Depressione in adolescenza: sintomi e come riconoscerla

La depressione in età adolescenziale è una condizione reale, complessa e purtroppo in crescita. Non si tratta soltanto di “umori altalenanti” tipici della crescita: è una forma di sofferenza psichica che può comparire sempre più precocemente, anche intorno agli 11-12 anni, con un impatto importante sul funzionamento quotidiano. "La depressione infantile e adolescenziale esiste e, rispetto a decenni fa, si manifesta sempre più precocemente", ha spiegato a Fanpage.it la professoressa Daniela Chieffo, docente di Psicologia Generale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttrice di Psicologia Clinica presso il Policlinico Gemelli. Comprendere i segnali di allarme può pertanto permette di intervenire per tempo, aiutando i ragazzi a ricevere il supporto necessario.
Sintomi della depressione adolescenziale: come si manifesta
La depressione negli adolescenti si esprime attraverso cambiamenti importanti, che vanno oltre le normali oscillazioni emotive della crescita. Secondo la professoressa Chieffo, "possiamo intercettarla precocemente attraverso alcuni indicatori di rischio", come variazioni improvvise dei ritmi psico-biologici: disturbi del sonno e dell’alimentazione, che funzionano da "termometri dello stress" vissuto dal ragazzo. Altri segnali generali includono la tendenza al ritiro sociale, la perdita di interesse per attività un tempo piacevoli, un insolito calo del rendimento scolastico, irritabilità marcata, ansia e difficoltà nella regolazione emotiva. Anche comportamenti di tipo ansioso-depressivo, che rendono difficile l’inserimento nel gruppo dei pari, possono costituire campanelli d’allarme: "I tratti che non permettono di integrarsi con i coetanei possono evolvere rapidamente verso forme di alienazione", spiega Chieffo.

Tra i sintomi osservati negli ultimi anni, l’esperta segnala anche la comparsa di comportamenti ossessivo-compulsivi, come forme di manierismo (ossia un modo di comportarsi e esprimersi privo di spontaneità), rituali o meccanismi di controllo che finiscono per isolare ulteriormente il ragazzo, portandolo anche a sofferenze significative.
I segnali specifici dell’adolescenza
Oltre ai sintomi comuni della depressione, ci sono manifestazioni particolarmente rilevanti in questa fascia d’età. Un segnale grave e, purtroppo, piuttosto diffuso è ad esempio l’autolesionismo, ossia condotte di aggressione verso il proprio corpo che, come ricorda la professoressa, rappresentano una forma di comunicazione della sofferenza: "I ragazzi spesso ci raccontano che non riuscendo a dire a nessuno che stanno soffrendo utilizzano il self-cutting (tagli auto-inflitti, ndr). È qualcosa di visibile, spesso graffi più o meno profondi, ed è una forma intrinseca di richiesta di aiuto". Non su tratta dunque di un semplice getso per attirare l'attenzione, ma di un disagio ben più profondo e radicato nel tempo.
L’adolescenza rimane inoltre una fase di "rinegoziazione degli aspetti ormonali, neuroendocrini e dei neurotrasmettitori", con variazioni nella serotonina e dopamina che possono influenzare umore e comportamento. Per questo un certo grado di irritabilità o chiusura può essere fisiologico, ma quando i sintomi cambiano radicalmente la qualità della vita quotidiana, è importante non sottovalutarli.

Come possono intervenire i genitori e quando rivolgersi a un esperto
Riconoscere la depressione in un adolescente non è sempre facile, soprattutto perché può confondersi con la normale turbolenza emotiva di questa età. "Il sintomo può essere temporaneo", spiega Chieffo, "ma quando questo ha un impatto duraturo sulle prestazioni scolastiche, sul sonno, sull'alimentazione o sulla regolazione del comportamento, bisogna considerarlo un segnale di allarme".
Cosa fare in questi casi? Innanzitutto ascoltare e osservare: i genitori possono cogliere cambiamenti marcati nei ritmi di sonno e alimentazione, isolamento sociale, perdita di interesse per attività abituali, calo scolastico, comportamenti autolesivi. Di fronte a questi segnali, l’esperta raccomanda di chiedere aiuto: "Sicuramente bisogna chiedere una consulenza a uno specialista, che sia un neuropsichiatra, uno psicologo, oppure rivolgersi alla scuola, al pediatra o al medico di base".
Spesso infatti si tende a minimizzare, interpretando certi gesti come una forma di egocentrismo o ricerca di attenzione. Ma, come avverte la professoressa Chieffo, "bisogna uscire da questa lettura riduttiva: un ragazzo che si fa male o che non dorme e non mangia sta comunicando un dolore che non riesce a esprimere in altro modo".