Il batterio nel biberon che ha ucciso due neonati a Bolzano può proliferare in casa? La risposta dell’esperta

A Bolzano due neonati hanno perso la vita a causa di un’infezione da Serratia marcescens, un batterio che ha contaminato tettarelle e biberon utilizzati all’interno dell’ospedale. Un caso che ha scosso l’opinione pubblica, riaccendendo l’attenzione sulla sicurezza delle strutture sanitarie e sul rischio rappresentato dalle infezioni ospedaliere. La Serratia è infatti un microrganismo insidioso, capace di diffondersi in ambienti umidi e di colpire soggetti particolarmente fragili come i neonati. Per fare chiarezza su quanto accaduto e comprendere se il pericolo possa riguardare anche la quotidianità domestica, Fanpage.it ha intervistato la professoressa Susanna Esposito, direttrice della Clinica pediatrica dell’Università di Parma e responsabile del tavolo tecnico malattie infettive e vaccinazioni della Società Italiana di Pediatria.
Professoressa, che cos’è Serratia marcescens e perché può rappresentare un pericolo nei reparti ospedalieri?
Serratia marcescens è un batterio gram-negativo della famiglia delle Enterobatteriacee. Il suo nome e la sua definizione derivano dalla caratteristica di produrre un pigmento rosso molto intenso, che può lasciare tracce visibili sulle superfici. È un microrganismo ubiquitario (che si può trovare in molti ambienti differenti, N.d.R), ma predilige i luoghi umidi, come i bagni e le doccce. Questo spiega perché, se non vengono rispettate procedure rigorose di igiene, può annidarsi anche in contesti sanitari che dovrebbero restare sterili.
Dove può nascondersi all'interno degli ospedali, che pur dovrebbero essere luoghi asettici?
Nelle terapie intensive, in particolare, dove convivono apparecchiature complesse e pazienti fragili. Serratia marcescens può infatti svilupparsi su superfici e dispositivi che restano a contatto con l’umidità: i lavandini, i dispenser di disinfettanti, i tubi per la ventilazione meccanica, i cateteri o i tubi per la nutrizione enterale. Nonostante le procedure di sterilizzazione, la sua capacità di persistere in questi contesti lo rende insidioso. I neonati prematuri, soprattutto quelli con peso molto basso, sono i soggetti più vulnerabili perché hanno un sistema immunitario immaturo e spesso necessitano di dispositivi invasivi per la sopravvivenza.

Può capitare che questo batterio proliferi anche in casa?
In verità è molto improbabile. In un ambiente domestico mantenuto pulito e con una corretta igiene non ci sono condizioni favorevoli alla proliferazione. Serratia marcescens è infatti molto sensibile ai comuni prodotti per le pulizie: basta la candeggina per eliminarlo. I rischi aumentano solo in contesti trascurati, con ristagni d’acqua o accumuli di materiale organico, ad esempio in bagni o docce non puliti regolarmente.
Quali segnali possono far sospettare la sua presenza tra le mura domestiche?
Talvolta si possono notare striature o macchie di colore rosso-rosato nelle fughe delle piastrelle, attorno ai rubinetti o nei box doccia. Non si tratta necessariamente di Serratia marcrscens, ma si tratta comunque un segnale che richiede un intervento di pulizia e disinfezione, meglio se con prodotti a base di cloro.
Passiamo all’igiene degli strumenti usati per l’alimentazione dei neonati: quali regole è bene ricordare?
Le tettarelle e i biberon vanno sempre sterilizzati. Oggi esistono sterilizzatori elettrici molto pratici, che raggiungono temperature adeguate a distruggere qualsiasi microrganismo. Anche la lavastoviglie può essere un valido alleato: i cicli ad alte temperature sono sufficienti per abbattere i batteri. Serratia marcrscens, per esempio, cresce a una temperatura compresa tra 5 e 40 gradi, ma viene inattivata facilmente con trattamenti termici più elevati. Rispettando i protocolli di igiene e mantenendo le normali regole di pulizia e sterilizzazione per gli strumento che entrano a contatto con i neonati, si può abbattere notevolmente il rischio di infezioni.