video suggerito
video suggerito

Nonostante i divieti e le restrizioni, i bambini continuano a essere circondati dalle PFAS: lo studio

I PFAS, sostanze chimiche resistenti e inquinanti, si accumulano nell’ambiente e nel corpo umano già dalla nascita. Un nuovo studio dell’Università dei Paesi Baschi rivela la loro diffusione nei bambini, confermando la vulnerabilità dei più piccoli e la necessità di norme più severe.
A cura di Niccolò De Rosa
0 CONDIVISIONI
Immagine di repertorio
Immagine di repertorio

Resistenti, invisibili e presenti in moltissimi oggetti della vita quotidiana – dagli imballaggi per alimenti a diversi tipi di tessuto, passando per giocattoli, materiali idrorepellenti e padelle antiaderenti – le PFAS (sostanze perfluoroalchiliche)  tornano al centro del dibattito scientifico. Utilizzati per rendere tessuti, contenitori e utensili resistenti all’acqua, al grasso e alle macchie, questi composti chimici si accumulano nel'’ambiente e nel corpo umano, entrando in circolo già durante la gravidanza e continuando poi attraverso l’allattamento, l'alimentazione, l'acqua potabile o l'aria inquinata. Un nuovo studio dell’Università dei Paesi Baschi (EHU) ha però evidenziato quanto simili sostanze  siano diffuse tra i più piccoli, la fascia più vulnerabile della popolazione.

La ricerca, pubblicata su Enviromental Research e condotta nell’ambito del progetto INMA (Infancia y Medio Ambiente), ha analizzato i campioni di plasma di 315 bambini tra i 4 e i 14 anni, raccolti tra il 2011 e il 2022 nelle aree di Goierri e Urola, territori baschi caratterizzati da una forte presenza dell’industria siderurgica. Dei 42 composti presi in esame, ben 18 sono stati rilevati nei minori, con una frequenza tra il 70% e il 97% per i più comuni. "I dati dimostrano che siamo altamente esposti. Non è ancora possibile dire se i livelli riscontrati siano alti o bassi, perché non esistono limiti di sicurezza definiti per l'uomo, ma la sola presenza di PFAS nei bambini è già motivo di preoccupazione", spiega il professor Néstor Etxebarria, coordinatore dello studio.

Effetti ancora poco chiari, ma da non sottovalutare

Il team ha valutato i possibili rischi per il fegato e lo sviluppo dei minori, senza riscontrare segnali di pericolo immediato. Tuttavia, gli esperti invitano alla prudenza: "Oggi non vediamo concentrazioni preoccupanti, ma non possiamo escludere che diventino un problema tra dieci anni. Ciò che non sembra rischioso ora potrebbe esserlo in futuro", sottolineano Etxebarria e la collega Izaro San Román. Le attuali metodologie di valutazione, basate soprattutto su studi sugli animali, risultano infatti limitate e difficili da applicare con precisione all’uomo. Da qui l’urgenza di approfondire la ricerca con indagini più mirate sulla popolazione.

Immagine

L'età fa la differenza

Un elemento interessante emerso dallo studio riguarda invece l'andamento dei livelli di PFAS con l'età. I campioni prelevati a quattro, otto e 14 anni hanno permesso di osservare che le concentrazioni tendono a diminuire col tempo. Nella prima infanzia, l'esposizione è legata soprattutto alla madre – placenta e allattamento rappresentano le principali vie di ingresso – mentre durante l’adolescenza entrano in gioco soprattutto i fattori ambientali. Anche il tipo di sostanze varia in base all’età. Nei bambini più piccoli prevalgono i cosiddetti PFAS "classici" come PFOA e PFOS, sottoposti a restrizioni a partire dal 2006. Negli adolescenti, invece, si riscontrano con maggiore frequenza i nuovi PFAS emergenti, introdotti sul mercato come sostituti dei composti più vecchi. "I dati riflettono l’esposizione tipica di ciascun periodo – spiegano i ricercatori – ed è per questo che è fondamentale ripetere queste indagini nel tempo, per monitorare i cambiamenti e comprenderne le conseguenze".

Regole ancora insufficienti

Un altro aspetto critico riguarda la normativa. Nonostante le restrizioni introdotte su alcune sostanze, lo studio ha rilevato che PFAS vietati da anni sono ancora presenti nei bambini, a conferma della loro estrema persistenza nell’ambiente. Al tempo stesso, le regolamentazioni risultano inadeguate di fronte ai nuovi composti, che continuano a diffondersi senza che se ne conoscano pienamente gli effetti. Secondo i ricercatori appare dunque necessario affrontare un aggiornamento normativo e un rafforzamento delle politiche di prevenzione, insieme a una maggiore attenzione scientifica sulla tossicità dei PFAS emergenti. Solo così sarà possibile anticipare rischi futuri e ridurre l’impatto di queste sostanze sullo sviluppo delle nuove generazioni.

0 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views