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Infanzia anni ’90 senza cellulari e social: la sfida di una cittadina australiana per i suoi bambini

A Kiama, un piccolo centro sulla costa australiana, un’iniziativa partita da due genitori ha portato famiglie e ragazzi a riscoprire il tempo libero senza schermi. Tra giochi da tavolo, orti condivisi e feste di strada, il progetto punta a lavorare sul senso di comunità per proteggere la salute mentale dei giovani, restituire valore alla socialità e accettare il potere stimolante della noia.
A cura di Niccolò De Rosa
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Immagine di repertorio
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In un'epoca in cui smartphone e social media accompagnano i ragazzi fin dalla preadolescenza, la piccola comunità di una cittadina sulla costa sud del Nuovo Galles del Sud, in Australia, ha deciso di provare a cambiare rotta. A Kiama, oltre ento chilometri a sud di Sidney, un gruppo di famiglie ha dato vita a un movimento che punta a restituire ai bambini il tempo, lo spazio e la libertà tipici degli anni Novanta, quando le giornate dei più giovani scorrevano tra giochi all'aperto, spiagge e amici in carne e ossa. L'idea è nata da Jane Bourne, madre di due figli di cinque e sette anni, che osservando adolescenti al parco con lo sguardo fisso sugli schermi si è chiesta se davvero fosse normale regalare a un dodicenne un telefono con libero accesso a internet. "Non è accettabile" ha raccontato al sito australiano Kidspo, spiegando di voler lavorare per un mondo dove i bambini possano ancora crescere "scalzi e spensierati", lontani il più possibile dai rischi dei social, almeno per i primi anni della loro vita.

Divertirsi offline è ancora possibile

Insieme al compagno Ian Harvey-George, Jane ha dato il via un'iniziativa, "Kiama Unplugged", che propone eventi e momenti di socialità senza telefoni. "C'è molto che possiamo fare per aiutare i bambini a restare bambini e per proteggere la loro salute mentale", ha spiegato. Ogni domenica le famiglie si ritrovano in un caffè locale per pomeriggi di giochi da tavolo, attività artistiche e sport all’aperto, mentre il giovedì viene organizzata un'ora creativa in un wine bar, tra libri, lavori a maglia e disegni. Il progetto ha subito trovato il sostegno dei concittadini Il progetto ha trovato subito il sostegno della comunità. In tanti, ha raccontato Jane, sentono il bisogno di spazi liberi da schermi: "Gli adolescenti sono intrappolati, ma basta che vedano altre persone simili a loro per capire che c'è un’alternativa".

Jane e Ian. Credits: Instagram/@kiamaunplugged
Jane e Ian. Credits: Instagram/@kiamaunplugged

Imparare ad annoiarsi

Un altro punto centrale del progetto è restituire valore alla noia. Secondo Jane, i bambini desiderano staccarsi dagli schermi, ma spesso non ne hanno l'occasione. Quando i suoi figli hanno iniziato jujitsu, ha raccontato la donna, portavano con loro giochi e colori mentre altri coetanei passavano il tempo sui telefoni. Poco a poco, gli altri hanno cominciato a unirsi a loro, finché la maggior parte ha abbandonato i dispositivi per giocare a carte o leggere.

"Non giudico i genitori", ha chiarito Jane, "a volte quel quarto d’ora di pace può essere vitale. Ma non possiamo ridurre l’infanzia a un tempo riempito da uno schermo. È giusto che un bambino si annoi, che impari a inventarsi qualcosa". Un'idea molto simile a quella che questa estate ha portato molti genitori, soprattutto negli Stati Uniti, ad abbracciare la pratica del kid rotting: rinunciare a programmare ogni attività delle vacanze e lasciare i figli “macerare” nella noia (in inglese to rot significa “marcire”), con l’obiettivo di stimolare una reazione e spingerli a ricorrere alla propria creatività per riempire le giornate.

Ora per Jane e Ian il passo successivo sarà quello di condividere l’esperienza con altre comunità, con l’obiettivo di arrivare a una rete nazionale di iniziative simili. Secondo la coppia, infatti, il cambiamento richiede la stessa consapevolezza che ha portato a vietare il fumo sugli aerei o a rendere obbligatorie le cinture di sicurezza: "Nessuno ha consegnato i telefoni ai ragazzi immaginando i danni che avrebbero causato. Ora lo sappiamo e dobbiamo riprenderci un po' di potere".

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