“Non sono stati puniti i genitori, si è tutelata la crescita dei minori”: l’esperto sul caso della famiglia che viveva nel bosco

La storia dei tre bambini cresciuti in una casa nei boschi di Palmoli, senza elettricità, acqua corrente né servizi igienici e ora allontanati dalla loro abitazione in seguito alla pronuncia del Tribunale per i minorenni dell'Aquila continua a far discutere. La vicenda ha scatenato un'ondata di polemiche soprattutto da parte di chi considera ingiusto sottrarre i minori ai genitori in virtù dello stile di vita alternativo da loro scelto. Molti hanno letto la decisione come un'ingerenza dello Stato nelle scelte personali di una famiglia che aveva preferito un’esistenza essenziale, immersa nella natura e lontana dai centri abitati. Sul tema è intervenuto anche il ministro dei Trasporti Matteo Salvini, che sui social ha attaccato duramente la scelta del giudice: "Trovo vergognoso che lo Stato si occupi delle scelte di vita personali di due genitori che hanno trovato nell'Italia un paese ospitale e che invece gli toglie i bambini", ha tuonato il vicepremier. Per fare chiarezza sulla questione Fanpage.it ha intervistato l’avvocato penalista Daniele Bocciolini, esperto in diritto penale minorile e componente della Commissione Famiglia e Minori dell'Ordine degli Avvocati di Roma.
"Ogni volta che un tribunale valuta l'idoneità di un ambiente familiare," spiega Bocciolini, "l'unico parametro che orienta la decisione è l'interesse del minore". Non si tratta dunque di giudicare uno stile di vita o una scelta educativa astratta, ma di verificare se la condotta dei genitori esponga i figli a un possibile pregiudizio. L'apparente serenità dei bambini non può dunque sostituire un'analisi concreta dell"ambiente in cui crescono, né garantire, da sola, che quel contesto sia adeguato al loro sviluppo.
La fragilità delle condizioni abitative
Nella vicenda di Palmoli, il disagio abitativo è stato senz'altro un elemento centrale: la totale assenza di acqua corrente, elettricità, riscaldamento, servizi igienici e una struttura domestica precaria possono rappresentare un rischio concreto per la salute e l'incolumità dei minori. "L'adeguatezza delle condizioni abitative è uno degli elementi valutati dal Tribunale", chiarisce Bocciolini. "Nel caso di specie, sussisterebbe a parere dei giudici un pericolo per l’incolumità e l'integrità fisica dei minori derivante dalla condizione abitativa alla luce delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità dell'abitazione".
Secondo il giudice dunque, proprio queste condizioni, unite alla collocazione in un luogo isolato, configuravano un potenziale danno fisico e igienico-sanitario e il diritto alla libertà di scelta dei genitori non può estendersi fino a esporre i figli a situazioni prive dei requisiti minimi di vivibilità.
Il nodo dell'istruzione e della socialità negata
Uno degli aspetti più contestati da chi ha letto nella decisione del Tribunale una prevaricazione del diritto dei genitori di crescere i figli secondo il proprio stile di vita riguarda la segnalazione alla Procura dello scorso luglio, nella quale si evidenziava che i bambini non frequentavano la scuola. I critici del provvedimento hanno infatti ricordato come l'istruzione parentale – impartita cioè dai genitori o da un insegnante privato scelto dai genitori, senza che i minori frequentino una scuola – sia prevista dal nostro ordinamento. In effetti, l'articolo 34 della Costituzione ("la scuola è aperta a tutti") e i vari decreti legislativi che dal 1994 al 2021 hanno regolato la materia consentono ai genitori di educare i figli in casa. Come Fanpage.it ha già spiegato in un precedente articolo, la coppia anglo-americana di Palmoli aveva però optato per la variante dell'unschooling, che non prevede programmi definiti (è il bambino a decidere quando e cosa apprendere) e può presentare maggiori problematiche per il rispetto dei criteri minimi previsti dalla legge.
Soprattutto, sottolinea Bocciolini, il Tribunale ha ravvisato una lesione del diritto alla vita di relazione, garantito dall’articolo 2 della Costituzione. "La deprivazione del confronto fra pari in età da scuola elementare sarebbe pregiudizievole perché potrebbe avere effetti significativi sullo sviluppo del bambino, che si manifestano sia in ambito scolastico che non scolastico".
Perché l'apparente felicità non basta
Un'altra obiezione riguarda infine l'immagine di bambini sereni, abituati a vivere nella natura e circondati dall'affetto genitori. Perché dunque – si sono chiesti molti, tra cui lo stesso ministro Salvini – intervenire per rompere arbitrariamente questo equilibrio? Anche qui la spiegazione dell'avvocato Bocciolini aiuta a chiarire la situazione.
"L'apparenza nulla ha a che fare con il diritto. La decisione del Tribunale è stata adottata sulla base delle relazioni dei servizi sociali e, quindi, sulla base della valutazione degli esperti sul punto. Nessuno ha accusato i genitori di maltrattamenti. Nessuno ha mai sostenuto che questi genitori abbiano fatto mancare i mezzi di sussistenza ai propri figli", conclude il giurista. "La famiglia è stata osservata per molto tempo e all'esito di questi incontri, è stato rilevato un pericolo, un eventuale pregiudizio circa il loro sviluppo psicofisico. Tutte situazioni, a mio giudizio, che possono essere ampiamente superate, senza la necessità di decisioni drastiche".
Il provvedimento non è dunque punitivo e, come sottolinea l'avvocato, non preclude la possibilità di un rientro nella vita familiare. Le criticità individuate possono essere superate senza ricorrere a decisioni drastiche e l’obiettivo del collocamento in comunità è osservare, valutare e favorire un percorso di tutela. Il diritto, insomma, non interviene per sanzionare uno stile di vita, ma per garantire che la libertà dei genitori non metta a rischio lo sviluppo dei figli, al di là di ciò che appare.