“L’incompetenza non è un’arma”: la lezione della madre sull’importanza di non sfuggire alle responsabilità

Un semplice scambio tra madre e figlio, ripreso con lo smartphone e pubblicato sui social, si è rapidamente trasformato in un momento di riflessione collettiva sull'importanza di abituare i figli ormai in età preadolescenziale a iniziare ad assumersi le proprie responsabilità all'interno della vita in famiglia. A impartire la lezione è stata Shelbie, una madre americana che, stufa di vedere il figlio Calvin nascondersi dietro millantate difficoltà per eseguire male – o non eseguire affatto – alcuni piccoli compiti domestici, ha deciso di prendere di petto la questione, affrontando con il dodicenne un lungo (oltre sette minuti) discorso sul diventare grandi e la necessità di non usare "l'incompetenza come un'arma".
Non è solo una questione di faccende domestiche
Nel filmato, Calvin discute con la madre sul dover partecipare alle piccole incombenze di casa. Shelbie gli fa notare che non intende guidarlo passo dopo passo in compiti che sa benissimo come svolgere: "Sei perfettamente capace di prendere la tua ciotola di cereali, metterla nel lavandino, sciacquarla e riporla in lavastoviglie", gli dice con calma e fermezza. È in quel momento che introduce il concetto che gli anglosassoni chiamano "weaponised incompetence", una tattica manipolatoria che sfrutta un'apparente mancanza di competenze come scusa per sottrarsi a un dovere o a una responsabilità. Durante la sua ramanzina, Shelbie sottolinea infatti come come fingere di non saper fare qualcosa – o farlo così male da spingere altri a subentrare – non sia solo pigrizia, ma un atteggiamento che, da adulti, può logorare le relazioni e la stessa reputazione nei confronti degli altri.
Una lezione che nasce dall’esperienza
Shelbie non parla senza cognizione di causa. Intervistata dal sito Kidspot, la donna ha raccontato di aver vissuto in prima persona le conseguenze di questo meccanismo, sia come vittima sia come parte attiva. Suo padre e il suo ex marito lo hanno messo in atto spesso, lasciando a lei il peso di incombenze e decisioni. "Ho sperimentato il danno che può provocare e il caos che può portare nella vita", ha confidato. Proprio per questo oggi sente il bisogno di educare suo figlio a riconoscere questo modo dif are e a non ripeterlo.
Calvin è infatti in piena preadolescenza, una fase complessa e ribelle e per Shelbie, crescere un figlio a quell’età significa anche imparare accanto a lui: "Stiamo crescendo insieme, consapevoli che sarà un percorso tanto bello quanto disordinato", ha ammesso. La donna non pretende infatti la perfezione, ma cerca di mostrargli che responsabilità e autonomia sono parte della crescita. Il suo obiettivo non è reprimere, ma aiutare Calvin a diventare un uomo "sicuro, autentico e consapevole delle proprie capacità".
Certo, non si tratta di un cammino semplice e quando i fisiologici conflitti con il figlio diventano intensi, Shelbie ha imparato a prendersi un momento per respirare profondamente e persino a parlarsi da sola, quasi come se facesse da madre a sé stessa: chiude gli occhi, si mette una mano sul petto e si ripete che andrà tutto bene. Un piccolo rituale che la aiuta a non reagire d'impulso e a trasformare la tensione in dialogo, mantenendo il punto sulla necessità di offrire responsabilità ai giovani fin da piccoli, con attenzione al modo in cui ogni bambino comunica e apprende. "Forse educare non significa solo insegnare qualcosa ai nostri figli", ha affermato, "ma anche lasciarsi insegnare da loro chi siamo mentre li cresciamo".