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Opinioni

Continua il crollo senza fine delle banche greche

Nonostante si sia interrotta la corsa al ritiro dei depositi in Grecia, anche oggi la borsa di Atene è calata, pressata da nuovi tracolli delle quotazioni delle sue banche. Si va verso un “bail-in” e il varo di una “bad bank” o la nazionalizzazione degli istituti?
A cura di Luca Spoldi
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Non c’è due senza tre e infatti anche oggi la borsa di Atene ha perso terreno, cedendo un ulteriore 2,53%, sempre pressata dal crollo apparentemente senza fine delle quotazioni dei suoi titoli bancari. Le quattro maggiori banche hanno infatti segnato ulteriori crolli del 24,29% (National Bank of Greece, che ormai vale solo 46 centesimi di euro per azione, contro gli 1,2 euro del 26 giugno scorso, con una capitalizzazione crollata a 1,61 miliardi di euro), del 29,56% (Alpha Bank, stasera a 11 centesimi per azione con una capitalizzazione di soli 1,43 miliardi), del 29,59% (Piraeus Bank caduta a 14 centesimi per azione, con una capitalizzazione di 843 milioni di euro) e del 26,76% (Eurobank Ergasias, che ormai è prezzata soli 5 centesimi a titolo, con una capitalizzazione ridottasi a meno di 765 milioni).

Tutto questo, si noti, nonostante che dal 20 luglio (data di riapertura delle banche greche) a inizio agosto si sia registrato, secondo quanto ha riferito l’agenzia Bloomberg citando fonti interne alla banca centrale di Atene, un riafflusso di fondi per poco più di un miliardo di euro grazie al raggiunto accordo tra Atene e i creditori internazionali che ha scongiurato, almeno per ora, ogni ipotesi di uscita della Grecia dall’euro (e immediata svalutazione tra il 40% e il 60% dell’eventuale “nuova dracma” contro la valuta unica europea). Proprio per scongiurare definitivamente l’ipotesi “post-atomica” di un abbandono forzato dell’euro il premier greco Alexis Tsipras dopo aver a lungo “bluffato” cercando di strappare condizioni migliori ai suoi creditori sembra ora aver deciso che l’unica soluzione sia varare quanto più rapidamente possibile ogni riforma e misura richiesta dalla “troika” Ue-Bce-Fmi per essere certo di ottenere gli 82-86 miliardi di euro previsti dal terzo “bailout” prospettato per il paese, senza dover ricorrere all’ennesimo prestito-ponte.

La scadenza, come già il mese scorso, è perentoria e ravvicinata, il 20 agosto prossimo, quando ci sarà da rimborsare altri 3,2 miliardi di bond sottoscritti dalla Bce. Tsipras vorrebbe sottoporre al parlamento di Atene il testo dell’accordo coi creditori già il 14 agosto, così da consentire un voto di fiducia sullo stesso entro il 19 agosto. Rispetto al mese scorso la “commedia Greca” sembra aver cambiato decisamente copione, tanto che un cauto ottimismo circola sia nelle cancellerie europee sia sui mercati (le borse europee oggi sono tornate a salire, con Milano che ha sfiorato il 2% di rialzo a fine giornata), ma Atene continua a soffrire perché può darsi che “il peggio è alle spalle”, come ha sottolineato il ministro delle Finanze italiano, Pier Carlo Padoan, e che Atene sarà in grado di “tornare sulla strada” della crescita, ma questa crescita, ove mai si materializzi, non si vedrà prima del 2017.

Il che per un paese che sono sei anni che vede il Pil calare e che quest’anno sembrava poter tornare a segnare una prima variazione positiva è un prezzo da pagare eccezionalmente alto, ma potrebbe non essere l’unico. A ottobre la Bce lancerà un nuovo stress test e per gli istituti greci potrebbero emergere ulteriori sorprese negative. Per ora le stime parlano di una necessità di capitali attorno ai 19 miliardi di euro solo per i quattro maggiori istituti (che da tempo provano vanamente a dismettere asset nel tentativo di racimolare soldi), tanto che le bozze del nuovo piano di aiuti internazionali indicavano in circa 25 miliardi i capitali da destinare alla ricapitalizzazione del sistema bancario ellenico. Ma potrebbero essere stime per difetto.

Secondo quando ha dichiarato Alberto Gallo, capo della ricerca macro economica di Royal Bank of Scotland, in una intervista a Bloomberg Television i crediti “non performing”, che già apparivano essere pari a circa un terzo dei crediti complessivi a giugno, dopo l’imposizione dei controlli di capitale e la forzata chiusura delle banche sarebbero schizzati tra il 40% e il 50%, dato che lo stop dell’economia ha portato sull’orlo del fallimento, o ha fatto chiudere definitivamente i battenti, a una miriade di piccole e medie imprese greche. Così dopo un eventuale “bail-in” che coinvolta i detentori di bond subordinati e gli azionisti, potrebbe esservi ancora la necessità di procedere ad almeno 20 miliardi di euro di ricapitalizzazioni.

Anche in questo caso i 25 miliardi di cui si parla come aiuti “mirati per le banche di Atene potrebbero bastare, ma più si attende più la situazione rischia di deteriorarsi. E visto che si dovrà attendere non solo il via libera da parte dei parlamenti europei al terzo bailout el’eventuale accordo su un parallelo “bail-in” (che Gallo dà per inevitabile), ma anche il risultato dello stress test della Bce, sarà difficile che si possano varare aumenti di capitale prima di novembre-dicembre. A quel punto potrebbe essere necessario far intervenire una “bad bank” o procedere al consolidamento (ed eventualmente ad una temporanea nazionalizzazione, come fatto anche in Inghilterra nel pieno della crisi 2008-2009) dei maggiori istituti, nell’attesa che la fiducia si ricostruisca e gli investimenti tornino ad affluire in Grecia.

Tutto questo, ricordiamolo, è successo solo perché dopo 5 mesi di trattative tra Atene e i suoi creditori internazionali non si è trovato subito un accordo ed è stato necessario andare ai “tempi supplementari”. Cosa sarebbe successo nel caso di un’uscita dall’euro è facile intuirlo, cosa capiterebbe a paesi la cui economia ha sull’Eurozona un peso maggiore, come la Spagna o l’Italia (dove pure alcune forze politiche continuano a soffiare sul fuoco dei sentimenti anti-euro), è qualcosa che può solo essere temuto, nella speranza di non doverlo vivere mai.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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