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Come spiegare al proprio figlio che il fratellino ha un ritardo o una patologia

Parlare ai figli della disabilità o della patologia di un fratellino è fondamentale per aiutarli a comprendere e affrontare la realtà familiare. Per capire come, quando e con quali parole affrontare l’argomento, adattandolo all’età e ai bisogni emotivi dei bambini, Fanpage.it ha intervistato la psicologa Erica Salomone, docente all’Università degli studi di Milano Bicocca: “Il dialogo è fondamentale, ma evitiamo di parlare di bambini speciali”.
Intervista a Erica Salomone
Professoressa associata di Psicologia dello Sviluppo, Università degli studi di Milano Bicocca.
A cura di Niccolò De Rosa
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Comunicare in modo chiaro e sincero con i propri figli è fondamentale, anche quando si tratta di affrontare temi delicati come il ritardo globale dello sviluppo o la patologia di un fratellino o di una sorellina. Nascondere o minimizzare la situazione, infatti, spesso contribuisce solo a peggiorare le cose, ritardando il momento in cui il bambino o la bambina dovrà fare i conti con una realtà difficile da metabolizzare. Al contrario, una spiegazione adeguata può offrire al bambino gli strumenti per comprendere ciò che accade e vivere con maggiore serenità i cambiamenti che coinvolgono tutta la famiglia.

Ma esiste un’età giusta per parlarne? Quali parole usare e quali atteggiamenti adottare per favorire un dialogo sereno e comprensibile ai più piccoli? Fanpage.it ne ha parlato con Erica Salomone, psicologa dello sviluppo e docente all’Università degli Studi di Milano Bicocca, per capire come accompagnare i figli in questo percorso di consapevolezza, quali strategie possono aiutare i genitori e come adattare il messaggio alle diverse fasi di crescita.

"È del tutto normale per un genitore temere il momento in cui si decide di affrontare per la prima volta il discorso ed è altrettanto comprensibile essere incerti su quale sia l'occasione migliore per affrontare un argomento così delicato", spiega la professoressa Salomone. "Tuttavia parlare con i figli anche di queste cose è assolutamente fondamentale per la loro crescita e la costruzione di una nuova quotidianità familiare".

Erica Salomone, Professoressa associata di Psicologia dello Sviluppo, Università degli studi di Milano Bicocca.
Erica Salomone, Professoressa associata di Psicologia dello Sviluppo, Università degli studi di Milano Bicocca.

 Perché è importante parlare con il proprio figlio della condizione del fratellino?

Intanto perché i bambini, indipendentemente dall'età, iniziano a farsi delle domande molto presto. Notano subito che ci sono delle differenze nel modo in cui il fratellino si comporta, nel modo in cui gli adulti – i genitori, ma non solo – si comportano con lui o con lei e anche se non fanno domande, hanno bisogno di capire cosa sta succedendo. Insomma, parlarne è importante perché non farlo è peggio. Il rischio più grande è che i figli, parlando con amici, parenti o conoscenti, finiscano per ricevere informazioni non filtrate o inappropriate. Ciò può ovviamente comportare problemi nel breve e, soprattutto, nel lungo periodo.

C'è il rischio che un sibling, ossia un fratello o una sorella di una persona malata o con disabilità, possa alimentare sentimenti di rabbia o frustrazione?

Una mancanza di comunicazione può portare anche a simili scenari. Così come possono esistere modi molto diversi per una malattia o una disabilità di manifestarsi, anche le reazioni dei sibling possono essere differenti e variegate. Un bambino può sviluppare rabbia o frustrazione ("Perché non posso avere un fratello come tutti gli altri?"), ma anche confusione per dei comportamenti che si faticano a comprendere ("Perché mio fratello non parla?") o timore che la stessa condizione del fratello o della sorella prima o poi possa colpire anche a lui.

Non parlare con i figli delle difficoltà di un fratello o di una sorella può esporli a dubbi e frustrazioni.
Non parlare con i figli delle difficoltà di un fratello o di una sorella può esporli a dubbi e frustrazioni.

Esiste un momento giusto per affrontare il discorso con i figli?

Non c'è un'età o un momento preciso in cui ogni bambino è pronto a ricevere certe informazioni, anche perché a volte sono gli stessi genitori a non avere ancora le risposte per determinate domande. Spesso però sono le stesse situazioni familiari a imporre i tempi per affrontare la questione. Se per esempio il sibling è il fratello maggiore e le problematiche del fratellino o della sorellina sono congenite, allora sarà ragionevole impostare fin da subito alcuni discorsi su come sarà la vita con il nuovo arrivato in casa. In ogni caso, non è mai troppo presto per parlare di certe cose. L'importante è farlo nel modo giusto e accettare il fatto che non basterà un solo discorsetto per liquidare la questione. Durante la crescita dei ragazzi, i genitori dovranno ogni volta aggiungere un elemento di consapevolezza in più, adattando le informazioni alla capacità dei figli di acquisirle e metabolizzarle

Come si può spiegare a un bambino una disabilità cognitiva o il problema di salute del fratello o della sorella?

