I casi di allergia alle arachidi stanno diminuendo: il motivo sono le nuove indicazioni per i bambini

Negli ultimi vent’anni, le allergie alimentari sono aumentate in modo preoccupante: solo negli Stati Uniti, oltre 33 milioni di persone ne soffrono, di cui più del 2% dei bambini presenta una reazione specifica alle arachidi. Le conseguenze di un simile boom vanno ben oltre la pura statistica, con scuole, asili e persino compagnie aeree che hanno dovuto rivedere le proprie regole alimentari per ridurre i rischi di esposizione. Per contrastare questa inesorabile avanzata, i pediatri hanno a lungo consigliato – anzi, raccomandato – ai genitori di evitare di dare ai bambini piccoli alimenti potenzialmente allergenici, come le arachidi, fino ai tre anni di età. Si pensava che il ritardo potesse ridurre i rischi. Oggi, però, si sa che è vero il contrario e anzi, le nuove linee guida sembrano aver trovato una chiave di volta per ridurre le allergie alimentari tra i più piccoli
A ribaltare le certezze è stato il celebre studio LEAP (Learning Early About Peanut Allergy), pubblicato nel 2015 sul New England Journal of Medicine dal professor Gideon Lack del King’s College di Londra. I suoi risultati, salutati come una piccola rivoluzione, hanno dimostrato come l'introduzione di prodotti a base di arachidi già nella dieta dei bambini molto piccoli riduceva l'80% del rischio di sviluppare un'allergia in futuro. Le evidenze furono così solide da spingere gli organismi sanitari internazionali, tra cui il National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), ad ampliare nel 2017 nuove linee guida nelle quali, in buona sostanza, si raccomandava ai bambini a rischio di allergie di assaggiare gli alimenti contenenti arachidi già a partire dai primi mesi di vita. A dieci anni da quella scoperta, i dati ora confermano come il cambiamento non sia rimasto semplicemente sulla carta. Una nuova ricerca, pubblicata sulla rivista Pediatrics e coordinata dal dottor David Hill, allergologo del Children's Hospital di Philadelphia, ha infatti mostrato un calo significativo dei casi di allergia alle arachidi tra i bambini americani.
Dalla teoria alla realtà: 60.000 casi evitati
Analizzando le cartelle cliniche di oltre 120.000 bambini in decine di studi pediatrici, Hill e i suoi colleghi hanno osservato un calo del 27% delle allergie alle arachidi tra il 2015 e il 2017, e addirittura del 40% dopo l’adozione estesa delle nuove raccomandazioni. In termini concreti, si stima che circa 60.000 bambini abbiano evitato di sviluppare un'allergia potenzialmente pericolosa, 40.000 bambini dei quali avrebbero sviluppato proprio un tipo di allergia alle arachidi. "Per la prima volta, sembra che siamo riusciti a mettere un freno all'epidemia di allergie alimentari", ha spiegato Hill ai media americani. "Oggi possiamo dire che ci sono meno bambini allergici rispetto a quanti ce ne sarebbero stati se non avessimo cambiato approccio".
Come funziona la protezione precoce
Il meccanismo alla base di questo effetto protettivo è legato alla "tolleranza immunologica". In pratica, l’esposizione precoce e graduale a un allergene "insegna" al sistema immunitario del neonato a riconoscere la sostanza come innocua, anziché come una minaccia. È lo stesso principio per cui l’organismo impara a non reagire in modo anomalo a un alimento comune.

Per questo, le linee guida, aggiornate nuovamente nel 2021, invitano i genitori a introdurre piccole quantità di alimenti potenzialmente allergenici tra i quattro e i sei mesi, anche senza test preventivi. Tali introduzioni non devono ovviamente stravolgere il regime alimentare dei piccoli, anche perché l'Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda sempre l'allattamento esclusivo al seno per almeno i primi sei mesi di vita del bambino: bastano piccoli assaggi di creme di frutta o yogurt contenente l'allergene, ha spiegato Hill, per abituare il sistema immunitario a simili alimenti.
Una cultura da cambiare
Nonostante i risultati incoraggianti, la piena applicazione delle linee guida sembra però un processo ancora in corso. Stando ai dati rilevati dalla stessa analisi di Pediatrics, solo il 29% dei pediatri e il 65% degli allergologi dichiara di seguire alla lettera le raccomandazioni del 2017. Tra i motivi di questa lenta diffusione sono stati citati soprattutto la prudenza dei genitori e la confusione iniziale degli stessi medici, abituati per decenni ad adottare e suggerire la strategia diametralmente opposta. Molte famiglie, inoltre, temono che dare arachidi a un neonato possa essere pericoloso, soprattutto se in casa ci sono altri membri allergici. Una diffidenza comprensibile, ma che la scienza invita a superare con gradualità, affidandosi senza pregiudizi alla guida del pediatra.
Sebbene lo studio presenti alcuni limiti – come riconoscono gli stessi autori, l'indagine non considera le abitudini alimentari complessive dei bambini esaminati e si basa su database che potrebbero non riflettere con precisione la reale diffusione dell'allergia – la comunità scientifica appare comunque concorde nel considerare questi risultati un ulteriore incentivo a proseguire sulla strada dell'esposizione precoce agli allergeni, per prevenire reazioni del sistema immunitario capaci di influenzare in modo significativo la qualità di vita di una persona.