video suggerito
video suggerito

“Non abbiate paura di essere comprensivi con i figli”: l’appello della psicologa contro il mito dei genitori severi

Durante una puntata del suo podcast, psicologa dell’infanzia Becky Kennedy ha invitato i genitori a rivedere l’idea che l’empatia e la compassione nei confronti dei propri figli li renda troppo fragili e inadatti ad affrontare il mondo: al contrario, validare le emozioni durante i capricci e mostrarsi aperti all’ascolto anche dopo una marachella, aiuta i bambini a sviluppare autocontrollo e resilienza. Due abilità fondamentali per superare le difficoltà del mondo degli adulti.
A cura di Niccolò De Rosa
0 CONDIVISIONI
Immagine

Nella quotidianità frenetica di un genitore, può sembrare naturale rispondere con severità a un capriccio esagerato o a una crisi di pianto apparentemente immotivata. Anzi, per qualcuno l'idea di non mostrarsi sempre teneri nei confronti dei figli rappresenta il modo migliore per crescere ragazzi forti, risoluti e capaci di cavarsela in un mondo che sembra pronto a divorarli.

Eppure, secondo la psicologa dell’infanzia Becky Kennedy, il segreto per crescere bambini mentalmente forti e resilienti non sta nell’imporre dure regole, ma nell’adottare un atteggiamento di compassione. Una prospettiva che, pur sembrando controintuitiva, affonda le radici nella scienza psicologica e in anni di ricerche sul tema.

Empatia non è sinonimo di debolezza

Secondo Becky Kennedy, ospite di un recente episodio del suo podcast Good Inside, molti genitori temono che mostrare troppa comprensione possa indebolire i figli. “È quasi come se vedessimo la compassione come qualcosa di pericoloso”, ha detto. Quando un bambino esplode per un motivo che a un adulto appare banale, il primo impulso è spesso quello di minimizzare o criticare. Ma, ha spiegato la psicologa, questo tipo di reazione non solo non aiuta, ma rischia di amplificare il disagio del piccolo.

Certo, precisa Kennedy, dimostrarsi empatici e comprensivi non significa lasciare passare tutte. Si tratta piuttosto di riconoscere la realtà emotiva del bambino e fare in modo che sia lui stesso a correggere il proprio comportamento, senza bisogno di punizioni o dure reprimende. Frasi come "Capisco che tu sia arrabbiato, è normale. Ma so che puoi superarlo", aiutano i più piccoli a sentirsi compresi e contenuti (anche fisicamente, se oltre alle parole si aggiunge il contatto fisico di un abbraccio).

Immagine

Questa forma di validazione emotiva, spiegano anche gli psicologi, aiuta i bambini a sviluppare autocontrollo e a distinguere tra ciò che si prova e ciò che è accettabile fare. Un esempio? Se un bambino attraversa un momento di crisi e inizia a gettare ad alzare le mani a un coetaneo o un fratello che lo ha infastidito, il genitore potrebbe prenderlo da parte, farlo calmare, e poi spiegarli che è assolutamente comprensibile essere tristi e arrabbiati, ma che questo non può comunque giustificare comportamenti violenti.

Il ruolo del linguaggio nei primi anni

Nella sua riflessione, Kennedy ha poi sottolineato come la voce del genitore tenda a trasformarsi, con il tempo, in una sorta di dialogo interiore del bambino. Un bambino abituato a essere sminuito o criticato tenderà, crescendo, a reagire agli insuccessi con durezza verso sé stesso. Al contrario, chi è stato educato alla compassione impara a fronteggiare i fallimenti con spirito costruttivo, senza soccombere alla vergogna. La resilienza, insomma, si costruisce anche attraverso parole gentili.

La forza della compassione

Per supportare il proprio discorso, la dottoressa Kennedy ha citato anche gli studi della psicologa Kristin Neff, i quali hanno confermato come le persone che si trattano con compassione dopo un errore hanno maggiori probabilità di rialzarsi e riprovare. E questo vale tanto per i bambini, quanto per gli adulti: l’autocompassione non è indulgenza, ma una risorsa che favorisce la responsabilità senza cadere nell’autocritica distruttiva.

Imparare a gestire le emozioni rimane pertanto una competenza fondamentale per affrontare le sfide della vita. E questo processo inizia nell’infanzia, attraverso l’esempio e le parole dei genitori. Come osserva Kennedy, "quando ci rimproveriamo, paradossalmente diventiamo più fragili, perché il dolore non si dissolve: si amplifica". Insegnare ai figli a essere gentili con sé stessi è dunque uno dei regali più preziosi che un genitore possa fare. Non significa essere deboli, ma preparare i propri figli a diventare adulti emotivamente forti e capaci di affrontare le difficoltà con lucidità e fiducia.

0 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views