video suggerito
video suggerito

I conti delle tate di lusso: “Arrivano anche a 7.000 euro al mese ma spesso la loro vita si annulla”

La tata è una professionista che unisce competenza, dedizione e presenza costante nella crescita dei bambini. Un lavoro ben retribuito ma impegnativo, che richiede disponibilità totale e capacità di mantenere un delicato equilibrio tra affetto e professionalità. Fanpage.it ne ha parlato con Sara Morelli, titolare di un’agenzia che da anni si occupa del reclutamento di tate e babysitter. Gli stipendi sono alti, certo. Ma le condizioni di lavoro possono diventare molto complesse.
A cura di Niccolò De Rosa
0 CONDIVISIONI
Immagine

Nel mondo di oggi, dove il lavoro assorbe gran parte del tempo di entrambi i genitori, chi può permetterselo sceglie sempre più spesso di affidarsi a una tata. Una figura che non è solo un aiuto pratico, ma anche una presenza costante e competente nella crescita dei figli. Fanpage.it ha intervistato Sara Morelli, titolare di una storica agenzia milanese attiva dal 1995 nel reclutamento di tate e babysitter, per scoprire da vicino come funziona questo mondo.

"La professione della tata è una necessità per le famiglie dove entrambi i genitori lavorano e non possono contare sui nonni", spiega Morelli. "È un lusso, certo, ma anche una forma di sopravvivenza per conciliare vita privata e carriera". E in effetti assumere e stipendiare una professionista del genere non è alla portata di tutti, visto che una tata convivente può arrivare a guadagnare da 2.500 fino a 7.000 euro al mese, a seconda della disponibilità, delle competenze e del numero di bambini.

Non sempre però la decisione di ricorrere a un servizio tanto costoso è dettata da esigenze pratiche. Qualcuno gradisce avere la "bambinaia" perché rappresenta uno status symbol: "Esistono famiglie signorili dove la mamma, pur non lavorando, mantiene la tradizione di avere una tata, anche solo per ragioni di rappresentanza o perché i genitori viaggiano spesso. È una figura che racconta uno stile di vita". Gli uomini? Non pervenuti nel racconto di Sara Morelli.

Un lavoro totale, fatto di responsabilità e dedizione

La differenza tra babysitter e tata è sostanziale: "La babysitter lavora a ore, la tata si dedica completamente alla crescita del bambino, spesso dai primi giorni della nascita in avanti". Chi sceglie di fare questo mestiere deve accettare un regime di convivenza e disponibilità totale: giornate di riposo irregolari (o inesistenti), ferie programmate in base agli impegni della famiglia e la necessità di adattarsi a orari flessibili. La retribuzione cresce anche in base alle responsabilità: una tata che assiste gemelli o segue i bambini giorno e notte può arrivare a guadagnare quanto un manager di medio livello.

Il profilo ideale è quello di una donna matura, libera da vincoli familiari e in ottima salute. "È più facile che una tata convivente sia nubile o comunque libera da impegni affettivi, perché entra a far parte della famiglia in un rapporto di sostanziale subordinazione", spiega Morelli, che delinea un identikit del prototipo di tata più comune: cinquantenne, spesso straniera (soprattutto sudamericana), senza figli o con figli già grandi.

Anche le competenze richieste sono poi molteplici: corsi di puericultura, certificazioni di primo soccorso pediatrico, conoscenza di lingue straniere e, in molti casi, titoli di studio comparabili almeno al nostro diploma delle superiori. Oltre alla professionalità, però, contano molto anche le referenze. "Se una tata ha lavorato per famiglie conosciute o con cognomi importanti, questo le dà più credibilità e un compenso maggiore".

Formazione continua e un mercato competitivo

Molte tate frequentano corsi di formazione specialistici che preparano le nuove professioniste del settore con percorsi mirati e specializzanti. "È un investimento che però viene recuperato in un solo mese di lavoro", osserva Morelli. Nonostante la professionalizzazione crescente, resta un settore competitivo e, in certi casi, spietato. "C'è una vera giungla: famiglie che si contendono le migliori tate, e tate che ricevono proposte più alte e cambiano casa all’improvviso. Una tata che lavora in una famiglia può essere avvicinata al parco e ricevere un’offerta doppia. E non sempre resiste".

È proprio qui che intervengono agenzie come quella di Morelli, le quali non solo mettono in contatto i clienti con le professioniste, ma svolgono un lavoro di analisi e selezione per creare abbinamenti su misura: "Ogni ricerca è sartoriale. Si ascoltano i genitori, si capisce il loro stile di vita e poi si propone la figura più adatta. È un lavoro di fiducia, perché una tata sbagliata può destabilizzare l'intera famiglia".

Tra affetto e professionalità: un equilibrio delicato

Badare a un bambino, nutrirlo, vestirlo e, molto spesso, contribuire alla sua educazione sono mansioni che, inevitabilmente, comportano un investimento emotivo, oltre che professionale. Il rapporto che si crea tra la tata e la famiglia è spesso molto stretto, al punto da assumere sfumature affettive. "Le collaboratrici entrano nell'intimità della casa e vivono dinamiche complesse. Quando una coppia si separa, o cambia città, o non può più mantenerla, spesso la tata soffre quanto i bambini", racconta Morelli.

Nonostante l’attaccamento che può nascere, la tata non sostituisce però la figura materna. "È un supporto, un appoggio", sottolinea l'imprenditrice. "La qualità del tempo che la mamma trascorre con i figli non dipende dalla quantità di ore, ma dal modo in cui le vive. Tuttavia, molte madri, specie nei contesti più esigenti, si affidano alle tate per poter restare performanti anche sul lavoro o nella vita sociale".

Questo aspetto può diventare anche fonte di tensione tra la tata e i genitori. Può accadere, infatti, che la professionista, vivendo a stretto contatto con la famiglia, venga percepita come una presenza quasi ingombrante. "A volte, quando un genitore è poco presente, la tata può cercare di offrire consigli o suggerimenti che, se interpretati nel modo sbagliato, fanno sentire il genitore giudicato o persino spodestato del proprio ruolo. In molti casi, questo porta a una frattura insanabile e all'allontanamento e sostituzione della tata".

Insomma, per quanto rigido e strutturato da elevate richieste professionali, il mestiere della tata resta profondamente umano e importante per i piccoli assistiti. "Non credo che potrà mai essere sostituita dall'intelligenza artificiale", afferma Morelli con convinzione. "Una tata non è solo una professionista: è un punto di riferimento, una presenza fisica ed emotiva che accompagna la crescita di un bambino. E questo non lo si può programmare".

0 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views