Dare soldi alle neo-mamme facilita l’allattamento e migliora la salute dei bebè: lo dice un nuovo studio

Sostenere economicamente le madri nel periodo successivo alla nascita di un figlio può favorire l’allattamento e, di conseguenza, migliorare la salute dei più piccoli. È quanto emerge da un recente studio della Boston University School of Medicine che ha analizzato la salute post partum negli Stati Uniti – Paese che registra i tassi di mortalità materna più alti tra le nazioni ad alto reddito, con oltre la metà dei decessi legati alla gravidanza che avvengono nel primo anno dopo il parto – offrendo spunti preziosi anche per altri Paesi impegnati a potenziare i servizi a sostegno della maternità e della prima infanzia.
Come appurato dai ricercatori, a contribuire alla particolare situazione americana sono soprattutto fattori sociali ed economici, come il reddito e l'accesso ai servizi. In questo contesto, il gruppo di studio dell'Ateneo di Boston ha condotto una revisione sistematica per capire se e in che modo gli aiuti economici diretti — chiamati unconditional cash transfers (UCTs) — possano influenzare la salute delle donne nel periodo successivo al parto. Il risultato? Dare soldi alle famiglie può davvero migliorare le condizioni di partenza di una nuova vita.
Aiuti economici, più allattamento
La revisione ha preso in esame undici pubblicazioni relative a sei studi condotti negli Stati Uniti, focalizzati su diversi tipi di UCT: dai crediti d’imposta ai sussidi di invalidità, fino ai trasferimenti diretti di denaro alle neomamme con basso reddito. I dati raccolti hanno così mostrato una chiara associazione tra ricezione di questi aiuti e un aumento significativo aumento della pratica dell’allattamento al seno. Un risultato tutt’altro che marginale: l’allattamento, infatti, non solo apporta benefici al neonato – non a caso l'Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda l'allattamento esclusivo al seno per almeno i primi sei mesi di vita di un bambino– ma per la madre riduce anche il rischio di sviluppare ipertensione, diabete, tumori al seno e all’ovaio.

Secondo Sahar Choudhry, responsabile operativo di StreetCred al Boston Medical Center e prima firmataria dello studio, "gli UCT permettono ai genitori di coprire le spese più onerose dopo il parto, alleviando lo stress finanziario e consentendo loro di riposare e costruire un legame più forte con il proprio bambino". Questo, a lungo termine, si traduce in una società più sana, con famiglie più forti e meno ricoveri ospedalieri.
I soldi non aiutano l'umore
Se i sostegni economici sembrano offrire un supporto tangibile per ciò che riguarda l'alimentazione e la "salute del corpo", diversa è la situazione per quanto riguarda un altro elemento molto imporrante nella fase post partum, ossia l’umore materno. I ricercatori hanno infatti rilevato che gli aiuti economici producono effetti minimi — o nulli — sui sintomi depressivi delle neomamme. Alcuni degli studi esaminati ipotizzano che la ragione di ciò risieda negli importi troppo esigui dei sostegni alla genitorialità o nella durata dell’osservazione, troppo breve per poter cogliere cambiamenti significativi. La depressione post-partum, quindi, resta un’area ancora poco esplorata in relazione agli interventi economici, e richiede studi più approfonditi.

Dati mancanti e raccomandazioni future
Un’altra lacuna evidenziata dalla revisione riguarda la raccolta dei dati: troppo spesso gli studi sugli UCT tralasciano esiti fondamentali del post-partum, come le complicanze legate al parto, la salute cardiovascolare e il benessere psicologico. Per colmare queste mancanze, i ricercatori auspicano una maggiore collaborazione tra medici e scienziati sociali, così da progettare interventi più efficaci e guidare le politiche pubbliche verso una maggiore tutela della salute materna.