Cosa fare se mio figlio non parla: consigli utili e quando preoccuparsi

Nel percorso di crescita, lo sviluppo del linguaggio non è uguale per tutti i bambini. Alcuni iniziano a parlare presto, altri necessitano di un po' più tempo. Tuttavia, ci sono situazioni in cui un ritardo evidente nel linguaggio può indicare la presenza di un problema sottostante che merita attenzione. Pertanto, se il bambino non parla, è importante sapere cosa osservare, come stimolare il piccolo e quando rivolgersi a uno specialista. Fanpage.it ne ha parlato con il professor Antonio Schindler, Professore Ordinario di Audiologia e Foniatria presso l'Università degli Studi di Milano, il quale ha spiegato quali sono i segnali da non sottovalutare e ha offerto alcuni consigli pratici per i genitori.
Perché i bambini non parlano o tardano lo sviluppo del linguaggio
Come ricordato dallo stesso professor Schindler, dietro a un ritardo nel linguaggio possono esserci molte motivazioni diverse, alcune causate da problemi congeniti o di sviluppo, altre legate all'ambiente nel quale il bambino è cresciuto. "Appena la cosa viene sospettata, vale la pena fare un approfondimento", ricorda l'esperto.
Tra le possibili cause ci sono infatti:
- Ritardi generali dello sviluppo (oggi indicati più correttamente come "disabilità intellettive").
- Disturbi dello spettro autistico.
- Sordità non riconosciuta, che limita la percezione del linguaggio.
- Disturbi di linguaggio primari, cioè senza una causa medica riconoscibile.
- Scarsa stimolazione linguistica, per esempio in famiglie con esposizione a più lingue o in contesti con limitazioni sociali importanti.
Queste possibilità rendono importante distinguere un semplice ritardo di maturazione (che può risolversi da solo) da un problema che richiede un intervento strutturato.

Quando mio figlio non parla: consigli utili per i genitori
Secondo il professor Schindler, "il linguaggio è un’attività assolutamente spontanea". Non si tratta quindi di imporre al bambino esercizi forzati o noiosi, ma di creare occasioni naturali di dialogo e gioco. Ecco alcuni consigli utili per i genitori:
- Fare attività ludiche insieme e verbalizzare le azioni: giocare con il bambino è fondamentale per stimolarne il linguaggio. "Durante queste attività – spiega Schindler – bisogna verbalizzare tutto quello che si fa, in modo da offrire un modello da imitare". Mentre si gioca o si fanno altre attività, è bene dunque descrivere ad alta voce quello che si sta facendo. Ad esempio: "Adesso mamma prepara, oppure guarda, metto questo sopra, vuoi farlo tu?".
- Fare domande semplici e chiuse: durante la quotidianità, porre domande semplici e chiuse come "Vuoi il rosso o il blu?", "Vuoi quello grande o quello piccolo?" aiutano il bambino a partecipare e a scegliere, oltre che familiarizzare con la comunicazione verbale.
- Assecondare i gesti: "in tutti i bambini normali il gesto precede il linguaggio", spiega Schindler. I gesti sono un precursore importante: tutto ciò che è gestuale favorirà la comparsa del linguaggio successivo.
- Attenzione alla lettura: leggere storie adatte all’età, con attenzione all’intonazione e all’enfasi, aiuta soprattutto nei bambini un po' più grandi. "Serve per abituare a costruire la frase e le abilità narrative di racconto, ma è d'aiuto solo se il bambino parla già, anche se poco e male", chiarisce Schindler.
Queste strategie possono essere messe in pratica quotidianamente a casa. L'obiettivo non è insegnare parole in modo meccanico, ma immergere il bambino in un ambiente comunicativo ricco e stimolante.

Quando iniziare a preoccuparsi se il bambino non parla
Pur rispettando le differenze individuali, esistono delle soglie di riferimento utili per capire se sia il caso di approfondire. "Intorno ai due anni ci aspettiamo che il bambino inizi a fare una frase con due parole – spiega Schindler – e che conosca fra le 50 e le 200 parole". Se questi criteri non sono raggiunti, è consigliabile fare una valutazione specialistica. Un altro segnale importante è la presenza o meno di gesti compiuti in modo volontario. I gesti spontanei (come indicare, salutare o fare cenni), infatti, precedono normalmente il linguaggio e la loro assenza può segnalare difficoltà più generali nella comunicazione. "Se manca il gesto – aggiunge l’esperto – è un campanello d’allarme ancora più forte".
Quando un genitore si accorge di un ritardo o di un problema persistente nel linguaggio, il consiglio è dunque quello rivolgersi a uno specialista – neuropsichiatra infantile, logopedista o foniatra – per un inquadramento corretto. "Sotto i 4 anni – conclude Schindler – il compito principale è insegnare ai genitori come interagire con il bambino nelle attività domestiche per favorire lo sviluppo del linguaggio. Sopra i 4 anni invece è possibile fare un lavoro diretto col bambino".