Microplastiche in classe: lo studio solleva dubbi su cosa respirano davvero i bambini a scuola

Le microplastiche non si trovano solo nei mari o nei cibi che arrivano sulle nostre tavole. A ricordarlo è uno studio condotto da un gruppo di ricercatori spagnoli e portoghesi e pubblicato sulla rivista Environment International, che ha analizzato l'aria di quattro aule scolastiche si un istituto in Portogallo. I risultati sono sorprendenti e preoccupanti: la concentrazione di particelle plastiche è risultata più alta dentro le classi che all’esterno, delineando un quadro che solleva interrogativi sulla qualità dell’aria che i bambini respirano ogni giorno a scuola. Le microplastiche sono infatti minuscole particelle di plastica più piccole di 5 millimetri e che, se inalate dagli esseri umani, possono raggiungere i polmoni e stimolare processi infiammatori. I bambini poi risultano particolarmente vulnerabili perché respirano più aria in rapporto al loro peso rispetto agli adulti e hanno un sistema immunitario e respiratorio ancora in via di sviluppo.
Lo studio nella scuola
Negli ultimi anni le microplastiche sono state rintracciate praticamente ovunque: sulle montagne più alte, nelle fosse marine più profonde, nello sperma umano e perfino nel respiro dei delfini. Finora però la maggior parte delle ricerche si è concentrata sulla loro presenza negli oceani e nel cibo, ma nuove indagini stanno cercando di capire quanto queste particelle siano diffuse anche nell'aria che respiriamo.Tra questa anche lo studio che si è svolto in una scuola primaria di Estarreja, cittadina portoghese situata a poca distanza da un grande polo industriale specializzato nella produzione di PVC. Una collocazione non casuale, visto che l'impianto potrebbe contribuire alla presenza di inquinanti nell'aria, anche se i ricercatori non hanno potuto dimostrarne la correlazione diretta.
Per la prima volta è stata condotta un’analisi così approfondita sull’aria all'interno di aule scolastiche, con due campagne di campionamento in inverno e primavera. In totale sono stati raccolti 70 campioni di particolato (PM10) sia all'interno delle classi che nel cortile della scuola. Le tecniche usate, tra le più avanzate disponibili oggi, hanno permesso di identificare la presenza di dieci polimeri plastici comuni e di altri contaminanti chimici.

Le sostanze trovate in aula
I ricercatori hanno ha rilevato particelle di plastica come polimetilmetacrilato, polipropilene, nylon, gomma nitrilica, polistirene e PVC in sei aule su dieci. A queste sostanze si aggiungono poi additivi chimici come i ftalati, pesticidi e perfino tracce di nicotina. "Il dato più allarmante – hanno sottolineaio i ricercatori – è che le concentrazioni risultano più elevate dentro le classi che all’esterno". In media, i livelli di microplastiche erano pari a 21,8 nanogrammi per metro cubo all’interno, contro i 13,4 rilevati fuori dalla scuola. Un divario che dimostra come le aule, nonostante siano spazi chiusi, non siano affatto ambienti protetti. Particolarmente significativo è il caso del polistirene – presente, per esempio, nel classico polistirolo o in oggetti di uso comune come piatti e bicchieri – che è stato rilevato in tutti i campioni interni, a differenza di altri polimeri presenti in modo più discontinuo.
I bambini sono i più esposti
Le simulazioni condotte dal team hanno stimato che un alunno assorbe in media 1,57 nanogrammi di plastica per chilo di peso corporeo al giorno. Le esposizioni maggiori sono state osservate nei bambini più piccoli, intorno ai 6-7 anni. Una quantità apparentemente minima, ma che desta preoccupazione se considerata nell’arco di anni scolastici, durante i quali l’esposizione è continua e quotidiana. Gli studiosi hanno inoltre rilevato che i livelli interni rimanevano relativamente stabili durante la settimana, mentre quelli esterni erano molto più variabili, influenzati da fattori come vento, pioggia e umidità.

Le conseguenze e le domande aperte
Se gli effetti a lungo termine dell’inalazione di microplastiche sono ancora in fase di studio, la ricerca ha fornito un primo quadro realistico di cosa significhi per un bambino trascorrere ore in un’aula chiusa. "Questi dati rappresentano un campanello d'allarme e mostrano che l'inquinamento da plastica non riguarda solo mari e oceani, ma anche l’aria che respiriamo ogni giorno", hanno osservato gli autori. Lo studio ha quindi invitato a potenziare i sistemi di monitoraggio della qualità dell'aria nelle scuole e a indagare strategie per ridurre l'esposizione dei più piccoli. Un passo fondamentale per tutelare la salute delle nuove generazioni, che rischiano di crescere in un ambiente in cui la plastica è ormai diventata invisibile ma onnipresente.