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Crisi, gli italiani si curano sempre meno

Secondo l’Istat, infatti, nel 2012 l’11% della popolazione ha ammesso di aver rinunciato ad almeno una prestazione sanitaria pubblica di cui avrebbe avuto bisogno. Oltre il 50% rinuncia per ragioni economiche e circa una persona su tre per motivi di offerta.
A cura di D. F.
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La crisi economica colpisce anche la salute degli italiani. Secondo l'Istat, infatti, nel 2012 l'11% della popolazione ha ammesso di aver rinunciato ad almeno una prestazione sanitaria pubblica di cui avrebbe avuto bisogno. Oltre il 50% rinuncia per ragioni economiche e circa una persona su tre per motivi di offerta. È quanto emerge dalle stime provvisorie dell’indagine “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari” condotta dall’Istat con il sostegno del ministero della Salute e delle Regioni. Andando più nello specifico il 9% della popolazione ha dichiarato di aver rinunciato ad almeno una prestazione tra accertamenti specialistici, visite mediche specialistiche (escluse odontoiatriche) o interventi chirurgici, pur ritenendo di averne bisogno. Se a questi si aggiungono coloro che hanno dichiarato di aver rinunciato ad acquistare farmaci, la quota raggiunge l’11,1% della popolazione.

Rispetto a tali rinunce, il 6,2% ha indicato motivi economici, il 4% problemi di offerta (liste di attesa troppo lunghe o orari scomodi per l’appuntamento o difficoltà a raggiungere la struttura) e l’1,1% altri motivi, quali impegni di lavoro o familiari o altro.  Non è un caso che la quota più alta tra chi ha rinunciato a cure mediche sia costituita da disoccupati (21,4% del totale). Ed è ancora una volta il meridione a pagare le conseguenze più gravi. Considerando il motivo della rinuncia rispetto al territorio, è rilevante la quota di chi rinuncia per motivi economici nel Sud (9,2%) e nelle Isole (9,5%), mentre in media è pari al 6,2%. Al Centro invece è più elevata della media nazionale la rinuncia per problemi legati all’offerta (liste di attesa e scomodità degli orari o a raggiungere la struttura) (5,3% contro 4%).

L'Istat inoltre spiega: "Persiste un chiaro gradiente sociale nella distribuzione della salute: rispetto al titolo di studio, nel 2012 si conferma l’associazione tra livelli più bassi di scolarità e peggiori condizioni di salute. Complessivamente, tra le persone di 25 anni e più, si rilevano prevalenze intorno al 10% sia per la cronicità grave che per la multicronicità tra quanti hanno conseguito almeno un diploma di scuola superiore, a fronte di circa il 40% tra quanti invece hanno al massimo la licenza di scuola elementare. Anche tenendo sotto controllo l’effetto dell’età, il rischio di presenza di cronicità è quasi il doppio tra quanti hanno un basso titolo di studio. Anche in relazione al giudizio sulle risorse economiche familiari, sia l’indicatore di salute percepita che gli indicatori di presenza di cronicità si differenziano in maniera significativa. Dichiarano di stare male o molto male l’11,1% delle persone con risorse economiche familiari scarse o insufficienti contro il 5,3% di coloro che giudicano le proprie risorse ottime o adeguate. Più contenuta, ma comunque significativa, è la differenza per chi dichiara almeno una malattia cronica grave (le percentuali sono rispettivamente pari a 16,7% e 13,7%) e per chi è multicronico (16,0% e 12,3%)".

Di seguito potete leggere il report completo.

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