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Indagine sulla morte di Andrea Purgatori

Corrado Augias ricorda Andrea Purgatori: “Aveva tutto ciò che serviva per la Tv”

Corrado Augias racconta a modo suo Andrea Purgatori, morto all’età di 70 anni. Lo fa rievocando il clamoroso momento televisivo della telefonata anonima a “Telefono Giallo”, che aprì a nuovi scenari sulla strage di Ustica.
A cura di Andrea Parrella
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Tra i temi che più hanno impegnato Andrea Purgatori nel corso della sua carriera da giornalista, c'è di sicuro la vicenda della strage di Ustica, l'aereo Dc9 con a bordo 81 passeggeri un Dc9 della compagnia aerea Itavia si trovò in mezzo a un'azione di guerra nei cieli sopra il basso Mar Tirreno, precipitando al largo dell'isola di Ustica. Una vicenda per anni avvolta nel mistwro, che il 6 maggio del 1988 determinò uno dei momenti più noti della storia della Tv italiana, quando durante la puntata di Telefono Giallo condotta da Corrado Augias, c'era in studio anche Purgatori, arrivò una telefonata anonima in cui una persona si qualificava come “aviere in servizio a Marsala la sera dell'evento della sciagura del DC-9”, alludendo al presunto buco di alcuni minuti nelle tracce della stazione radar di Marsala: “Noi li abbiamo visti perfettamente. Soltanto che il giorno dopo, il maresciallo responsabile del servizio ci disse praticamente di farci gli affari nostri e di non avere più seguito in quella vicenda. La verità è questa: ci fu ordinato di starci zitti”. Poi mette giù, nonostante Augias gli chieda di non farlo. Abbiamo parlato di quei momenti proprio con Augias, che ha parlato a Fanpage.it di Purgatori, morto oggi all'età di 70 anni.

Cosa ricorda di quel momento?

Facevamo quel programma che è andato in onda dall'87 al '93, ho spesso chiamato Purgatori per una serie di ragioni specifiche. Intanto perché era un cronista già allora attentissimo, ma soprattutto, ci rendemmo conto, dopo le sue prime apparizioni, che aveva una naturale attitudine alla televisione.

In cosa consisteva questa naturale attitudine?

Per stare in Tv bisogna essere capaci di parlare con chiarezza, saper scegliere un argomento esponendolo apertamente, essere dotati di una forma sintetica dell'esposizione con i giusti picchi su alcuni dettagli, sottolineati vocalmente, per attirare l'attenzione. Sono questi gli elementi base della migliore tecnica espressiva in televisione e Purgatori li possedeva naturalmente, quindi per noi era una sicurezza chiamarlo, sapevamo che avremmo avuto un testimone dei fatti informato, efficace nell'esposizione, sobrio. È quanto di meglio un autore di programmi televisivi possa desiderare.

Sentiva spesso Andrea Purgatori?

No, l'avrò sentito l'ultima volta un anno fa, lo seguivo spesso in televisione, ma non eravamo in contatto.

In relazione alla rivelazione clamorosa di quella sera lei ha parlato di uno dei momenti più emozionanti della sua carriera. Mi descriverebbe quell'emozione? Aveva a che fare con l'aspetto giornalistico o strettamente televisivo?

Strettamente televisivo no, perché non ho mai avuto un interesse specifico né in quello né in altri programmi. Faccio televisione perché incontra un certo favore di pubblico e continuerò a farla fino a quanto ne incontrerà. Lì si trattava di interesse giornalistico, perché Telefono Giallo, ce ne rendemmo conto progressivamente, era una vera scoperta. Ripercorrere un caso, un omicidio insoluto, basandosi non sull'articolo di giornale uscito il giorno prima, ma sugli atti e i verbali di polizia, interrogatori, sentenze, testimonianza in tribunale, significava mettere a nudo un mondo. Facendo quell'esperienza si perché il racconto poliziesco, il giallo, incontri questa sterminata e inesauribile fortuna: investigare un omicidio, sia nella finzione romanzesca che nella semi-finzione televisiva, è una delle attività più affascinanti che possano esserci.

L'ipotesi di avere un risvolto in diretta come quello che le capitò aggiunge un elemento inestimabile di imprevisto. 

Certo, un fattore di suspence aggiuntiva non quantificabile. Raramente abbiamo avuto delle testimonianza risolutive, ma spesso abbiamo avuto testimonianze che cambiavano il corso della narrazione, come successe in quel caso. E allora lì si trattava, con una certa dose di esperienza – o improntitudine, scelga lei – di adattare al volo quello che avevamo previsto sul copione al nuovo corso che la testimonianza o la frase pronunciata ci metteva davanti.

Un attimo prima dell'interruzione della telefonata lei dice "gentile amico, non attacchi". Ci ha pensato a quale domanda avrebbe fatto se non avesse messo giù?

Mi è molto difficile rispondere a questa domanda, sono reazioni che vanno e vengono, lampi che scompaiono rapidamente. Chissà, è passato un quarto di secolo. Poi in quei momenti bisogno anche lasciarsi andare a un'improvvisazione indotta da uno stimolo vero, coerente con lo stimolo sia pure fugace che quella parola, quella frase, ti ha portato.

Quel momento viene definito come apicale e rappresentativo della Rai3 di Guglielmi, qualcuno la definiva impropriamente Tv verità. 

Sì, di recente c'è stata una piccola polemica in relazione al fatto che la destra al governo dice di voler sostituire in Rai una verità alla verità di Guglielmi. Ma è una stupidaggine. Anzitutto Guglielmi non parlava di verità ma di realtà, non si riferiva a una verità indiscutibile, ma al fatto che quella Rai3 portava in televisione degli argomenti della cronaca, nera, giudiziaria o politica, che nessuno aveva mai portato prima. Erano dosi del Paese dentro la televisione, cosa che prima aveva fatto solo la fiction scritta a tavolino.

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