L’Italia può fare (di più per) la transizione energetica

Gli italiani sono tra i più preoccupati al mondo per la crisi climatica, ma tanti ancora non hanno capito bene come funziona un sistema energetico basato sulle rinnovabili. Eppure la storia dimostra che l’Italia ha tutti i numeri per guidare il cambiamento. Dal boom del fotovoltaico alle case più efficienti, fino alle nuove reti intelligenti che trasformano i cittadini in produttori di energia, la rivoluzione è già in uno stadio avanzato. Bisogna solo imparare a capirla.
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Un recente sondaggio del Pew Research Center [1] ha rivelato che gli italiani sono i più preoccupati al mondo per i cambiamenti climatici. Nonostante una maggiore sensibilità ambientale, restano dubbi su come funziona la transizione energetica: preoccupano soprattutto la possibile instabilità della rete dovuta all’imprevedibilità delle rinnovabili, il costo di adeguamento delle infrastrutture per una rete bidirezionale e la dipendenza tecnologica da paesi esteri per pannelli e batterie.

Dubbi legittimi. Come per ogni grande riforma sociale e tecnologica ci sono punti critici. Sormontabili. L’abbiamo fatto altre volte. Negli anni ’50, quando si decise di portare il metano nelle case, considerato allora la fonte più moderna e pulita, l’Italia non ebbe esitazioni nel realizzare negli anni un sistema nazionale di tubazioni che portava questa materia infiammabile da giacimenti lontani fin dentro le abitazioni e le fabbriche. Anche allora non mancavano dubbi e paure – avere il “gas in casa” non era percepito come del tutto sicuro – ma il Paese scelse di investire, di fidarsi dell’innovazione e di adeguare gli impianti di milioni di famiglie e di industrie. Oggi quella trasformazione è diventata normale, quasi invisibile, ma all’epoca fu una svolta coraggiosa che ha migliorato la vita quotidiana ed emancipato il sistema energetico nazionale. Sono tutti temi risolvibili, in tanti ci stanno lavorando, abbiamo una grande tradizione elettrotecnica. E il Paese ne sta già beneficiando, per una nuova emancipazione energetica, industriale e sociale.

L’Italia delle rinnovabili: una vocazione antica

Gli italiani non partono da zero. La produzione elettrica da rinnovabili da noi è cominciata molto presto: pensiamo all’idroelettrico alpino che alimentava le acciaierie, o a Larderello, la prima centrale geotermica al mondo. La nostra prima industrializzazione si è basata sull’acqua e un po’ meno sul carbone, a differenza di paesi come Germania, Belgio, Regno Unito. Questa vocazione si vede ancora oggi: dai dati di GSE [2] – Gestore dei Servizi Energetici – oltre il 40% dell’elettricità italiana proviene da fonti rinnovabili, una quota che ci colloca a metà classifica in Europa. Oggi la corsa ha subito un rallentamento ma nel solare siamo stati pionieri, l’Italia è stata il primo Paese al mondo per nuova potenza installata nel 2008, e oggi il Sud diventa il cuore di un nuovo boom energetico.

Secondo Bankitalia [3], l’85% delle richieste di connessione di nuovi impianti rinnovabili arriva dal Mezzogiorno, segnando un cambio epocale rispetto alla storica predominanza del Nord nella produzione energetica. Puglia, Sicilia, Sardegna e Basilicata guidano la classifica per numero di installazioni e, se le tempistiche del Piano Nazionale Energia e Clima saranno rispettate, l’Italia potrà arrivare a coprire oltre il 63% dei consumi elettrici con fonti pulite entro il 2030, con il Sud vero motore della transizione e nuovo hub energetico tra Europa e Africa, generando così opportunità di sviluppo, occupazione e modernizzazione infrastrutturale [4].