Innanzitutto è bene dire sempre la verità, pur utilizzando un linguaggio comprensibile e adatto all'età dei bambini. Non serve, ad esempio, dare etichette o spiegare le diagnosi, almeno finché i bambini sono piccoli. Molto meglio attingere dal lessico che ogni famiglia adotta nel proprio quotidiano – quel lessico "privato" che tutti i familiari conoscono, comprendono e utilizzano – per spiegare come "funzionerà" il fratellino o la sorellina, ossia in che modo si comporterà e come ci si dovrà comportare con lui. Per farlo, mamme e papà possono sfruttare delle metafore provenienti del mondo del gioco.

Può fare un esempio?

Se un bambino è abituato a giocare con i mattoncini per le costruzioni, si potrebbe spiegare che il nostro cervello è costruito con mattoncini di diversi colori, ciascuno con una funzione specifica, ma che quello del fratello o della sorella presenta alcuni mattoni in un colore leggermente differente e che si incastrano meno bene rispetto agli altri, motivo per il quale non può fare certe cose o le fa in modo diverso.

Essere chiari e sinceri è la chiave per il successo comunicativo con i figli. Ciò però non significa che non si possano usare metafore o linguaggi familiari per rendere il messaggio più adatto all'età del piccolo.
Essere chiari e sinceri è la chiave per il successo comunicativo con i figli. Ciò però non significa che non si possano usare metafore o linguaggi familiari per rendere il messaggio più adatto all'età del piccolo.

Quali sono le difficoltà più comuni che un sibling potrebbe affrontare durante la crescita?

Oltre alle inevitabili difficoltà quotidiane, nei bambini può essere molto disorientante assistere al diverso trattamento riservato ai genitori. Un bimbo potrebbe chiedersi perché, dopo un capriccio, lui si prende una sgridata mentre al fratello o alla sorella viene concessa molta più tolleranza. È però proprio qui che i genitori dovrebbero lavorare per comunicare in modo efficiente ed accurato.

In che modo?

Anche in questo frangente le metafore si rivelano spesso dei potenti alleati. Si potrebbe ad esempio spiegare che il fratello è un po' come Hulk, che quando diventa verde e furioso necessita di essere calmato per poter tornare normale. Oppure si possono utilizzare metafore come quelle che si utilizzano nei modelli di supporto per le famiglie, come il Caregiver Skills Training dell'OMS, dove si ricorre all'immagine del termometro di regolazione per far capire a chi ha a che fare con un bambino con difficoltà di comportamento che ci sono dei momenti in cui è impossibile interagire o comunicare (termometro rosso), dei momenti in cui il bimbo è calmo, tranquillo e pronto a imparare (termometro verde), e altri momenti ancora in cui il bambino si sta agitando (termometro giallo). Insegnare ai bambini questi concetti è importante sia per proteggerli da spaventi o frustrazioni, sia per abituarli a leggere con anticipo i segnali di disagio dei loro fratelli. Evitiamo però la retorica del "bambino speciale": rischia solo di alimentare l'equivoco che un figlio sia "migliore" di un altro.

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In simili casi la terapia può essere un aiuto efficace?

Normalmente non è una situazione per cui sia necessario un trattamento psicoterapeutico. Certo, può essere utile riservare degli sporadici momenti di confronto con delle figure professionali per ragionare su eventuali problemi o imparare a gestire alcune difficoltà, tuttavia risulta più utile lavorare giorno dopo giorno con i propri figli per favorire un dialogo aperto e la condivisione delle emozioni. Il segreto per farlo è stimolarli a fare più domande possibili e molti genitori riescono a raggiungere l'obiettivo trasformando tutto in un gioco.

Quale gioco?

Molte famiglie adottano la tecnica della scatola delle domande. Basta riporre in un posto facilmente accessibile – sul frigorifero o sopra il tavolo della sala – una scatola dove i bambini possono scrivere o disegnare tutti i loro dubbi, le loro domande o le loro preoccupazioni. A fine giornata poi mamme e papà leggono insieme ai figli ciò che è stato messo nella scatola e ci si confronta liberamente. A volte non è nemmeno necessario avere delle risposte per delle domande che vengono rivolte: parlarne è sufficiente per migliorare la situazione e far capire ai figli che anche loro possono avere voce in capitolo su ciò che riguarda la vita in famiglia.

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