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“Perché non parli?”: gli esperti rivelano le frasi che non dovremmo mai dire a un bambino introverso

Molti adulti, nel tentativo di spronare i bambini timidi, finiscono per trasmettere messaggi dannosi. Un gruppo di esperti ha recentemente spiegato quali frasi e quali atteggiamenti evitare con i piccoli introversi e come accompagnarli con rispetto e ascolto, valorizzando la loro natura senza cercare di cambiarla.
A cura di Niccolò De Rosa
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Nel turbinio delle relazioni sociali, essere riservati o introversi può spesso sembrare un ostacolo. E per i bambini, che spesso non hanno voce in capitolo sulle situazioni in cui si trovano, questo può trasformarsi in una fonte di disagio, anche perché genitori e adulti di riferimento, per quanto animati dalle migliori intenzioni, rischiano talvolta di peggiorare la situazione con comportamenti e frasi apparentemente innocue ma che invece possono innescare un grande disagio nei più piccoli.

Innanzitutto, essere introversi non significa necessariamente essere timidi o asociali. Come spiega la terapeuta Kate Roberts, intervenuta insieme ad alcuni colleghi in un recente articolo dell'HuffPost britannico, l’introversione si riconosce più facilmente da ciò che ricarica il bambino: se preferisce stare da solo o in compagnia di un solo amico fidato anziché in mezzo a tanti coetanei, se si sente esausto dopo situazioni sociali prolungate, se non ama essere al centro dell’attenzione, potrebbe essere introverso. Non si tratta di un difetto, ma di una predisposizione caratteriale. Purtroppo, viviamo in una società che celebra l’estroversione, mentre guarda con sospetto o impazienza chi è più riservato.

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Frasi da evitare: il peso delle parole

Molti introversi, fin da piccoli, si sentono dire esortazioni come "Parla più forte" o "Sii più socievole". Come sottolinea la terapeuta Rachel Wolff, questi inviti trasmettono però un messaggio implicito: il tuo modo di essere non va bene e devi darti da fare per cambiarlo. Spingere un bambino a ignorare il proprio disagio per compiacere gli altri lo espone al rischio di diventare quello che gli anglosassoni definiscono un people pleaser, ossia una persona alla costante ricerca dell’approvazione altrui, anche discapito del proprio benessere.

Ancora più dannosa è poi l’accusa di maleducazione legata al silenzio. Dire a un bambino di non essere silenzioso perché "sembra scortese" equivale a trasformare una caratteristica personale in una colpa. È come dire che ascoltare il proprio corpo e i propri bisogni è sbagliato. "In un mondo che esalta l’estroversione, la timidezza viene vista come una debolezza", spiega Roberts.

Etichette e pregiudizi

Un altro errore comune da parte degli adulti è etichettare i bambini come "timidi", continuando a ricordare loro quanto siano riservati o utilizzando la timidezza come il tratto distintivo per descrivere il loro carattere ("Mio figlio è sempre timido"). Questo atteggiamento, secondo Wolff, finisce per rafforzare un forte senso di inadeguatezza. Il rischio è che il bambino inizi a interiorizzare l’idea che c’è qualcosa di sbagliato in lui. Invece, il silenzio e l’osservazione possono essere delle vere e proprie risorse. "Spesso i bambini introversi hanno una straordinaria capacità di osservazione, assorbono molto di ciò che li circonda", aggiunge Roberts.

bimba triste con la mamma

Anche tentativi di spronare i bambini a vincere i loro timori utilizzando frasi come "Se continui a stare zitto non arriverai da nessuna parte", possono solo avere un impatto negativo. Si tratta di messaggi che suggeriscono che l’introversione sia un ostacolo al successo o alla felicità, mentre non è affatto così. Gli introversi possono avere vite appaganti, ricche di relazioni autentiche, anche se non sempre sono al centro dell’attenzione.

KaiLi McGrath, assistente sociale e terapeuta, sottolinea sempre sull'HuffPost, l’importanza di non interrogare continuamwnte un bambino sul motivo per cui si comporta in un certo modo: "Perché non parli con gli altri?" o "Perché non ti unisci al gioco?", sono domande che possono far sentire il piccolo giudicato, e dunque in colpa. I bambini, ricorda McGrath, sono esseri umani senzienti, ma spesso ci dimentichiamo di concedere loro le stesse libertà emotive degli adulti. "Se noi adulti possiamo decidere di non andare in palestra quando siamo stanchi, perché un bambino non dovrebbe poter scegliere di non lanciarsi in mezzo a un gruppo a giocare?", osserva.

Alternative più rispettose

Cosa dire allora? Gli esperti suggeriscono di usare un linguaggio che confermi e rispetti le emozioni del bambino. Frasi come "Va bene sentirsi così" o "Prenditi il tuo tempo" aiutano a creare un ambiente sicuro in cui il bambino può imparare ad ascoltarsi e fidarsi delle proprie emozioni. È un’abilità preziosa che gli sarà utile per tutta la vita.

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Un altro consiglio utile può essere quello di porre domande aperte e curiose anziché giudicanti. Ad esempio: "Com’è stato per te stare con quei bambini oggi?" oppure "Ti sei sentito a tuo agio al parco giochi?". In questo modo, si incoraggia il bambino a esplorare ciò che prova, senza sentirsi forzato a cambiare. "I bambini imparano a conoscersi anche attraverso lo sguardo degli adulti. Se noi li accogliamo, loro impareranno ad accogliersi", conclude McGrath.

Ascoltarli per capirli

Riconoscere e rispettare l’introversione non significa dunque assecondare l’isolamento. Significa invece aiutare i bambini a comprendere le proprie emozioni e a sviluppare strategie per stare bene, nel rispetto della loro natura. A volte può bastare una semplice domanda durante un momento tranquillo ("Ti senti meglio quando giochi da solo o con gli altri?") o un’osservazione empatica per concedere ai piccoli un po' di tempo per ricaricarsi e riprendersi da una situazione concitata. Essere introversi, insomma, non è un handicap né una barriera da superare, ma un modo diverso – e assolutamente valido – di stare al mondo. E il primo passo per farlo capire ai più piccoli è imparare a rispettarlo noi adulti.

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