Cosa significa essere mamme e papà positivi: i consigli dell’esperta sulla nuova frontiera della genitorialità

Sempre più famiglie, soprattutto dopo periodi difficili o di crisi, stanno scoprendo un nuovo approccio educativo, vicina alla genitorialità gentile, tanto in voga di questi tempo, ma con alcune peculiarità specifica. È la cosiddetta genitorialità positiva, un modo di avvicinarsi ai compiti educativi di mamme e papà che, a differenza dell'approccio "gentile" – più simile a una filosofia di vira alimentata da teorie e consigli generici – rappresenta un metodo estremamente concreto, basato sulla connessione emotiva, sul rispetto e sull’insegnamento delle competenze, piuttosto che sulla punizione.
Dopotutto, essere genitori è un mestiere davvero complesso e carico di responsabilità, e anche se spesso lo si affronta senza alcuna preparazione, avere dei riferimenti sui quali orientare le proprie scelte può essere un grande aiuto per i neo-genitori. "Riceviamo più formazione per preparare panini in un fast food che per crescere un bambino", afferma con ironia Amy McCready, esperta di educazione e fondatrice del programma Positive Parenting Solutions, che in una recente intervista al sito americano Today ha illustrato i principi fondanti di questo percorso.
Capire il comportamento: dietro ogni gesto, un messaggio
Secondo la positive parenting, ogni comportamento di un bambino, anche quello che può sembrare problematico, è una forma di comunicazione. McCready invita pertanto i genitori a chiedersi il "perché" dietro ai comportamenti del figlio, piuttosto che reagire in modo impulsivo. Dietro a un capriccio o a una scenata possono celarsi bisogni profondi: il desiderio di attenzione, la ricerca di autonomia o la mancanza di abilità specifiche, come il controllo delle emozioni.

Per esempio, un bambino che si attacca al genitore con continue richieste prima di dormire – la storia della buonanotte, le coccole, la pretesa di rimanere vicino al letto finché non si addormenta – potrebbe semplicemente avere bisogno di una maggiore connessione emotiva. Allo stesso modo, le sfide e la ribellione spesso nascondono la richiesta implicita di avere un po’ più di controllo sulla propria vita. E se volano spintoni tra fratelli, forse non è disobbedienza, ma una difficoltà nel gestire la frustrazione.
Punire? No, meglio insegnare
La genitorialità positiva rifiuta l’idea della punizione come strumento educativo. Al suo posto propone la formazione: insegnare al bambino ciò che ancora non sa fare, evitando i fattori scatenanti e lavorando insieme per trovare soluzioni. È un approccio proattivo, che punta a costruire competenze, piuttosto che reagire quando ormai è troppo tardi. "Ci chiediamo: quale abilità manca al bambino? Come possiamo aiutarlo ad acquisirla?", spiega McCready. Questo non significa chiudere un occhio, ma adottare empatia e fermezza. Anche quando si sbaglia, mantenere una connessione affettiva resta il primo passo per affrontare qualsiasi problema.

Le conseguenze servono, ma devono insegnare
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la positive parenting non è affatto uno stile educativo permissivo. I bambini sperimentano comunque le conseguenze delle loro azioni, ma queste non sono punitive, né umilianti. Sono, invece, naturali e istruttive. Ad esempio, se un ragazzo non farà i compiti o non studierà per l'interrogazione, non potrà ricevere un brutto voto: è un’esperienza reale che lo aiuterà a essere più attento in futuro.
Certo, chiarisce McCready, le conseguenze di certi comportamenti devono però essere comunicate in anticipo, e le regole da seguire devono essere chiari e coerenti, anche perché lo scopo non deve essere quelli di esercitare controllo, ma a preparare il bambino alla vita adulta, dove ogni scelta comporta effetti. Se per esempio un bambino viene abituato ad andare a letto alle 21.00 ma un giorno, di punto in bianco, si inizia a pretendere che vada a letto mezz'ora prima, tale imposizione, repentina e non giustificata da adeguate spiegazioni, porterò sicuramente a una certa confusione e probabilmente il piccolo sarà più incline alla trasgressione nella nuova regola.

Anche i genitori devono imparare
Un altro punto centrale della genitorialità positiva riguarda infine il ruolo attivo degli stessi adulti. Educare positivamente significa infatti anche imparare a gestire se stessi. Prima di correggere un figlio, è fondamentale che il genitore riesca a controllare il proprio tono di voce, le proprie reazioni e le proprie aspettative.
In questo senso, il metodo aiuta le madri e i padri a spostare il focus: non più sul controllo del comportamento dei figli, ma sulla propria capacità di essere modelli coerenti e affidabili. Perché, come ricorda McCready, l’obiettivo finale non è avere bambini "obbedienti", ma crescere adulti responsabili, consapevoli e capaci di affrontare la realtà. Educare con positività non significa essere perfetti, ma consapevoli. Non si tratta di eliminare gli scontri o le difficoltà, ma di affrontarli con strumenti più efficaci, basati sull’ascolto, sulla presenza e sulla fiducia. Un percorso che richiede impegno, ma che può fare davvero la differenza nella vita di tutta la famiglia.