Tuttavia, il percorso non è privo di criticità. Permangono colli di bottiglia importanti sull’adeguamento delle reti, che ancora soffrono di frequenti congestionamenti e incapacità di gestire efficacemente il flusso di energia proveniente dai nuovi impianti, rischiando di lasciare inutilizzata parte dell’energia prodotta. Le procedure autorizzative, come da dossier del Kyoto Club, restano un altro punto nevralgico, con tempi lunghi e incerti che possono rallentare la concretizzazione degli investimenti e frenare la rapida messa in esercizio degli impianti. Secondo ECCO, affrontare questi nodi, senza perdere lo slancio positivo, è decisivo per una transizione che sia davvero inclusiva, sostenibile e duratura. [5]

Energia che costa meno, aria più pulita, case che valgono di più

L’Italia, spesso senza che i cittadini lo sappiano, è già leader europeo in un campo cruciale: le smart grid, la rete elettrica intelligente. Ciò significa avere contatori intelligenti, cavi con centraline smart e nuove infrastrutture in grado di gestire energia che arriva da milioni di tetti di piccoli produttori, non solo da grandi centrali. Qui entra in gioco un concetto affascinante: le Virtual Power Plants (VPP), o “centrali virtuali”. Non sono edifici di cemento e camini fumanti, ma reti di impianti di produzione d’energia diffusi, fatte da pannelli sui tetti delle case, degli stabilimenti, integrati con batterie, batterie da auto elettriche dei cittadini. Tutti connessi, tutti coordinati da software avanzati.

Negli Stati Uniti e in Germania queste centrali virtuali stanno già bilanciando domanda e offerta. In Italia la strada è tracciata: le nostre dighe alpine possono funzionare come batterie naturali, mentre le auto elettriche possono accumulare energia di notte e restituirla quando serve. In altre parole, il futuro non è una centrale lontana, ma un quartiere che diventa generatore di energia [6].

Contrariamente a vecchi preconcetti ancora diffusi, il costo dell’energia da rinnovabili è in forte discesa. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, il solare è già oggi la fonte di elettricità di gran lunga più economica della storia [7]. Più rinnovabili significa meno dipendenza da gas e petrolio importati, meno ricatti geopolitici di petrostati, bollette più stabili e prevedibili. Ma non si tratta solo di prezzi. Case elettriche e ben isolate valgono di più sul mercato, con risparmi tangibili per le famiglie. Elettrificare i trasporti significa ’aria più pulita nei centri abitati, meno rumore, meno malattie respiratorie e più salute pubblica. E per le imprese manifatturiere italiane – già efficienti per tradizione – l’elettrificazione è un fattore competitivo, soprattutto in un mondo che premia chi ha basse emissioni [8].

La transizione fatta di opportunità per il cittadino

Il cambiamento più grande non riguarda le centrali, ma le persone. Oggi possiamo essere non solo consumatori, ma “prosumer”: produttori e consumatori allo stesso tempo. Installare un pannello sul tetto, accumulare energia in una batteria domestica, condividere con i vicini, persino “vendere” l’energia in eccesso alla rete. È una rivoluzione culturale che restituisce potere e responsabilità ai cittadini. Gli italiani hanno già vissuto grandi cambiamenti tecnologici, pensiamo all’elettrificazione, la motorizzazione, la metanizzazione.  Ora possiamo fare uno step ulteriore di avanzamento e emancipazione energetica.

Un percorso di transizione verde conviene all’Italia non solo per ragioni ambientali, ma anche per la sua struttura produttiva: il Paese dipende in misura decisiva dalle importazioni di energia, non possedendo giacimenti significativi di fonti fossili. Puntare sulle rinnovabili significa quindi rafforzare la sicurezza energetica nazionale, ridurre la vulnerabilità alle crisi geopolitiche e stabilizzare i costi, sfruttando risorse locali come sole, vento e acqua, a fronte di un investimento che riguarda principalmente la tecnologia per catturare e distribuire questa energia.

Un discorso complesso ed articolato, ma che svela da una salda certezza: la transizione verde non è un percorso di privazioni e divieti. È l’occasione per costruire un Paese più sano, stabile e competitivo.

Fonti

[1] Pew Research Center, “Concerns About Climate Change and its Effects” (2022)

[2] GSE – Rapporto Statistico 2023 Fonti Rinnovabili in Italia

[3] Banca d’Italia, Bollettino economico n.1/2023

[4] Kyoto Club, “Position Paper PNIEC 2030” (2024)

[5] ECCO, Policy Note “Accelerare le rinnovabili in Italia” (2023)

[6] ènostra, Rapporto annuale soci 2023

[7] IEA World Energy Outlook 2020-2023

[8] WWF Italia, Rapporto 2024

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