Cosa fare se mio figlio dice le parolacce: i consigli dell’esperta per farlo smettere

C’è un momento, nella crescita dei figli, in cui i genitori si trovano spiazzati: è quello in cui i bambini iniziano a dire parolacce. Una fase che può suscitare imbarazzo, preoccupazione o persino ilarità, ma che spesso solleva interrogativi educativi complessi. Perché un bambino usa parole volgari? Quando comincia a farlo? E come dovrebbero reagire i genitori? Le cause possono ovviamente essere molteplici e spesso i bambini assorbono certi modi di esprimersi come parte del contesto comunicativo in cui vivono in ciò che sentono attorno a loro. Tuttavia l'imitazione non è l'unico motivo per cui un bambino o un ragazzo comincia a ricorrere a un linguaggio scurrile. Benché socialmente" sconvenienti" parolacce possono infatti rivelarsi un efficace valvola di sfogo e pertanto la repressione – urla, castighi, punizioni – non risulta il modo più efficace per invitare i figli a utilizzare parole meno colorite.
"In determinate situazioni, il detto ‘quando ci vuole, ci vuole', può celare un inaspettato valore educativo", ha dichiarato Anna Granata, psicologa e docente di pedagogia all’Università Milano-Bicocca, che a Fanpage.it ha offerto alcune indicazioni su come intervenire sul linguaggio dei bambini senza operare inutili repressioni, trasformando simili inconvenienti in preziose occasioni di crescita.
Perché i bambini dicono le parolacce
Le parolacce, nel linguaggio infantile, non sono mai un episodio casuale. "Il linguaggio si apprende in modo culturale, all’interno di relazioni. I bambini ripetono le parole che sentono, anche se all'inizio non ne conoscono il significato", spiega la professoressa Granata. La parolaccia è infatti quasi sempre il riflesso di ciò che il bambino ascolta in casa, a scuola, o nei media.

Con il passare degli anni, però, bambini e ragazzi sviluppano una maggiore familiarità con le diverse forme di comunicazione a loro disposizione. Lo spirito d’imitazione – che li porta a ripetere ciò che sentono in famiglia, nelle canzoni o nei video online – lascia gradualmente spazio a esigenze espressive più complesse e consapevoli. "Le parolacce hanno una potente forza comunicativa – osserva Granata – e possono essere veicolo di emozioni come rabbia, indignazione, frustrazione. Le neuroscienze lo confermano: c’è un effetto liberatorio legato al pronunciarle".
Il compito educativo, allora, non è soltanto vietare, ma aiutare il bambino a comprendere il significato e il potenziale impatto delle parole che usa. Soprattutto quando queste possono trasformarsi in insulti o espressioni aggressive: "È pertanto fondamentale – continua l'esperta – spiegare con parole adeguate all’età il significato dei termini e il loro effetto sugli altri".
A quanti anni il bambino potrebbe iniziare a dire parolacce
Il primo incontro con le parolacce avviene spesso in età prescolare, tra i 2 e i 5 anni. Ma, in questa fase, i bambini le ripetono senza comprenderne davvero il senso. "C’è inconsapevolezza – spiega Granata – e a volte anche un certo stupore nell’osservare la reazione che provocano negli adulti". Crescendo, però, il rapporto con le parolacce cambia.

Durante l’età scolare e soprattutto nella preadolescenza, i bambini iniziano a comprendere pienamente il significato delle parole e le usano con maggiore disinvoltura, spesso per inserirsi in un gruppo o per esprimere con forza la propria opinione o il proprio disagio. "È interessante notare una differenza di genere – aggiunge l’esperta – i maschi tendono a utilizzare più spesso un linguaggio colorito per esprimere emozioni, mentre le bambine sono spesso educate a contenere la rabbia, con un effetto di autocensura che non è affatto positivo per una società che vuole liberare tutte le sfumature delle emozioni in entrambi i genri".
Nell’adolescenza, infine, l’uso delle parolacce può farsi più consapevole e, in alcuni casi, degenerare in linguaggio offensivo, soprattutto sui social. "È in questa fase che il rischio maggiore diventa il linguaggio d’odio – ammonisce Granata – per questo bisogna lavorare non solo sul significato delle parole, ma anche sull’impatto che queste parole hanno in un contesto, digitale o reale che sia".
Come comportarsi: quando vale la pena rimproverare il bambino
Punire il bambino che dice una parolaccia non è sempre la scelta più educativa. La risposta dell’adulto, secondo Granata, dovrebbe infatti tenere conto dell’età e del contesto. "Se si tratta di un bambino piccolo che ripete una parola sentita altrove, la priorità è spiegare, non sanzionare. L’obiettivo deve essere far capire il senso e le implicazioni della parola".

Diverso è il caso dell’adolescente che utilizza il turpiloquio per insultare o escludere. In questi casi, chiarisce la pedagogista, è necessario intervenire con fermezza, senza scandalizzarsi – simili reazioni potrebbero ottenere reazioni contrarie a quelle desiderate, fomentando uno spirito di ribellione – ed educando a un uso consapevole e rispettoso del linguaggio. E il rimprovero, tuttavia, non deve necessariamente tradursi in repressione. "Le punizioni fini a sé stesse – osserva Granata – non hanno un grande valore educativo. Spesso, anzi, portano il ragazzo a evitare certi comportamenti solo in presenza dei genitori, ma non a riflettere davvero su ciò che dice e fa". Piuttosto, la chiave è creare uno spazio di dialogo, in cui adulti e ragazzi possano confrontarsi sul senso e il peso delle parole. E questo vale a ogni età.
I 4 consigli per far smettere di dire parolacce al proprio figlio
Benché le parolacce non siano quel "demonio" cui siamo abituati a pensare, mamme e papà hanno comunque a disposizione alcuni strumenti efficaci per far sì che i figli imparino a modulare i loro linguaggi e le loro reazioni per non comportarsi da maleducati e, soprattutto, evitare di offendere il prossimo.
- Fornire il significato delle parole: Quando il bambino pronuncia una parolaccia, il primo passo è spiegare con calma che cosa significa e perché può risultare offensiva. «Dobbiamo usare parole adeguate all’età – ribadisce Granata – e aiutare i bambini a comprendere il valore del linguaggio».
- Dare l’esempio: "Curare il nostro linguaggio è essenziale", afferma la docente. I bambini apprendono soprattutto osservando. Se l’adulto usa frequentemente le parolacce, anche solo in momenti di rabbia, tenderanno a imitarlo.
- Non reprimere, ma riflettere insieme: Un approccio rigido e punitivo rischia di generare chiusura. È più efficace costruire un momento di riflessione condivisa. Granata cita l’esempio di un’insegnante che, di fronte a una classe in cui le parolacce erano la norma, ha avviato un lavoro educativo sul significato e sull’origine di quelle parole. "Un modo per non scandalizzarsi, ma ragionare insieme su come usiamo il linguaggio".
- Educare a un linguaggio rispettoso: L’obiettivo non è solo evitare le parolacce, ma promuovere uno stile comunicativo che rispetti l’altro. "Le parole non sono mai neutre – conclude Granata – e i bambini respirano il nostro modo di stare al mondo. Un linguaggio rispettoso è il frutto di un’educazione quotidiana che passa anche attraverso l’esempio e le relazioni".