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Dix pour cent e Drôle, il filo che lega due tra le migliori serie Tv francesi di questi anni

Entrambe ideate da Fanny Herrero, le due serie raccontano la realtà attraverso il racconto della società dello spettacolo, dagli agenti degli attori famosi ai comici che cercano di intercettare la nuova onda della stand up comedy.
A cura di Andrea Parrella
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Tra i nuovi prodotti Netflix che in queste settimane hanno lasciato il segno, o che meritano di farlo nelle prossime per chi non l'avrà ancora vista, c'è "Drôle – Comici a Parigi", la serie francese che si snoda nel racconto delle storie di tre stand up comedian (aspiranti o quasi falliti) impegnati a farsi strada in questa forma comica in lenta ma costante crescita.

Una crescita dovuta anche all'impegno di Netflix, la piattaforma che negli anni ha investito molto, per quanto in modo discontinuo – e forse anche discutibile – nel fare affacciare il suo enorme pubblico semi-generalista su una forma espressiva poco familiare ai paesi non anglofoni. Drôle va esattamente in questa direzione, puntando su un prodotto delizioso ispirato alla legge della risata che sublima la realtà, ideato da Fanny Herrero. Un nome che non può passare inosservato per chi ha visto un'altra celebre serie francese di questi ultimi anni come "Dix Pour Cent" ("Chiami il mio agente" il titolo italiano). Herrero si sta dimostrando bravissima a restituire all'estero un'idea della Francia spogliata da stereotipi, ma allo stesso tempo tenere conto degli ingredienti che alimentano il fascino transalpino: la città di Parigi prima di tutto.

Il filo che lega Dix Pour Cent e Drôle non è solo il nome di chi le ha ideate, ma la continuità di contesto. Dal cinismo degli agenti dei Vip agli stand up comedian il passo è breve, perché due storie distanti attingono da uno stesso mondo, la società dello spettacolo, raccontandone i meccanismi. Prima con le storie di chi è dietro quel mondo e ne muove la macchina, poi quelle di una nuova categoria di artisti che scopre un mercato in espansione. È un fenomeno che riguarda anche l'Italia, se ci pensiamo, dove la comicità che predilige il contenuto all'automazione e ripetizione di meccanismi comici già noti al pubblico (una volta li chiamavamo "tormentoni") vede ampliate le proprie possibilità e il bacino di pubblico cui parlare.

La televisione è "la coscienza a cielo aperto della nostra società", scriveva Carlo Freccero in un suo libro illuminante di qualche anno fa, quando la sua reputazione di intellettuale era ancora salva dall'effetto di discusse posizioni su questioni sanitarie e geopolitiche. Una coscienza che oggi trova sempre più nelle piattaforme il canale di sfogo. Se nel raccontare la vita reale di artisti veri Dix pour cent parlava soprattutto di come noi li vediamo noi spettatori, Drôle è a sua volta un affaccio sui consumi del pubblico legati alla necessità di definire lo spazio in cui ci si lascia andare completamente agli impulsi: la risata.

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