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La vergogna della maratona di Pechino, la scusa incredibile: “Non eravamo lì per gareggiare”

Mentre tutto il mondo dello sport si indigna per quanto accaduto nel finale della mezza maratona di Pechino, con tre atleti africani che hanno fatto vincere il cinese He Jie, con immagini che sembrano inequivocabili, uno degli accusati ha disegnato uno scenario completamente diverso, in cui niente sarebbe come appare: “Non so perché abbiano messo il mio nome sul numero del mio pettorale”. Una versione assurda che non regge.
A cura di Paolo Fiorenza
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Non si attenuano le polemiche e le accuse su quanto accaduto alla mezza maratona di Pechino, col trio di atleti africani (due kenyani e un etiope) che ha palesemente rallentato nel finale, sollecitando con gesti il campione di casa, il cinese He Jie, a sorpassarli e tagliare il traguardo per primo. I video che sono subito circolati hanno disegnato uno scenario di scandalo e vergogna, davanti al quale l'Ufficio municipale dello sport di Pechino non ha potuto che aprire un'inchiesta, i cui risultati sono attesi dalla Federazione internazionale di atletica leggera per prendere gli opportuni provvedimenti. E se tuttavia a Pechino non fosse andato in scena quello che sembra? Se ci fosse un'altra verità? È quello che sostiene uno degli atleti kenyani che si è scansato per far vincere il cinese: "Non ero lì per gareggiare". Una versione assurda che tuttavia non regge.

Le immagini – che avevano fatto il giro del mondo – sembravano lasciare pochi dubbi circa quello che era accaduto nelle ultime centinaia di metri del percorso della mezza maratona, lunga 21,0975 chilometri. L'attesissimo cinese He Jie arrancava ben dietro i kenyani Robert Keter e Willy Mnangat e l'etiope Dejene Hailu Bikila, quando i tre battistrada hanno cominciato a girarsi dando idea di aspettarlo.

Poi, una volta che sono stati affiancati sul rettilineo finale, uno di loro ha gesticolato in maniera evidente verso il 25enne He Jie, invitandolo a mettersi avanti e tagliare per primo il traguardo. Possibile che la truffa sia stata messa in atto in maniera così sfacciata, ben sapendo che le telecamere stavano riprendendo tutto? Questa considerazione sembra essere suffragata dalle dichiarazioni rilasciate da Mnangat alla BBC Sport Africa: l'atleta kenyano ha affermato che tutti e tre gli africani stavano correndo come ‘pacemaker' – ovvero ‘lepri' per fare il ritmo e favorire un grande tempo finale – al servizio di He Jie, che è il campione nazionale cinese nella distanza della maratona. "Non ero lì per gareggiare nella competizione – ha detto Mnangat – Non è stata una gara competitiva per me".

Peraltro subito dopo la gara il kenyano aveva inizialmente detto di aver permesso a He Jie di vincere "perché è mio amico, viene in Kenya e gli ho fatto da pacemaker alla maratona di Wuxi". Versione poi cambiata delineando uno scenario che avrebbe voluto ridisegnare completamente la vicenda. Mnangat ha detto che i tre corridori africani, così come un quarto che non ha terminato la gara, sono stati assunti dagli organizzatori per portare il beniamino di casa al record della mezza maratona cinese: "Non so perché abbiano messo il mio nome sul numero del mio pettorale invece di etichettarlo come pacemaker. Il mio compito era impostare il ritmo e aiutare il ragazzo a vincere, ma sfortunatamente non ha raggiunto l’obiettivo, che era quello di battere il record nazionale. Il mio agente dal Kenya mi ha detto, quando stavo per ottenere il visto, che sarei andato in Cina per aiutare i cinesi a battere il record nazionale". Vincendo col tempo di 1:03.44, He Jie ha mancato il record di un minuto e 11 secondi.

Tuttavia, nonostante le ripetute richieste, Mnangat non è riuscito a dimostrare di essere stato assunto come pacemaker e di non partecipare come concorrente. Un documento ufficiale della gara che mostra il risultato finale vede Bikila, Keter e Mnangat rispettivamente al secondo, terzo e quarto posto. Tutti e tre sono elencati come atleti. L'8 aprile gli organizzatori della maratona avevano pubblicato un elenco dei pacemaker ufficiali e Mnangat, Keter e Bikila non erano tra quelli nominati. Nella maratona di Pechino dello scorso anno, i corridori d'élite venivano assunti come pacemaker, ma indossavano pettorali che li identificavano come tali. La vicenda ha fatto rumore anche in Kenya, arrivando al livello politico più alto, con richiesta di un'indagine in merito.

L'Ufficio municipale dello sport di Pechino ha annunciato che stavano indagando sulle circostanze sospette dell'arrivo e che eventuali risultati sarebbero stati "prontamente divulgati al pubblico". World Athletics, ovvero la federazione internazionale di atletica leggera, dal canto suo ha diffuso una nota sulla vicenda: "Siamo a conoscenza del video che circola online dalla mezza maratona di Pechino di questo fine settimana e sappiamo che è attualmente in corso un'indagine da parte delle autorità locali competenti. L'integrità del nostro sport è la massima priorità per World Athletics. Mentre questa indagine è in corso non siamo in grado di fornire ulteriori commenti".

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