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La logopedia con l’aiuto “tecnologico” corregge più rapidamente i difetti di pronuncia dei bambini: lo studio

Un nuovo studio dimostra che il biofeedback accelera i progressi nella correzione dei difetti di pronuncia nei bambini con disturbi residui del linguaggio. Grazie a immagini e onde visive che mostrano in tempo reale i movimenti della lingua o la qualità del suono, i piccoli apprendono più rapidamente rispetto alla logopedia tradizionale, riducendo frustrazioni e tempi di terapia.
A cura di Niccolò De Rosa
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Nella lingua parlata che i bambini apprendono nei primi anni della loro vita, alcuni suoni risultano più difficili di altri. La "R", ad esempio, è una consonante che, per una corretta pronuncia,richiede un controllo preciso della lingua e della muscolatura orale, che la maggior parte dei bambini acquisisce naturalmente. Non per tutti, però, il percorso è semplice: alcuni continuano a inciampare su questo suono anche dopo gli otto anni, una condizione nota come disturbo residuo della produzione del linguaggio.

Un recente studio condotto negli Stati Uniti sembra però aver dimostrato che la tecnologia può portare notevoli vantaggi nel trattamento di queste difficoltà. Gli studiosi hanno messo alla prova un approccio innovativo basato sul biofeedback, ossia l'uso di strumenti tecnologici che forniscono un riscontro visivo immediato durante le sedute logopediche. I risultati, pubblicati sul Journal of Speech, Language, and Hearing Research, hanno così mostrato che i bambini che hanno seguito questo metodo hanno imparato a pronunciare la "R" molto più rapidamente rispetto a chi seguiva la terapia tradizionale.

I limiti dei metodi tradizionali

La logopedia classica prevede che il professionista modelli i suoni corretti affinché il bambino li ripeta, oppure che fornisca indicazioni verbali su come posizionare lingua e labbra. È un percorso efficace, ma a volte frustrante. "I bambini non sempre riescono a percepire la differenza tra il suono che producono e quello del logopedista – ha spiegato Tara McAllister, autrice principale dello studio e docente alla New York University – Con il biofeedback, invece, il clinico può mostrare questa differenza, rendendo più facile per il bambino correggersi".

Logopedista e disfonia infantile

Come funziona il biofeedback

Il cuore del metodo è la possibilità di visualizzare la meccanica di movimenti e suoni, così da osservare dove quando avviene l'errore che causa il difetto di pronuncia. In una sessione, ad esempio, un piccolo apparecchio a ultrasuoni posto sotto il mento registra i movimenti della lingua, proiettandone l’immagine in tempo reale su uno schermo. In altre varianti, i suoni prodotti vengono trasformati in onde visive, che permettono di confrontare la pronuncia del bambino con quella corretta. Questo supporto immediato aiuta a rendere più concreti concetti altrimenti astratti, trasformando l’apprendimento in un processo visivo e tangibile.

Lo studio: 108 bambini messi a confronto

Per testare l’efficacia del biofeedback, McAllister e colleghi hanno coinvolto 108 bambini tra i 9 e i 15 anni con disturbi residui di pronuncia. I piccoli partecipanti sono stati suddivisi in tre gruppi: il primo ha utilizzato il biofeedback a ultrasuoni, il secondo quello acustico-visivo, mentre il terzo ha seguito la terapia motoria tradizionale. Tutti hanno partecipato a sessioni per dieci settimane consecutive. Gli studiosi hanno monitorato i progressi valutando la distanza tra la pronuncia scorretta e quella corretta attraverso strumenti acustici. I risultati hanno così dimostrato come il miglioramento nei bambini che avevano utilizzato il biofeedback fosse stato 2,4 volte più rapido rispetto a chi aveva seguito solo l'approccio motorio classico.

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Secondo gli autori, la differenza non sta tanto nel risultato finale – tutti i metodi, infatti, portano miglioramenti – quanto nella velocità del progresso. A parità di tempo, il biofeedback ha permesso ai bambini di ottenere risultati molto più consistenti già nelle prime fasi della terapia. Inoltre, lo studio ha mostrato che non vi è una differenza sostanziale tra le due tipologie di biofeedback: sia quello visivo-acustico che quello a ultrasuoni offrono benefici simili.

Impatto sulle famiglie e sui clinici

Il tema, hanno sottolineato gli autori della ricerca, non riguarda solo i bambini. Le difficoltà persistenti con la "R" possono influire sull’autostima, sul rendimento scolastico e sulla vita sociale. Intervenire prima e con maggiore efficacia significa ridurre le frustrazioni, migliorare la comunicazione e restituire sicurezza ai più piccoli. C'è poi un altro aspetto cruciale: il carico di lavoro dei logopedisti. "Le liste di attesa sono lunghe e le difficoltà con la "R" spesso bloccano i progressi di tanti studenti – ha osservato McAllister – Il biofeedback può aiutare a risolvere più rapidamente questi casi, liberando risorse preziose per altri bambini con bisogni comunicativi complessi".

Stando agli studiosi, la ricerca rappresenta la prima evidenza scientifica su larga scala che conferma l’efficacia del biofeedback nel trattamento delle difficoltà di pronuncia della"“R". Fino ad ora, gli studi erano stati condotti su campioni troppo piccoli per poter trarre conclusioni definitive. L'arrivo di queste nuove evidenze potrebbe spingere verso una più ampia diffusione della tecnologia nei centri di logopedia. Restano tuttavia questioni pratiche, come i costi degli strumenti e la formazione dei clinici, che dovranno imparare a integrare il biofeedback nelle sedute quotidiane.

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