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“Conto fino a tre”: gli esperti spiegano perché dovremmo smettere di dirlo

Contare fino a tre per ottenere obbedienza è una pratica diffusa per cercare di far obbedire i bambini, ma secondo molti educatori appare poco efficace, in quanti sposta l’attenzione sul potere del genitore e alimenta le occasioni di sfida e conflitto. Alcuni coach genitoriali hanno pertanto iniziato a proporre alternative basate su rispetto ed empatia: coinvolgere i bambini nelle decisioni, mantenere la calma, riconoscere le emozioni e usare il gioco per trasformare i momenti di tensione in occasioni di collaborazione.
A cura di Niccolò De Rosa
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Quando un bambino fa i capricci e si rifiuta di collaborare, contare fino a tre con tono deciso e dita che segnano il tempo è una strategia che quasi tutti i genitori hanno messo in pratica almeno una volta, nel tentativo di riportare il piccolo ribelle alla calma. Dietro questo gesto – a metà tra l’autorità e la disperazione – si nasconde l'idea che fissare un limite temporale per obbedire, accompagnato dalla minaccia di una conseguenza, possa spingere il bambino a tranquillizzarsi e seguire le indicazioni dell’adulto. Un meccanismo che molti genitori ripetono in modo quasi automatico, perché a loro volta lo hanno sperimentato da bambini. Ma siamo davvero sicuri che si tratti di una tecnica efficace?

A sollevare qualche dubbio sono gli esperti di Positive Parenting Solutions, una piattaforma creata dalla parental coach e saggista americana Amy McCready che diffonde approcci educativi basati sul rispetto reciproco e i dettami della genitorialità positiva. Il rischio, afferma il sito, è che i bimbi si abituino a rispondere solo dopo il "tre", ignorando le richieste dei genitori fino a quel momento.  "In pratica, li abituiamo a non ascoltare la prima volta che parliamo", osservano gli esperti.

Perché contare non funziona davvero

Il problema principale del "contare fino a tre" è che sposta l’attenzione dal comportamento desiderato al potere del genitore. Il bambino entra in una logica di attesa e di sfida: aspettiamo di vedere se mamma o papà farà davvero qualcosa quando arriverà a tre. Questo crea un terreno fertile per i conflitti e le trattative diventano infinite, tanto che mamme e papà finiscono immancabilmente per allungare il countdown ("Uno…Due…Due e mezzo…Due e tre quarti….") nella vana speranza che quel secondo in più porti il bambino a cedere. Inoltre, se la minaccia non viene seguita da una conseguenza concreta – un castigo o la rinuncia a un privilegio – il messaggio che passa è ancora più problematico. Il piccolo impara infatti che può rimandare l'obbedienza, o addirittura che il genitore non mantiene ciò che dice.

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Cosa fare anziché contare fino a tre

Secondo gli educatori esistono strategie più efficaci e rispettose per farsi ascoltare dai bambini. La prima è la prevenzione attraverso il senso di potere: i piccoli spesso si ribellano non per cattiveria, ma per un bisogno di autonomia e controllo. Coinvolgerli in piccole decisioni e responsabilità – come scegliere la frutta da mangiare per merenda al posto dello snack goloso o spuntare la lista della spesa – li fa sentire competenti e coinvolti, riducendo le occasioni di conflitto.

Un altro strumento chiave, per quanto apparentemente banale, è mantenere la calma. Parlare con voce ferma ma pacata, mettersi al loro livello e mostrare rispetto crea ascolto spontaneo e interrompe la spirale della sfida. Quando invece esplodono le emozioni, è utile allenare i figli a gestirle: riconoscere e nominare la loro rabbia o frustrazione li aiuta a sentirsi compresi e a regolare meglio i propri impulsi. Infine, agire con prontezza per spostare l'attenzione su un'attività o un interesse diverso prima che il conflitto degeneri può evitare inutili battaglie di potere.

Cambiare linguaggio per cambiare dinamiche

Un'ulteriore alternativa è stata proposta da un altro coach genitoriale, Mike Wallach, padre di quattro figli che in un video diventato virale su TikTok, ha spiegato come il segreto per ottenere un dialogo costruttivo risieda nel cambiare completamente approccio. "Pensateci – chiede Wallach – vi piacerebbe che qualcuno facesse il conto alla rovescia per farvi completare qualcosa?".

@mike_on_parenting

Works like a charm! Other ideas… “I’m gonna think of 3 restaurants…” “I’m gonna think of 5 foods you don’t like..” “I’m gonna think of 3 times you were sad…” You don’t have to use this strategy often but again.. it’s about the momentum and building up their skills. #parentingsupport #parentingadvice #parentingcoach #fyp #parentingtips

♬ original sound – Mike_on_parenting

Il punto non è quindi forzare l’obbedienza, ma creare un passaggio più naturale tra un'attività e l'altra. Secondo Wallach, i bambini reagiscono meglio se il genitore trasforma quel momento di tensione in un gioco o in una conversazione condivisa. L'idea, semplice ma efficace è quindi quella di sostituire il conto alla rovescia con un piccolo gioco mentale. "Ora penso a tre posti in cui siamo stati quest’anno, e quando avrò detto l’ultimo, dovremmo essere pronti per uscire", propone Wallach nella clip, cominciando a passare in rassegna i luoghi visitati: "Vediamo, siamo stati a quella piscina con gli scivoli, poi dove altro siamo andati?". In genere i bambini partecipano subito, aggiungendo idee o ricordi. L'attenzione si sposta così dall’opposizione al coinvolgimento e questo semplice cambiamento di prospettiva trasforma un momento di conflitto in un’occasione di connessione. I bambini non si sentono minacciati o messi sotto pressione, ma invitati a partecipare a qualcosa di piacevole. Non si tratta di ingannarli, chiarisce Wallach, ma di creare le giuste condizioni per ottenere i comportamenti che i genitori desiderano insegnare.

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