I bambini che crescono in quartieri difficili fanno più fatica ad emozionarsi: la ricerca

Crescere in un quartiere difficile non influisce solo sulla qualità della vita quotidiana, ma può lasciare tracce più profonde, incidendo sullo sviluppo emotivo e neurologico dei bambini. Un nuovo studio condotto dalla Binghamton University (State University of New York) suggerisce che vivere in aree segnate da povertà, criminalità e scarse risorse può influenzare non solo le possibilità di affermazione sociale e di successo economico, ma anche il modo in cui il cervello dei più piccoli risponde alle esperienze positive e negative. Un effetto che, secondo i ricercatori, risulta particolarmente evidente nei bambini già predisposti alla depressione per motivi familiari.
L’impatto del contesto sul cervello dei bambini
La ricerca, pubblicata su Research on Child and Adolescent Psychopathology, ha coinvolto oltre 200 bambini di età compresa tra i 7 e gli 11 anni. I ricercatori hanno raccolto informazioni sui quartieri in cui vivevano i partecipanti – utilizzando il codice postale come indicatore di condizioni socioeconomiche, livello di criminalità e accesso a beni e servizi, come scuole e luoghi di aggregazione – e hanno verificato se nei loro nuclei familiari ci fossero precedenti di depressione maggiore. Successivamente, i bambini sono stati sottoposti a un semplice gioco con premi e perdite in denaro simboliche, mentre un elettroencefalogramma registrava l'attività cerebrale.

I risultati hanno mostrato che i bambini che vivevano in aree più svantaggiate avevano una reazione cerebrale attenuata sia ai premi che alle perdite. Questa risposta "spenta", però, si verificava soprattutto nei bambini con una storia familiare di depressione. Come ha spiegato il professor Brandon Gibb, coordinatore dello studio, "quando accade qualcosa di buono o di cattivo, il nostro cervello reagisce, e possiamo misurare quell’attività. Ma vivere in un contesto cronicamente stressante può indebolire queste reazioni".
Perché le emozioni contano
Un cervello che reagisce poco agli stimoli – positivi o negativi – può essere un segnale di rischio. "Vogliamo che i bambini si emozionino quando accade qualcosa di bello: è quella reazione che li spinge a partecipare, a cercare nuove esperienze, a costruire relazioni", ha sottolinea Gibb. Quando l’ambiente circostante è segnato da insicurezza, povertà o instabilità, invece, il messaggio implicito che può passare è che non vale la pena entusiasmarsi, né abbattersi troppo. Un atteggiamento che, se diventa cronico, può aprire la strada a importanti disturbi dell’umore. Questo fenomeno è apparso ancora più marcato nei bambini con una predisposizione genetica o familiare alla depressione.
Come chiarito dalla ricercatrice Elana Israel, finora gli studi si sono concentrati prevalentemente sugli eventi traumatici vissuti in prima persona, mentre questo lavoro dimostra che anche lo stress ambientale – indipendentemente dal coinvolgimento diretto – può alterare il funzionamento del cervello in via di sviluppo.
Prospettive future e implicazioni sociali
Il team di ricerca ha già avviato una nuova fase dello studio per analizzare cosa accade quando i bambini si trasferiscono in quartieri con caratteristiche diverse. L’obiettivo è capire se e come il cambiamento di contesto possa influenzare la risposta cerebrale e il rischio di depressione. Inoltre, i ricercatori intendono ampliare l’indagine agli adolescenti, per verificare se lo stesso meccanismo si attiva anche in risposta a dinamiche sociali, come l’accettazione o il rifiuto da parte dei pari.
Al di là dei dati scientifici, lo studio ha però dimostrato quanto migliorare la qualità dei quartieri in cui vivono i bambini sia una questione di salute mentale, oltre che di equità sociale. "Queste caratteristiche ambientali possono influenzare i ragazzi anche se non ne sono direttamente coinvolti – ha concluso Gibb –. Per questo è fondamentale intervenire sulle comunità, creando contesti che favoriscano benessere e sviluppo".