Perché non dovremmo più dire ai genitori che sono smidollati con i figli: la spiegazione del pedagogista”

Negli ultimi anni, complice la visibilità mediatica di alcuni professionisti, si è fatta sempre più strada una narrazione feroce nei confronti dei genitori moderni, accusati di essere smidollati, permissivi e inadeguati a educare i figli. Una narrazione che, tra social e talk show, ha trovato terreno fertile, spingendo alcuni psicologi e psichiatri a trasformarsi in veri e propri opinion leader dell’educazione, spesso con toni semplificati e giudicanti. In un recente intervento al Salone del Libro di Torino, però, il saggista e psicologo Massimo Recalcati ha preso le distanze da questa visione, lanciando una critica neanche troppo velata ai colleghi televisivi.
Molti psicologi, miei colleghi che frequentano assiduamente la televisione, ritengono che il deficit fondamentale del discorso educativo oggi sia il carattere smidollato dei genitori" ha dichiarato Recalcati, aggiungendo come ormai la tecnica del "bastone" usato per "menare" ed educare non possa più funzionare in una società come la nostra. Una frase che molti utenti hanno interpretato come una frecciatina indirizzata al celebre psichiatra Paolo Crepet, tra i più severi fustigatori della genitorialità contemporanea. Ma è davvero utile continuare a colpevolizzare madri e padri? O il rischio è quello di acuire un senso di inadeguatezza già diffuso?
Il parere del pedagogista sulle difficoltà genitoriali
"È normale che un professionista, sia esso uno psicologo, uno psichiatra o un pedagogista, abbia a che fare con genitori che si trovano in uno stato di difficoltà – ha affermato a Fanpage.it il pedagogista clinici Luca Frusciello – D'altronde se non avessero problemi non si rivolgerebbero certo a loro. Questa posizione d’ascolto, però, talvolta rischia di alimentare una visione distorta e soggettiva, dove l’esperienza personale diventa misura universale per la totalità dei genitori moderni".

"Dire che tutte le mamme e tutti i papà di oggi sono una massa di incapaci privi di spina dorsale è pertanto un errore che può essere dettato da ingenuità o, in certi casi, dalla spasmodica ricerca di visibilità. Applicare etichette è il modo più facile per intercettare le dinamiche dei social i bisogni della pancia del pubblico".
Quali sono i rischi di continuare ad attaccare i genitori?
Il pericolo, spiega Frusciello, è che l’esposizione continua a certi messaggi sui social, in TV e sui giornali finisca per spingere anche genitori che non ne avrebbero motivo a mettere in discussione le proprie certezze, alimentando nuove ansie e insicurezze. "Certi modi comunicativi contribuiscono a perpetrare l’idea che madri e padri debbano eseguire delle prestazioni valutabili e standardizzate per poter dire di essere buoni genitori", sottolinea il pedagogista.
"Certo, a volte si cerca di camuffare il tutto inserendo nuovi elementi – l’errore, l’imperfezione, la gentilezza – ma in ogni caso si continua a suggerire l’idea che ci sia comunque un modo buono e un modo cattivo di crescere i figli. L'educazione però non è una performance, non è fatta di indicazioni. L’educazione è la capacità di capire che valori si stanno trasmettendo e diventa un processo consapevole quando il genitore è allineato agli insegnamenti che vuole impartire, diventando un modello per i suoi bambini".

Secondo Frusciello, pertanto, è inutile – anzi, perfino dannoso – continuare a sferzare i genitori con filippiche che disorientano e confondono i genitori. Anche perché molti dei complessi e articolati concetti che alcuni specialisti amano diluire in pungenti pillole comunicative, spesso non sono d’immediata comprensione e rischiano di essere male interpretati.
I consigli per non sentirsi inadeguati
Cosa dovrebbe fare dunque un genitore per orientarsi in questo caos, dove anche le voci autorevoli rischiano di compromettere il loro percorso educativo? Frusciello propone una ricetta drastica: "Spegnere i social. Non c’è altra via di fuga. Se anche i professionisti diventano portatori di messaggi che generano confusione e frustrazione, allora è meglio non ascoltare nessuno e focalizzarsi solo sui valori che si vogliono insegnare ai propri figli".
Questo non significa ovviamente smettere d’informarsi e non provare più a migliorarsi come genitori ed educatori, ma potare tutti quegli eccessi che rischiano solo di alimentare nuove insicurezze. "La divulgazione non deve essere confusa con la terapia”, conclude Frusciello. "La prima è rivolta a tutti, la seconda deve tenere presente tutte le specificità di ogni caso. Se le due cose si mescolano, non c’è più valore informativo, ma solo intrattenimento informato".