Se tuo figlio digrigna i denti di notte potrebbe soffrire d’ansia: cosa rivela il nuovo studio sul bruxismo

Capita che alcuni bambini, durante il sonno, compiano movimenti inconsapevoli che passano inosservati per anni. Tra questi c’è anche il bruxismo, un fenomeno spesso sottovalutato che può però raccontare molto dello stato emotivo dei più giovani. Nella maggior parte dei casi viene liquidato come una fase passeggera, una semplice abitudine legata alla crescita. Eppure, dietro questo gesto involontario, potrebbe nascondersi molto di più. Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature Scientific Reports suggerisce che il bruxismo notturno nei bambini e negli adolescenti non sia solo un disturbo odontoiatrico, ma un possibile indicatore di fragilità emotive come ansia e tristezza. Una connessione che, secondo i ricercatori, merita di essere osservata con maggiore attenzione, perché potrebbe offrire uno strumento prezioso per intercettare tempestivamente il disagio psicologico nei più giovani.
Lo studio
Il bruxismo del sonno consiste nell'atto involontario di stringere o digrignare i denti durante la notte. È più comune di quanto si pensi, soprattutto durante l'età evolutiva, anche se spesso passa inosservato. In molti casi è il dentista a rilevarne i primi segni, come l'usura dello smalto o tensioni mandibolari riferite dai genitori. Gli studiosi descrivono il bruxismo come una sorta di "scarico muscolare notturno", una manifestazione che può emergere nei bambini che vivono periodi di stress emotivo
La ricerca ha dunque coinvolto 98 bambini e adolescenti. I genitori hanno compilato un questionario specifico per il bruxismo, mentre i piccoli pazienti sono stati sottoposti a una visita orale per verificare la presenza del disturbo secondo i criteri dell'American Academy of Sleep Medicine. Parallelamente, gli studiosi hanno valutato i livelli di ansia e tristezza attraverso due strumenti ampiamente utilizzati in ambito clinico: il Beck Anxiety Inventory e il Children's Depression Inventory, due questionari standardizzati per misurare la gravità dei sintomi d'ansia e depressione. Il confronto tra questi dati ha permesso di esplorare eventuali correlazioni tra la sfera emotiva e il bruxismo.
Cosa è emerso: adolescenti più vulnerabili
La fascia d'età compresa tra i 13 e i 17 anni è risultata la più esposta. Pur non essendoci differenze significative tra gruppi di età quando si osserva l'intero campione, è proprio tra gli adolescenti che l'associazione tra bruxismo e fragilità emotiva diventa più evidente. Secondo l'analisi statistica, l'aumento di un solo punto nei livelli di ansia può aumentare di oltre due volte il rischio di bruxismo in un adolescente. In particolare, le ragazze sembrano più vulnerabili: i valori medi di ansia nelle adolescenti con bruxismo risultano quasi doppi rispetto a quelli dei coetanei maschi.
L'adolescenza è infatti un periodo di grandi cambiamenti. Modifiche ormonali, le pressioni scolastiche e la costruzione dell'identità possono pertanto intensificare le manifestazioni ansia, e il corpo talvolta la manifesta attraverso meccanismi inconsapevoli come appunto il digrignamento.
Il ruolo del sistema nervoso e della qualità del sonno
Il bruxismo non è però solo un problema che riguarda i denti dei giovani pazianti. Lo studio richiama l'attenzione anche sul coinvolgimento del sistema nervoso simpatico, associato alle risposte di allerta e stress. Un'attivazione eccessiva di questo "interruttore d'emergenza" potrebbe interferire con l'architettura del sonno e favorire episodi di contrazione muscolare involontaria durante la notte. Per comprenderlo meglio, la ricerca suggerisce di immaginare il sonno come una serie di fasi ordinate. Se l'organismo rimane in uno stato di ipervigilanza, questo equilibrio può spezzarsi e dare origine a micromovimenti, tensioni o digrignamenti che il bambino non controlla né ricorda.
Cosa significa questa scoperta per pediatri e famiglie
Nonostante lo studio non dimostri un rapporto di causa-effetto tra bruxismo, ansia e depressione, mette in luce un legame significativo che merita attenzione. L'assenza di correlazioni con fattori demografici, come il reddito familiare o il livello di istruzione dei genitori, suggerisce che il fenomeno sia trasversale e indipendente dal contesto socioeconomico. Per questo i ricercatori propongono un approccio integrato: quando un dentista nota segni di bruxismo nei ragazzi – soprattutto negli adolescenti – potrebbe essere utile una valutazione psicologica, allo scopo di identificare tempestivamente situazioni di disagio emotivo. "Non si tratta di allarmare le famiglie", chiariscono gli autori, "ma di cogliere un possibile indizio che permetta un intervento precoce".