Contare con le dite aiuta i bambini a diventare più bravi in matematica: cosa rivela lo studio

Nelle aule della scuola dell’infanzia, osservare un bambino alle prese con un semplice 4+3 significa vederlo sollevare le mani e contare le dita una a una. Un gesto istintivo, quasi naturale. Ma è davvero utile? La risposta, tutt'altro che scontata, anima da tempo un acceso dibattito tra docenti, psicologi dello sviluppo e neuroscienziati. Da un lato c'è chi sostiene che le dita facilitino l'approccio ai numeri, dall'altro, chi teme che rallentino l'acquisizione di strategie mentali più sofisticate. A fare chiarezza arriva ora uno studio svizzero dell'Università di Losanna, che ha seguito 192 bambini per tre anni per offrire un quadro più preciso di come si evolva l'uso delle dita nella costruzione del pensiero numerico.
Perché contare con le dita non è un dettaglio
Negli ultimi anni, la ricerca ha messo in luce come l'utilizzo delle mani svolga una funzione più complessa del semplice "contare uno alla volta". Secondo gli psicologi dell’educazione, il gesto sostiene la memoria di lavoro, ossia quella capacità del cervello di tenere attive temporaneamente le informazioni necessarie per risolvere un compito. Si tratta insomma di un aiuto che permette ai piccoli di concentrarsi sulla strategia, senza sovraccaricare la mente. Gli studiosi della cosiddetta "embodied cognition" – quella forma di apprendimento che passa attraverso il corpo e l'azione – sottolineano che collegare il numero alle dita "è ciò che viene naturale": un ponte tra esperienza concreta e concetti astratti. Anche la neuroscienza sembra allinearsi. Gli studiosi si sono infatti accorti che alcune aree cerebrali si attivano sia quando muoviamo le dita sia quando pensiamo ai numeri. Un parallelismo che spiega perché molti bambini memorizzano più facilmente quantità e operazioni usando le mani.
Il paradosso dei sette anni
Come spiegato dalle ricercatrici australiane Jennifer Way e Caterina Cartwright sul sito The Conversation, molti studi condotti nelle aule delle scuole primarie hanno mostrato come, all'incirca fino ai sette anni d'età, i bambini che usano le dita nelle addizioni ottengono risultati migliori dei coetanei che non le usano. Dopo i sette, però, lo scenario si ribalta: chi non ha più bisogno delle dita inizia a superare gli altri.

Perché accade questa inversione? Le ipotesi finora erano due. La prima: le dita diventano inefficaci quando i calcoli si complicano. Per esempio, l'addizione 13+9 richiede passaggi più astratti rispetto a 1+3. La seconda: i "non contatori" non sono bambini che non hanno mai usato le dita, ma ex utilizzatori che hanno interiorizzato strategie più avanzate. Lo studio svizzero ha quindi deciso di seguire da vicino l'evoluzione per capire quale sia la spiegazione più corretta.
Cosa hanno scoperto gli studiosi di Losanna
Nello studio publicato sulla rivista Developmental Psychology, i ricercatori hanno monitorato quasi 200 bambini tra i 4 anni e mezzo e i 7 anni e mezzo, valutandoli ogni sei mesi. Non si sono limitati a registrare se i bambini usavano o meno le dita, ma hanno ricostruito il percorso individuale di ciascuno: chi iniziava a usarle, chi continuava, chi smetteva, chi non le aveva mai usate. Il dato più sorprendente riguarda proprio questi ultimi. Solo 12 bambini, in tre anni, non hanno mai contato con le dita. E non solo erano pochissimi, ma si sono rivelati anche il gruppo con le performance più basse nelle addizioni. Un indizio forte sul fatto che saltare del tutto questo passaggio possa costituire uno svantaggio.
Ma la scoperta più significativa riguarda gli "ex contatori", ossia i bimbi che a un certo punto hanno cominciato a fare di conto solo a mente. A 6 anni e mezzo, infatti, la maggior parte dei bambini che non usavano più le dita apparteneva proprio a questo gruppo. E non solo erano i più bravi nelle addizioni, ma continuavano a migliorare anche un anno dopo. Al contrario, i "nuovi contatori" – bambini che iniziavano a ricorrere alle dita più tardi e continuavano a farlo tra i 6 e i sette anni e mezzo – ottenevano risultati inferiori rispetto agli ex utilizzatori.
Cosa significa tutto questo per genitori e insegnanti
Secondo gli autori della ricerca, i risultati ottenuti hanno confermato come contare con le dita sia una tappa naturale e utile, non un'abitudine da scoraggiare. I bambini che hanno l’opportunità di usarle liberamente sviluppano strategie solide, e smettono spontaneamente quando sono pronti a farlo. Eliminare o frenare questo passaggio rischia invece di indebolire la comprensione iniziale dei numeri. "Il conteggio con le dita non è quindi solo uno strumento per il successo immediato, ma anche un modo per supportare lo sviluppo di abilità aritmetiche astratte avanzate", si legge nella presentazione dell'articolo scientifico.
Lo studio svizzero, pur condotto su bambini perlopiù bianchi e di contesti socioeconomici medio-alti, sembra comunque trovare conforto anche nei dati raccolti da da ricerche che invece si sono svolte in ambienti educativi molto diversi.
Supportare i bambini nell'apprendimento matematico: consigli pratici
Per i genitori, la raccomandazione è quella di normalizzare e sostenere il gesto del conto manuale. Si cono però anche accorgimenti per sostenere i piccoli nei primi approcci al pensiero matematico. Camilla Gilmore, professoressa presso l'ESCR Centre for Early Mathematics Learning presso la Loughborough University, ne ha riassunti alcuni sulla piattaforma della BBC dedicata ai genitori:
- Introdurre numeri e conteggio già nei primi mesi, attraverso filastrocche e libri con numeri.
- Integrare il conteggio nelle attività di ogni giorno, come salire le scale o osservare ciò che si incontra fuori casa.
- Mostrare che si possono contare anche cose non materiali, come sorrisi o applausi.
- Usare giochi da tavolo, scegliendo giochi che prevedono il movimento su caselle, la raccolta di elementi o il confronto tra quantità.
- Sfruttare il linguaggio matematico, inserendo termini come "più", "meno", "grande" e "piccolo" nelle conversazioni quotidiane.
- Presentare piccoli gruppi di due o tre elementi per sviluppare e chiedere al piccolo di individuare i gruppetti più grandi o più piccoli (così impara a riconoscere quantità a colpo d’occhio).
- Allenare abilità avanzate contando all'indietro, a salti o iniziando da numeri diversi da uno.