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Bastano cinque minuti di spot di junk food per spingere i bambini a mangiare di più: l’allarme in uno studio

Secondo una recente ricerca inglese presentato al Congresso Europeo sull’Obesità, è sufficiente l’esposizione a pochi minuti di pubblicità riguardanti dolci e cibo spazzatura per bambini e adolescenti a mangiare oltre 130 calorie in più ogni giorno. Per gli esperti è la prova della necessità di attuare divieti più stringenti per gli spot e i messaggi promozionali rivolti alla popolazione più giovane.
A cura di Niccolò De Rosa
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Cinque minuti di pubblicità possono sembrare innocui, ma secondo uno studio condotto nel Regno Unito presentato al Congresso Europeo sull’Obesità a Málaga, bastano e avanzano per spingere bambini e adolescenti a consumare oltre 130 calorie in più nel corso della giornata. L’equivalente di due fette di pane, o di una merendina extra, introdotte senza rendersene conto, semplicemente dopo aver guardato o ascoltato spot dedicati a cibi ricchi di grassi, zuccheri e sale. Un dato che riaccende l’allarme sull’impatto del marketing alimentare sull’infanzia.

L’esperimento su oltre 200 bambini

La ricerca ha coinvolto 240 bambini e ragazzi, tra i 7 e i 15 anni, in diverse scuole del Merseyside, la contea del Regno Unito che ha Liverpool per capoluogo. In due momenti distinti, ciascun partecipante è stato esposto per cinque minuti a pubblicità di junk food – il cosiddetto "cibo spazzatura" che comprende tutti quegli alimenti dallo scarso valore nutritivo ma dannosi per l'organismo, come snack fritti o dolci confezionati e iper-zuccherati – mentre in un secondo momento ha visto o ascoltato spot non legati al cibo.

Dopo ciascuna sessione, i ricercatori hanno offerto ai partecipanti uno spuntino – scegliendo tra un po' di uva o alcuni cioccolatini – e in seguito un pranzo con proposte dolci, salate e salutari. I risultati hanno così dimostrato che dopo la visione di pubblicità di cibo spazzatura, i bambini hanno consumato in media 58 calorie in più negli snack e 73 durante il pranzo, per un totale di 131 calorie aggiuntive.

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Non importa il mezzo, il messaggio arriva lo stesso

Una delle novità dello studio è l’analisi dell’impatto di diversi tipi di pubblicità: video, social, podcast, e perfino i "vecchi" manifesti o cartelloni che si possono trovare ai margini delle strade. I ricercatori hanno così potuto osservare come l’effetto sull’aumento dell’apporto calorico si verifichi indipendentemente dalla forma dell’advertising. Non solo: a stupire gli autori dell'indagine è stato anche il fatto che non era necessario che lo spot reclamizzasse una marca o un prodotto specifico, ma bastava la semplice promozione di generici alimenti da fast food (panini, patatine, milkshake ecc…) per sortire il medesimo effetto.

"La nostra è la prima ricerca a dimostrare che anche la sola esposizione al brand spinge i bambini a mangiare di più", ha spiegato la professoressa Emma Boyland, docente di marketing alimentare e salute infantile all’Università di Liverpool. "Non erano cibi pubblicizzati né mostrati con marchi: eppure i bambini mangiavano di più. È come se lo stimolo pubblicitario attivasse un impulso generale al consumo".

Un monito per le politiche pubbliche

Simili risultati hanno sollevato interrogativi importanti sull’efficacia delle restrizioni pubblicitarie attualmente previste. Dal prossimo ottobre, nel Regno Unito entrerà infatti vigore un divieto di trasmettere pubblicità di cibi malsani prima delle 21 in TV e in qualsiasi momento online. Una soluzione simile a quella auspicata nel 2023 dalla Società Italiana di Pediatria, che commentando le nuove linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sulle politiche per proteggere i bambini dall’impatto dannoso del marketing alimentare, aveva chiesto la messa al bando di pubblicità relative a snack dolci e junk-food durante i programmi televisivi destinati ai più piccoli.

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Ma secondo gli esperti, ora anche simili accorgimenti potrebbero non bastare. Katharine Jenner, direttrice dell’Obesity Health Alliance, ha commentato in una dichiarazione ripresa dal The Guardian: "Questo studio manda un messaggio chiaro ai decisori politici: la pubblicità alimentare aumenta l’introito calorico dei bambini". Pur riconoscendo l’importanza della nuova normativa, Jenner ha messo in guardia contro le scappatoie: "Le aziende potranno ancora promuovere i propri marchi attraverso affissioni pubblicitarie e cartelloni, influenzando i più giovani anche senza mostrare un prodotto preciso".

Bambini più vulnerabili, serve maggiore tutela

Gli esperti insistono dunque sull’urgenza di tutelare i bambini, soprattutto quelli che vivono già con problemi di sovrappeso o obesità, maggiormente esposti al richiamo del junk food. Chiudere i "buchi" normativi e limitare ogni forma di marketing alimentare rivolto ai minori diventa quindi un passo cruciale. Perché, come dimostra questo studio, anche un semplice spot può condizionare – e non poco – ciò che finirà nel piatto.

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