Prima class action dei genitori italiani contro Meta e TikTok: cosa chiedono alle piattaforme social

Un'azione legale senza precedenti è stata avviata in Italia per chiedere maggiore tutela dei minori online. Il Movimento Italiano Genitori (Moige), insieme a un gruppo di famiglie e allo studio legale Ambrosio & Commodo di Torino, ha promosso la prima class action inibitoria contro Meta (proprietaria di Facebook e Instagram) e TikTok, ossia i tre social network maggiormente utilizzati dai più giovani. L'iniziativa, appena depositata presso il Tribunale di Milano, approderà in aula il prossimo 12 febbraio 2026.
L'obiettivo dichiarato è ottenere maggiore tutele per bambini e adolescenti attraverso tre punti principali: costringere i siti a far rispettare il divieto di accesso per i minori di 14 anni, ottenere la rimozione dei sistemi di dipendenza algoritmica (come lo scroll infinito che "ipnotizza" per ore gli utenti) e introdurre l'obbligo da parte delle piattaforme di fornire informazioni chiare sugli effetti e sui rischi dell'abuso dei social media. Il promotori dell'azione legale contano così di creare un precedente giuridico che potrebbe avere effetti non solo a livello nazionale, ma anche europeo.
Le ragioni dell'azione collettiva
Il ricorso si fonda sull'articolo 840-sexiesdecies del codice di procedura civile, introdotto nel 2021 per consentire azioni collettive a tutela di una pluralità di soggetti. Dopo due anni di lavoro interdisciplinare, che ha coinvolto giuristi, ingegneri informatici e neuropsichiatri, i promotori hanno così definito i tre punti centrali del procedimento. "La protezione dei minori non solo non viene perseguita adeguatamente, ma addirittura danneggia i ragazzi tramite algoritmi che creano disagio e dipendenza", ha denunciato Antonio Affinita, direttore generale del Moige, nel corso dell'evento di presentazione dell'iniziativa.

Le prove scientifiche e la dipendenza algoritmica
Il ricorso è corredato da pareri specialistici e studi internazionali che mettono in luce le conseguenze dell'abuso dei social media sulla salute mentale degli adolescenti. Il neuropsichiatra Tonino Cantelmi ha sottolineato come la corteccia prefrontale – sede delle funzioni cognitive superiori – tenda a completarsi solo intorno ai 25 anni, rendendo gli adolescenti particolarmente vulnerabili a sollecitazioni digitali intense. Ricerche europee e internazionali hanno poi evidenziato un legame tra uso massiccio dei social e disturbi come depressione, insonnia, calo del rendimento scolastico, disturbi alimentari e comportamenti autolesivi. Particolare rilievo assume lo studio pubblicato su Jama Pediatrics nel giugno 2025, che conferma l'esistenza di modificazioni cerebrali permanenti associate a un utilizzo compulsivo delle piattaforme.
Uno degli aspetti più contestati dai genitori riguarda poi quei sistemi di "tecnologia persuasiva" che regolano il funzionamento delle piattaforme. Attraverso la raccolta e l'analisi dei dati, gli algoritmi costruiscono un profilo dettagliato dell'utente – la cosiddetta "identità algoritmica" – e propongono contenuti sempre più personalizzati e coinvolgenti. Secondo gli esperti, questo meccanismo produce un rilascio continuo di dopamina, il neurotrasmettitore associato al piacere, che innesca un meccanismo capace di condizionare il cervello in via di sviluppo. Un flusso di contenuti senza fine che rende difficile interrompere la navigazione e aumenta il rischio di dipendenza nei più giovani.

Un quadro normativo in evoluzione
Sul piano giuridico, l'azione si inserisce nel solco delle più recenti normative europee: la Legge sui Servizi Digitali (Dsa), la Legge sui Mercati Digitali (Dma) e la Legge sull'Intelligenza Artificiale (Aia). Tutti testi che hanno riconosciuto il problema delle pratiche manipolative nei confronti dei minori, senza però introdurre strumenti concreti di contrasto. Da qui la scelta di utilizzare per la prima volta in Italia l'azione inibitoria collettiva, con la prospettiva che una decisione positiva del Tribunale di Milano apra la strada anche a future azioni risarcitorie. È già attivo, infatti, il portale attraverso cui i genitori possono inviare segnalazioni e testimonianze.
Un precedente che guarda all'Europa
Il caso italiano potrebbe avere un forte impatto anche oltre i confini nazionali, in un'epoca in cui piattaforme come Meta e TikTok contano circa 90 milioni di utenze in un Paese di 60 milioni di abitanti, inclusi bambini e anziani. Non è infatti la prima volta che gruppi organizzati di genitori adiscono legalmente contro i colossi social (nel 2024 sette famiglie francesi hanno denunciato TikTok per aver mostrato contenuti pericolosi ai figli adolescenti, due dei quali si sarebbero tolti la vita all'età di 15 anni). Se il tribunale accoglierà le richieste dei promotori, le piattaforme potrebbero quindi essere obbligate a modificare in profondità le loro modalità operative, dando vita a un precedente capace di orientare le future politiche europee sulla protezione dei minori nel mondo digitale. "Si tratta di un passo urgente e necessario", ha ribadito l'avvocato Stefano Commodo, titolare dello studio legale torinese a supporto dell'azione colletiva. Un passo che, se confermato, potrebbe segnare un punto di svolta nel rapporto tra giovani e social network.