“I compiti delle vacanze sono inutili e dannosi, l’estate serve a riposare”: la parola al pediatra

Come ogni estate, la fine della scuola riaccende il dibattito sui compiti delle vacanze, un irrinunciabile rito scolastico che però non manca di dividere insegnanti e famiglie. Il pediatra Italo Farnetani, saggista e professore ordinario di Pediatria dell'università Ludes-United Campus of Malta, da anni si batte apertamente contro questa abitudine che definisce non solo inutile, ma anche dannosa per bambini e ragazzi. "Le vacanze sono nate per far riposare gli alunni – ha spiegato a Fanpage.it – Devono servire a recuperare le energie dopo mesi di lavoro mentale intenso. Non sono un lusso, ma un diritto, come lo è per tutti i lavoratori".
Secondo Farnetani, infatti, assegnare compiti estivi significa impedire un vero stacco dalla scuola e ostacolare un apprendimento più autentico e diversificato, che proprio nei mesi liberi dovrebbe trovare maggiore spazio per arricchire e sostenere la crescita dei giovani.
Perché ritiene i compiti delle vacanze non solo inutili, ma anche dannosi per i bambini e i ragazzi?
Le vacanze nascono per dare agli alunni la possibilità di recuperare dalle fatiche scolastiche e sviluppare resilienza, riprendendosi dallo stress dell'anno appena vissuto. Studiare è infatti un lavoro mentale considerevole e dopo lo sforzo si richiede necessariamente una pausa. È come con l’auto: se fai Milano-Reggio Calabria in un’unica tirata, alla fine fondi il motore. Allo stesso modo il cervello ha bisogno di riposo. Oltre a ciò, i compiti impediscono ai ragazzi di staccare davvero la spina, costringendoli a trascinarsi dietro lo stress scolastico e il pensiero degli esercizi ancora da finire lungo tutta l’estate. Con le alte temperature, poi, è ancora più difficile studiare, e il risultato è che, quasi sempre, ci si applica svogliatamente e male. E poi, parliamoci chiaro, a settembre sono molto pochi gli insegnanti che, con tutto quello che c'è da fare, si mettono a controllare gli esercizi svolti durante l'estate, quindi chi si è impegnato finisce anche per sentirsi preso in giro.

Non c’è pericolo che una pausa così lunga porti i ragazzi a dimenticare quanto imparato durante l’anno?
No, questo timore è infondato. L’apprendimento si basa sulla memoria a lungo termine, che non svanisce in tre mesi. Durante l’anno scolastico, nelle ore pomeridiane in cui si studia davvero, si fissano le nozioni a lungo termine. Se un ragazzo è stato promosso, significa che ha imparato bene. Chi non ha imparato, invece, non lo farà certo con qualche compito estivo, anche perché non ci sarà nessun insegnante che potrà affiancarlo e aiutarlo correggendone gli errori. La memoria a lungo termine si chiama così proprio perché non scade a giugno. È la stessa memoria che ci permette di ricordare cose apprese da bambini anche in età avanzata, quando magari si perde quella a breve termine. Quindi i genitori stiano tranquilli: non c’è nessuna perdita di apprendimento, o summer learning loss, come dicono gli inglesi.
Lei sarebbe favorevole a rivedere i calendari scolastici accorciando le vacanze estive e spalmandole sul resto dell’anno?
No, sono contrario. Capisco il problema organizzativo per le famiglie, ma quella è una questione di welfare: bisogna creare strutture di accudimento serie e ben organizzate, non prolungare la scuola. Le vacanze devono restare libere da obblighi scolastici perché servono proprio a fare un altro tipo di apprendimento, diversamente orientato, come lo sport o le attività all’aria aperta. Accorciare le vacanze estive vorrebbe dire costringere i bambini a frequentare la scuola nei periodi più caldi, cosa che andrebbe contro la loro salute e la capacità di concentrazione. Semmai per me sarebbe più utile accorciare le vacanze di Natale, che interrompono i ritmi di apprendimento in mesi più adatti alla scuola. E poi bisogna pensare anche alla continuità didattica: troppe interruzioni durante l’anno romperebbero l’allenamento allo studio.

Quali sono le attività estive che offrono un valore formativo?
L’estate è perfetta per imparare cose diverse rispetto alla scuola. Prima di tutto lo sport. Io consiglio sempre il nuoto, che oltre ad essere un'abilità utile in un Paese marittimo come il nostro, soddisfa anche una questione di sicurezza, visto che solo un terzo dei bambini italiani sa nuotare in modo sufficiente. Portarli in piscina o al mare è un investimento sulla loro salute e sulla loro autonomia. Poi ci sono altre attività sportive, dall’equitazione al calcio, tutte ottime per il corpo e per la socialità. Quanto alla lettura, io amo i libri – ne ho 12.000 in casa e ne ho scritti più di 30 – ma non si può imporla per decreto. La lettura dovrebbe nascere come piacere, meglio se coltivata già durante l’anno scolastico. In estate ha senso proporre romanzi di formazione o libri leggeri, ma sempre come consiglio, non come obbligo. Perché invece non approfittare del periodo per stimolare i ragazzi nella scoperta del luogo in cui vivono, visitandone i quartieri, ammirandone le opere d'arte e facendoli appassionare con storie curiose. Insomma, le vacanze devono servire a scoprire ambienti nuovi, persone diverse, nuovi stili di vita. Questo è l'unico apprendimento che vale davvero in estate.