Chi è il bambino immaginato e perché alcune persone lo sognano fin dall’infanzia? La psicologa

Quando da bambini si gioca a far finta di essere la mamma o il papà, con un bambolotto o un peluche di stoffa, quando si incontra la persona della propria vita e si inizia a fantasticare sul nome che si potrebbe dare al proprio bambino, quando dinnanzi ad un ecografia in 3D si cercano di scrutare le somiglianze di quel bambino con il proprio volto o quello del partner, si sta semplicemente costruendo, sempre più nel dettaglio, l'idea del proprio bambino immaginato.
Quel piccolo di cui si sognano le fattezze, il carattere e persino il suono della voce e che in certi momenti della vita si guarda con speranza, può tramutarsi in una figura di cui è necessario elaborare il lutto, quando si scopre che non si diventerà genitori in maniera biologica a causa, per esempio dell'infertilità. Con la psicologa e psicoterapeuta Maria Isabella Robbiani, specializzata in accompagnamento perinatale e PMA, Presidente del Movimento Italiano Psicologia Perinatale (MIPPE), abbiamo analizzato a fondo questa figura, cercando di capire fino a che punto è sana e quando rischia di diventare patologica.

Dottoressa, chi è il bambino immaginato?
Per comprendere chi è il bambino immaginato dobbiamo cercare di uscire dall'idea diffusa che quando si parla di desiderio di genitorialità esista solo la concretezza fatta di test positivi, pancioni che crescono o un bambino tra le braccia. C'è un tempo, prima che tutto questo si realizzi, invisibile, che nasce nel cuore di chi si pensa genitore un giorno, ed è proprio dedicato al bambino immaginato, un figlio che si inizia a pensare molto prima che arrivi davvero. Questo bimbo si sogna quando durante l'infanzia si gioca a fare la mamma o a fare il papà, o quando si incontra una persona che fa venire voglia di condividere l'amore costruito con lei dando alla luce un figlio. È un bambino fatto di nomi sussurrati al proprio compagno e di speranze, una figura affettiva, simbolica e profondamente propria.
Come si elabora questa figura nel momento in cui si perde il bambino che si stava aspettando o ci si confronta con una diagnosi di infertilità?
Il bambino immaginato rappresenta un ponte tra ciò che noi psicologi definiamo la preparazione a diventare genitori, ossia il desiderio, e la genitorialità vera e propria, ossia la realtà. Dunque nel momento in cui questo percorso si interrompe a causa di un lutto perinatale o dell'infertilità, il bambino immaginato diventa una presenza dolorosa, persino difficile da nominare, ma molto presente nella vita emotiva della coppia.
Il problema è che questo bambino sebbene non esista più o non esisterà mai nella realtà e dunque, nonostante fosse invisibile agli occhi dei più, era già vivo all'interno della coppia che si trova a sperimentare a tutti gli effetti un lutto che non ha però spazio sociale. Le persone possono dunque provare rabbia, senso di colpa, sentirsi disorientate e vanno accompagnate al riconoscimento di quella perdita e all'elaborazione e conseguente separazione da quell'immagine di bambino che non sarà. Separarsi dal bambino immaginato permette alla coppia di accogliere, se lo si desidera, nuove possibilità di diventare genitori.
Bisogna sapersi separare dal bambino immaginato anche se si riesce a diventare genitori?
Certo, perché seppur sia normale avere nel cuore il bambino immaginato, l'idealizzazione di questo può pesare sul bimbo che poi nasce. Questo perché il piccolo potrebbe cogliere che i suoi genitori hanno un'immagine di lui che non gli corrisponde e rispondere con la rabbia e con il conflitto o, al contrario, con lo sforzo di essere il più simile possibile a come i suoi genitori lo vorrebbero, fatica che sarebbe sempre vana.
La delusione di genere (quella tristezza che alcuni genitori mostrano nello scoprire al gender reveal che loro figlio è maschio anche se avrebbero voluto una femmina) c'entra con il bambino immaginato?
In questo caso bisogna fare una distinzione tra il bambino immaginato che quindi si spera arrivi, con quello idealizzato. Idealizzare un bimbo significa quasi paragonarlo ad un oggetto ed è sempre sbagliato, così come è sbagliato riporre su di lui le proprie aspettative di genere. Desiderare ardentemente una figlia o un figlio, tanto da rimanerci male se il sesso del bimbo non rispetta le proprie aspettative di genere, significa riversare su questo piccolo un desiderio di perfezione che non esiste. Poi a me i gender reveal non piacciono molto, mi sembrano feste che mettono in rilievo una caratteristica del bambino che è secondaria, un bambino desiderato va amato per com'è.
Come si lavora in psicoterapia sul bambino immaginato?
Innanzitutto legittimando il loro dolore quando scoprono che questo bambino immaginato non esisterà mai, perché si tratta di una perdita a tutti gli effetti. Quando una coppia scopre l'infertilità vive due lutti, quello del bambino immaginato e quello di se stessi come genitori biologici. Queste perdite, dunque, vanno elaborate in quanto tali, anche chiedendo alla coppia di raccontare il loro dolore a chi hanno intorno e di spiegare ad amici e parenti che i loro silenzi vanno riempiti con frasi autentiche e non dette per minimizzare un dolore che è sempre enorme.