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Perché dovremmo lasciare usare l’intelligenza artificiale a scuola: “I bambini la usano per imparare”

Uno studio dell’Università della British Columbia sfata i timori sull’uso dell’intelligenza artificiale da parte dei giovani: gli studenti la usano più per imparare che per copiare. La ricerca dimostra che un uso etico e mirato di strumenti come ChatGPT può rendere più efficiente l’apprendimento e aiutare a risparmiare tempo . Gli esperti: “Bisogna educare, non sorvegliare”.
A cura di Niccolò De Rosa
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La diffusione dell’intelligenza artificiale generativa nelle scuole e nelle università è un fenomeno in continua crescita. Se da un lato si teme un uso scorretto da parte degli studenti, dall’altro nuove ricerche sembrano offrire un quadro più rassicurante. Uno studio condotto dall’Università della British Columbia dimostra infatti che i ragazzi non stanno abbandonando l’apprendimento in favore dei chatbot, ma li utilizzano in modo selettivo per velocizzare il lavoro e migliorare la qualità dei testi, senza rinunciare alla riflessione e allo studio.

AI a scuola: uno strumento, non una scorciatoia

Nell’immaginario collettivo, l’uso dell’intelligenza artificiale da parte degli studenti viene spesso associato all’idea di una scorciatoia, una strada facile per ottenere buoni voti senza impegno. Ma una recente ricerca dell’UBC Okanagan, pubblicata su Advances in Physiology Education, smentisce questo timore. Lo studio, guidato da Meaghan MacNutt e dalla dottoranda Tori Stranges, ha coinvolto circa 400 studenti universitari di tre diversi corsi. I ragazzi hanno compilato anonimamente un questionario dopo aver svolto almeno cinque compiti di scrittura riflessiva, con la possibilità di usare strumenti di intelligenza artificiale generativa come ChatGPT.

Perché gli studenti usano l’intelligenza artificiale?

Solo un terzo degli studenti ha effettivamente utilizzato l’AI, e la maggior parte di loro – circa l’81 per cento – lo ha fatto per motivi legati alla praticità: velocizzare il lavoro, migliorare la qualità del risultato, ma anche per imparare. Poco più del 15 per cento ha indicato tutte e tre le motivazioni insieme, mentre oltre la metà ha dichiarato di voler semplicemente risparmiare tempo.

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Nonostante il dibattito sull’etica accademica, i dati raccolti raccontano una realtà diversa da quella temuta. “Gli studenti hanno dimostrato di usare l’intelligenza artificiale con criterio, in modo selettivo e, soprattutto, etico”, osserva la professoressa MacNutt. I chatbot vengono utilizzati soprattutto per iniziare un testo o rivedere alcune sezioni, e solo lo 0,3 per cento dei lavori è stato scritto quasi interamente dall’AI.

Tra apprendimento e inclusione

Secondo i ricercatori, il desiderio di apprendere continua a essere una motivazione forte tra gli studenti, più di quanto si pensi. "C’è molta speculazione sul fatto che gli studenti usino l’AI solo per ottenere voti migliori, ma i nostri dati mostrano che è ancora la voglia di imparare a guidare molte delle loro scelte", sottolinea MacNutt, la quale ha anche sottolineato come l'utilizzo dell'IA, in certi contesti possa anche rappresentare un’opportunità di inclusione. Studenti che parlano l’inglese come seconda lingua (lo studio prende ovviamente l'inglese come lingua di riferimento) o  che hanno difficoltà specifiche nella lettura e nella scrittura possono infatti trarne un grande beneficio, facilitando le comunicazioni e velocizzando l'apprendimento.

Tuttavia, c’è un rischio da non sottovalutare: se le versioni a pagamento degli strumenti AI risulteranno alla lunga più efficienti, chi può permettersele avrà un vantaggio significativo rispetto agli altri, creando nuove forme di disuguaglianza tra gli studenti.

L’importanza di un’educazione consapevole

Secondo gli stessi ricercatori, i risultati ottenuti dovrebbero invitare a riflettere sul modo in cui le istituzioni educative possono accompagnare gli studenti in questa nuova era. Invece di rafforzare controlli e divieti, la ricerca suggerisce un approccio collaborativo, fondato sulla fiducia e sull’educazione all’uso etico dell’AI. "Dobbiamo insegnare agli studenti a usare questi strumenti, non limitarci a sorvegliarli", afferma MacNutt.

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E per chi si chiede cosa fare per preparare le nuove generazioni a un futuro dominato dall’intelligenza artificiale, i consigli degli esperti sono chiari: iniziare presto con conversazioni aperte, promuovere lo sviluppo di competenze digitali con strumenti adatti all’età, e soprattutto coltivare il pensiero critico. Aiutare i bambini a capire che l’AI non è una fonte di verità assoluta, ma un mezzo da usare con consapevolezza, è un primo passo fondamentale.

L’AI generativa insomma è già diventata parte del presente scolastico. Ma, come sottolinea la ricerca, non è un nemico dell’apprendimento: se ben utilizzata, può diventare un alleato prezioso. La sfida per educatori e genitori è quindi quella di guidare i ragazzi in un uso consapevole e responsabile di questi strumenti. La tecnologia, ribadiscono gli esperti, non va temuta, ma compresa e integrata, per formare cittadini capaci di affrontare con spirito critico il mondo che verrà.

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