di vivere, non resisto più". Negli anni scorsi Romano aveva più volte indirizzato a Giorgio Napolitano una richiesta di grazia per suo fratello Bruno, recluso la prima volta il 24 dicembre 1992 e rimasto in carcere fino al 31 luglio 1995, dal 10 maggio 2007 al 24 luglio 2008 detenuto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere. Dal 24 luglio 2008 fu poi posto agli arresti domiciliari, prima di tornare in libertà.

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