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Madri senza madre: report rivela perché il parto privo del supporto materno è un problema troppo sottovalutato

Una madre su tre affronta la maternità senza poter contare sulla propria madre, un’assenza che influisce sul benessere emotivo e fisico di genitori e bebè. Secondo il report “The Hidden Crisis of Motherless Mothers”, molte neomamme sperimentano ansia, depressione e riapertura di vecchie ferite, mentre i professionisti sanitari raramente approfondiscono la questione, sottovalutando l’apporto del supporto materno in simili situazioni. Per questo esperti e associazioni chiedono di riconoscere questa mancanza come determinante sociale di salute e di introdurre nelle strutture ospedaliere percorsi di sostegno mirati per accompagnare tutte le donne verso un inizio di maternità più sereno.
A cura di Niccolò De Rosa
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Una madre su tre affronta il difficile momento del parto senza poter contare sulla propria mamma e questa assenza può impattare sul benessere di genitori e bebè molto più di quanto si possa pensare. È quanto emerge dal report The Hidden Crisis of Motherless Mothers("La crisi nascosta delle madri senza madri"), realizzato dall’associazione The Motherless Mothers (TMM) e dall'app Peanut, dedicata alla genitorialità. Un'indagine su oltre duemila donne provenienti da diverse parti del mondo che ha portato alla luce un fenomeno tanto diffuso quanto ignorato: quello delle donne che si trovano a vivere gravidanza e post partum senza il sostegno emotivo o pratico della figura materna, perché scomparsa, malata, lontana o da cui sono separate da anni di incomprensioni.

Una crisi silenziosa che tocca mente e corpo

Secondo lo studio, l’81% delle madri senza madre sperimenta disturbi di salute mentale nel periodo perinatale, come ansia o depressione post partum, una percentuale quattro volte superiore alla media. L'85% del campione ha anche raccontato come la nascita di un figlio abbia riaperto vecchie ferite legate a lutto o situazioni di abbandono mai del tutto rimarginate. Eppure, tre donne su quattro riferiscono che nessun professionista sanitario abbia mai chiesto loro se possono contare sull’aiuto della madre.

La mancanza di questa figura, spiegano gli esperti, priva le neomamme di un riferimento fondamentale proprio nel momento in cui la vulnerabilità emotiva è più alta. "Durante la gravidanza e il dopo parto, una madre offre un tipo di conforto difficile da sostituire, un'àncora emotiva che normalizza le paure e restituisce sicurezza", ha affermato la psichiatra Nona Kocher sul sito Parents. Senza questa presenza, le donne si trovano ad affrontare un duplice peso: quello della cura di un neonato e quello di un dolore riattivato, spesso confuso o sminuito come semplice malinconia.

L’assenza della figura materna può impattare negativamente sull’esperienza della gravidanza e del parto
L’assenza della figura materna può impattare negativamente sull’esperienza della gravidanza e del parto

Il dolore che riaffiora con la nascita di un figlio

Anche la levatrice e specialista perinatale Stephanie Blamires, lei stessa una "motherless mother", ha sottolineato in un intervento all'HuffPost Uk come la perdita di una madre non svanisca con il tempo: "Anzi, riaffiora con forza durante la gravidanza e le prime settimane dopo il parto". Eppure, ha aggiunto, il sistema sanitario raramente si pone le domande giuste per intercettare questo problema spesso sottovalutato. Perfino nel moderno e avanzato Occidente infatti, spesso mancano protocolli di screening, percorsi di sostegno dedicati e, soprattutto, una formazione che aiuti operatori e medici a riconoscere l'elaborazione del lutto come parte integrante del percorso di maternità.

Molti esperti chiedono che l’assenza della figura materna per le donne che stanno per diventare madri venga riconosciuta come un determinante sociale di salute. Secondo i promotori del report, anche una semplice domanda durante i controlli – "Hai un supporto emotivo e pratico da parte di tua madre o di una figura materna?" – potrebbe fare la differenza per individuare un possibile fattore di disagio e intervenire con un'assistenza mirata. "Servono reti che sostengano anche le madri, non solo i bambini", ha dichiarato Michelle Kennedy, fondatrice di Peanut. "Se un terzo delle donne è privo del pilastro più importante di quel villaggio che dovrebbe crescere una madre, allora dobbiamo costruire sistemi che riempiano quel vuoto".

Oltre la perdita: lontananza, malattia, estraneità

Quando si parla di perdita di una madre, il vuoto non è però dato solo dalla morte di un genitore. Come ricordato della terapeuta Geralyn Fortney, l’assenza può essere dovuta anche "alla distanza, alla malattia o a un allontanamento volontario. In questi casi si aggiungono sensi di colpa, vergogna, il desiderio di ricontatto". Tutto questo può riaccendersi con la nascita di un figlio, quando il bisogno di una figura accudente torna a farsi urgente.

La sensazione di solitudine durante la gravidanza influisce sulla salute mentale della neo–mamma e, di conseguenza, può ridurre anche la qualità delle cure al nascituro.
La sensazione di solitudine durante la gravidanza influisce sulla salute mentale della neo–mamma e, di conseguenza, può ridurre anche la qualità delle cure al nascituro.

Nel report si legge infatti  anche quanto la mancanza di supporto pratico – dall'aiuto nell'accadimento del neonato alla preparazione dei pasti, passando per la gestione della casa – possa aggravare lo stress e la deprivazione di sonno, aumentando la probabilità di depressione. La perdita più profonda resta però quella emotiva: la madre come specchio e come guida, quella che rassicura, normalizza le paure, trasmette il senso di appartenenza.

Come affrontare il post partum senza la propria madre

Sempre sul sito Parents, gli esperti suggeriscono alcune strategie per chi si trova ad affrontare la maternità senza il sostegno materno. La prima è chiedere aiuto, presto e spesso. Riconoscere la tristezza, la colpa o l’ansia e parlarne con il proprio medico può prevenire l'aggravarsi di una depressione post partum. "Chiedere supporto non è debolezza – ha ricordato la psichiatra Catherine Cunningham – ma una forma di cura verso se stesse".

Creare una rete di sostegno fatta di amici, parenti o, perché no, professioniste retribuite (come tate o doule) è un altro passo importante per superare i primi duri mesi di vita del bebè. Anche entrare a far parte di gruppi online di donne con esperienze simili può essere d'aiuto, poiché la connessione con altre persone nella medesima situazione, per quanto virtuale, può aiutare a sentirsi meno sole e più competenti nel nuovo ruolo. Un altro consiglio è "imparare a essere madre di sé stesse", concedendosi momenti di riposo, ritagliandosi momenti per fare il punto della situazione, e chiedersi, nei momenti difficili, cosa direbbe la propria madre se fosse lì.

Prepararsi infine ai momenti in cui il dolore si riaccende – anniversari, compleanni, ricorrenze – permette di affrontarli con consapevolezza, magari trasformandoli in gesti di ricordo. Perché, come ricorda Nona Kocher, "in maternità gioia e dolore convivono. Accogliere entrambe le emozioni, senza giudizio, è il primo passo per stare bene".

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