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Ansia in gravidanza: come gestirla e quando chiedere aiuto

La gravidanza è un momento unico e intenso, ma può portare con sé ansia e preoccupazioni che incidono sul benessere della mamma e del bambino. Beatrice Tassis, responsabile del Consultorio Familiare della Clinica Mangiagalli e del Pronto Soccorso Ostetrico-Ginecologico del Policlinico di Milano ha spiegato a Fanpage.it quali sono i possibili i campanelli d’allarme e quali strategie si possono adottare per affrontare il problema.
Intervista a Beatrice Tassis
Responsabile del Consultorio Familiare della Clinica Mangiagalli e del Pronto Soccorso Ostetrico-Ginecologico del Policlinico di Milano
A cura di Niccolò De Rosa
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La gravidanza rappresenta uno dei periodi più intensi e complessi nella vita di una donna, segnato da trasformazioni fisiche, ormonali ed emotive. Per molte future mamme, questa fase è accompagnata da attesa e speranza per il futuro, ma può anche generare ansia e preoccupazioni che, se trascurate, rischiano di compromettere il benessere psicologico della madre e, indirettamente, quello del bambino. Numerosi studi hanno dimostrato che la salute mentale in gravidanza è tanto importante quanto la cura fisica: ansia e stress prolungati possono influenzare il sonno, l’alimentazione e persino la relazione con il neonato.

A sottolineare l’importanza di monitorare lo stato emotivo delle future mamme è la dottoressa Beatrice Tassis, Responsabile del Consultorio Familiare della Clinica Mangiagalli e del Pronto Soccorso Ostetrico-Ginecologico del Policlinico di Milano. "Sicuramente il fatto di essere alla prima gravidanza genera uno stato d’ansia maggiore rispetto a donne che hanno già avuto altre gravidanze", spiega Tassis. "Negli ultimi anni, sia l’Organizzazione Mondiale della Sanità sia l'Istituto Superiore di Sanità hanno sottolineato come il suicidio rappresenti la principale causa di morte indiretta in gravidanza, un dato che evidenzia l’urgenza di una valutazione psicologica accurata".

Ansia in gravidanza, i campanelli d’allarme

Riconoscere i segnali di ansia è naturalmente molto importante per intervenire in modo tempestivo. I consultori e i reparti ostetrici utilizzano questionari validati a livello internazionale, come il Questionario di Edimburgo (Edinburgh-Postnatal-Depression-Scale) o il GAD-2, per valutare il benessere emotivo della donna. Simili strumenti, che come ha ricordato l'esperta non possono sostituire il colloquio clinico con uno specialista, offrono comunque un supporto tecnico rilevante per individuare il disagio nelle donne più vulnerabili.

depressione post partum

"Negli ultimi sette giorni", spiega Tassis, "il questionario chiede, per esempio, se la donna è stata capace di sorridere e vedere il lato divertente delle cose, se si è sentita ansiosa o spaventata senza una vera ragione, oppure se ha percepito un senso di sopraffazione. Un punteggio da 9 a 11 indica un rischio moderato, sopra 12 un rischio elevato". Altri segnali d’allarme includono difficoltà nel dormire, senso di tristezza persistente e incapacità di trarre la minima soddisfazione dalle proprie attività quotidiane.

Cosa fare per combattere l’ansia in gravidanza

Affrontare l’ansia significa combinarla con strategie pratiche e supporto professionale. Se ad esempio i test standardizzati per valutare il disagio delle neo-mamme segnalo una situazione di potenziale rischio, i consultori possono proporre un colloquio psicologico o addirittura la presa in carico a sostegno della donna o della stessa coppia.

Oltre al supporto psicologico, rimane per fondamentale anche il sostegno pratico nella vita di tutti i giorni. Oltre a specifiche iniziative messe in campo dai centri sanitari per permettere alle mamme di incontrarsi e confrontarsi liberamente con psicologhe e infermiere pediatriche su tematiche come alimentazione, sonno e allattamento, le neo-mamme devono poter contare sul supporto della famiglia e della propria rete sociale. Oltre a sollevare il morale, parlare con partner, genitori o amici fidati consente infatti di manifestare il proprio disagio e ricevere un sostegno concreto per i primi, complessi, mesi successivi alla nascita del bambino.

depressione post-partum

Quando è necessario chiedere aiuto

Non sempre le donne riconoscono da sole la gravità del proprio stato d’ansia, talvolta per il senso di vergogna o per il timore di apparire fragili e inadatte al compito che le attende. "C’è una tendenza a sottovalutare il problema", ammette Tassis, "sia da parte della donna sia dei familiari. Per questo è importante che i professionisti sanitari siano preparati a identificare i segnali, anche quando la gravidanza sembra fisiologica".

Se il punteggio dei questionari supera soglie critiche o se l'ansia interferisce con la vita quotidiana, è necessario rivolgersi a uno specialista: psicologo, psichiatra o ostetrica esperta. L'intervento precoce non solo tutela la salute mentale della madre, ma riduce anche i rischi di complicazioni post-partum e facilita il legame con il neonato. "

In conclusione, la gravidanza non è solo un percorso fisico, ma anche emotivo. Monitorare l’ansia, riconoscere i campanelli d’allarme e attivare il sostegno professionale rappresentano strumenti essenziali per garantire il benessere della mamma e del bambino. Come ricorda la dottoressa Tassis: "Tutelare la salute mentale delle donne in gravidanza e nel puerperio non è un optional, ma una priorità sanitaria fondamentale".

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