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Istanbul: i manifestanti di nuovo in piazza Taksim, scontri con la Polizia

Dopo lo sgombero di stamattina migliaia di attivisti si sono riorganizzati e stanno confluendo in piazza Taksim. La Poliza cerca di respingerli e tra i due opposti schieramenti è un continuo avanzare e indietreggiare.
A cura di Davide Falcioni
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AGGIORNAMENTO: La polizia cerca di sgombrare di nuovo la piazza simbolo delle proteste in Turchia con cariche, lanci di lacrimogeni e cannoni ad acqua. Diversi scontri tra manifestanti e forze dell'ordine in assetto antisommossa si segnalano lungo tutta piazza Taksim. I dimostranti hanno intenzione di resistere alle cariche della polizia e vi è un continuo avanzare e indietreggiare da parte dei due schieramenti contrapposti.

Come un'onda che bagna la riva e si ritira verso il mare, ma poi torna all'infinito. Dopo essere stati sgomberati con la forza solo poche ore fa, migliaia di manifestanti stanno tornando a Piazza Taksim, luogo simbolo delle rivolte che da giorni caratterizzano la Turchia. Appena stamattina Erdogan aveva avvisato che la repressione non si sarebbe arrestata e che sarebbero stati tagliati gli alberi di Gezi Park, per essere ripiantati in un altro luogo di Istanbul. Per questo i reparti antisommossa della Polizia avevano "liberato" la piazza dai manifestanti facendo largo uso di cannoni d'acqua e gas lacrimogeni. Ma è stata una "vittoria di Pirro" perché gli attivisti, più determinati che mai, si sono riorganizzati e stanno riprendendosi la piazza. Quella che li aspetta, con ogni probabilità, sarà una notte di scontri e violenza.

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Intanto Carrol Bogert, direttore della Ong Human Right Watch, ha dichiarato in un tweet: "Dalla tenda del primo soccorso dicono che c'è un morto, colpito alla testa dai lacrimogeni". I dati ufficiali, tuttavia, parlano di centinaia di feriti, alcuni dei quali in condizioni molto gravi. E – come se non bastasse la repressione nei confronti dei manifestanti – la polizia ha arrestato anche 73 avvocati che avevano difeso i manifestanti di Gezi Park. Una foto (in alto) è diventata il simbolo di una repressione che non si ferma ai manifestanti, ma colpisce persino chi li difende.

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