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I bambini meno ricchi invecchiano prima, lo studio: “Essere poveri diventa anche uno svantaggio biologico”

Uno studio dell’Imperial College di Londra rivela che i bambini provenienti da famiglie meno abbienti mostrano segni di invecchiamento cellulare precoce. Livelli più alti di cortisolo (l’ormone dello stress) e un indebolimento delle strutture a protezione del DNA indicano come le disuguaglianze economiche comportino un impatto biologico già nei primi anni di vita.
A cura di Niccolò De Rosa
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Crescere in una famiglia meno abbiente può accelerare l’invecchiamento nei bambini. Lo rivela uno studio condotto dall’Imperial College di Londra che getta nuova luce su come le disuguaglianze economiche non si limitino a incidere sullo stile di vita, ma influenzino anche la salute biologica sin dai primi anni di vita, accelerando il processo di deterioramento delle cellule dei più piccoli.

Lo studio: tra affluenza familiare e salute cellulare

Gli autori della ricerca e pubblicata sulla rivista The Lancet hanno analizzato i dati di 1.160 bambini, di età compresa tra i sei e gli undici anni, provenienti da diversi Paesi europei. A ciascun bambino è stato attribuito un punteggio in base a una scala internazionale del livello di benessere familiare, che considera aspetti come il possesso di una stanza propria o il numero di automobili in famiglia. Sulla base di questi criteri, i bambini sono stati suddivisi in tre gruppi: basso, medio e alto livello di affluenza. Successivamente, gli studiosi hanno misurato due indicatori biologici: la lunghezza dei telomeri — strutture genetiche che proteggono il DNA e si accorciano con l’età — e il livello di cortisolo, l’ormone dello stress, rilevato tramite analisi delle urine.

Telomeri più corti nei bambini meno abbienti

Il dato più significativo riguarda proprio la lunghezza dei telomeri. Nei bambini appartenenti al gruppo con maggiore affluenza, i telomeri risultavano in media più lunghi del 5 per cento rispetto a quelli dei bambini del gruppo a più bassa affluenza. Una differenza che, secondo i ricercatori, corrisponde a circa dieci anni di invecchiamento cellulare. Anche il peso corporeo sembra influire negativamente – e in modo direttamente proporzionale – su questo indicatore: per ogni aumento dell’1 per cento nella massa grassa, la lunghezza dei telomeri diminuiva dello 0,18%. Le bambine, in generale, mostravano telomeri più lunghi rispetto ai coetanei maschi.

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Lo stress come possibile mediatore

Anche i livelli di cortisolo confermano un quadro di maggiore stress nei bambini meno abbienti. Questi ultimi presentavano concentrazioni di cortisolo più alte rispetto ai coetanei dei gruppi a medio e alto reddito, che mostravano valori inferiori dal 15% al 22%.  "Sappiamo che l’esposizione cronica allo stress causa un deterioramento biologico",ha spiegato Kendal Marston, prima autrice dello studio. "Questo è stato dimostrato anche in studi sugli animali, dove i soggetti sottoposti a stress mostravano telomeri più corti".

L’ambiente conta, ma non cambia il DNA

Gli autori dello studio precisano che i bambini esaminati non vivevano in condizioni di povertà estrema, ma che i risultati non vanno interpretati come una valutazione della "qualità" genetica. Piuttosto, lo studio mette in luce come l’ambiente e le condizioni di vita possano influenzare marcatori biologici legati all’invecchiamento e alla salute futura. A tal proposito il professor Oliver Robinson, autore senior dello studio, ha dichiarato:

"I nostri risultati mostrano una chiara relazione tra benessere familiare e un marcatore noto dell’invecchiamento cellulare. Significa che per alcuni bambini, le condizioni economiche possono costituire uno svantaggio biologico fin dai primi anni di vita".

Uno svantaggio che dura tutta la vita

Il rischio, secondo gli esperti, è che questi segnali precoci possano tradursi in conseguenze durature, con un impatto sulla salute fisica e sull’aspettativa di vita. "Stiamo tracciando un percorso — ha concluso Robinson — in cui i bambini meno fortunati potrebbero affrontare una vita meno sana e più breve. Non intervenire significa accettare che lo svantaggio sociale si trasformi anche in uno svantaggio biologico".

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