Cosa significa essere un bambino “otroverso”? La spiegazione e i segnali per individuarli

In un mondo che incoraggia l’inserimento nei gruppi e celebra le personalità espansive, alcuni bambini sembrano seguire un’altra strada. Non sono introversi né estroversi, preferiscono le interazioni individuali, evitano i giochi di squadra e si sentono più a loro agio con gli adulti che con i coetanei. A dare un nome a questo profilo è stato lo psichiatra Rami Kaminski, che ha definito gli individui con tali caratteristiche otrovert, un termine che in italiano potremmo rendere con "otroversi", ovvero bambini che si muovono fuori dalle logiche del gruppo, ma che mostrano grande maturità, curiosità e indipendenza di pensiero.
Chi sono gli "otroversi"
Gli otroversi, secondo Kaminski, sono bambini perfettamente neurotipici, socievoli, intelligenti e spesso benvoluti. A differenza degli estroversi, che si trovano a loro agio stando in mezzo alla gente, e degli introversi, che preferiscono la solitudine perché trovano stancante l’interazione sociale, gli otroversi semplicemente non sentono il bisogno di appartenere a un gruppo ben definito.
Mentre i loro coetanei imparano presto a riconoscere e adattarsi alle dinamiche sociali per essere accettati, questi bambini restano ai margini per scelta, senza provare disagio. Dei "battitori liberi" che apprezzano la buona compagnia ma non amano legarsi troppo ai rituali e alle dinamiche che caratterizzano un gruppo di amici che si frequenta assiduamente. "Gli otroversi possono connettersi con gli altri come qualsiasi altro bambino", ha recentemente spiegato Kaminski all'HuffPost del Regno Unito, "ma non si lasciano costringere a far parte di un collettivo".
Come riconoscere un bambino otroverso
Secondo Kaminski, i segnali per identificare un bambino otroverso sono molteplici. Tra questi, una spiccata preferenza per la compagnia degli adulti: non si tratta di timidezza, ma di una naturale inclinazione verso conversazioni più profonde e relazioni più mature. Lo psichiatra li descrive come "sofisticati e riflessivi, spesso con una saggezza che va oltre la loro età".
Un altro tratto distintivo è la curiosità intellettuale. Gli otroversi pongono domande complesse, sfidano i luoghi comuni e osservano il mondo con occhi critici. A scuola, questa attitudine può tradursi anche in difficoltà nell’adattarsi ai programmi standardizzati, poiché questi giovani prediligono l’apprendimento individuale e si dedicano con passione a ciò che li interessa, talvolta trascurando altre materie.

Nonostante siano spesso benvoluti dai compagni, evitano le dinamiche di gruppo e non si piegano ai codici impliciti delle gerarchie sociali. Sono indifferenti alla popolarità e resistono alla pressione del conformismo, anche durante l’adolescenza, quando l’appartenenza al gruppo diventa centrale per l’autostima.
Solitudine e sensibilità
Gli otroversi non temono la solitudine, anzi ne hanno bisogno per ricaricarsi. Non partecipano volentieri a feste di compleanno troppo partecipate o alle gite scolastiche, dove l’ambiente collettivo può risultare opprimente. Preferiscono invece attività più calme, non necessariamente solitarie ma dove si può riflettere e muoversi secondo i propri tempi.
Hanno inoltre una forte empatia e una generosità autentica, che non deriva dal desiderio di compiacere ma da un sincero interesse per il benessere altrui. Spesso sono cauti, poco inclini ai comportamenti a rischio e resistenti alla pressione del gruppo. Tuttavia, possono mostrare una certa difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti, come un nuovo anno scolastico o un viaggio in famiglia, proprio perché non fanno affidamento sulle dinamiche collettive per orientarsi.
Il ruolo dei genitori
Per i genitori, avere un figlio otroverso può essere disorientante, soprattutto se si è portati a pensare che il successo sociale passi necessariamente per l’integrazione nei gruppi o per la popolarità tra i coetanei. Kaminski invita invece ad accogliere e sostenere questa unicità.
Per offrire il giusto supporto, in primo luogo è pertanto fondamentale rispettare i tempi e le preferenze del bambino: forzarlo a partecipare ad attività di gruppo può ad esempio generare ansia e frustrazione. Meglio, invece, favorire relazioni significative con pochi amici o amiche e valorizzare le sue qualità distintive, come la capacità di pensare in modo indipendente e la maturità emotiva. "Sostenere un bambino otroverso", ha concluso Kaminski, "significa celebrare la sua autenticità, non correggerla". Riconoscere e proteggere questa natura può aiutarlo a crescere in modo armonioso, sviluppando una forma di successo personale che non ha bisogno dell’approvazione del gruppo per fiorire.